Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25528 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25528 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19218-2024 proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO CENTRO, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2968/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/07/2024 R.G.N. 2077/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il signor NOME COGNOME premettendo di essere dipendente dell’ASL con profilo di ‘collaboratore professionale
Oggetto
INDENNITA’ DI TURNO
FERIE
R.G.N. 19218/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 03/06/2025
CC
sanitario infermiere professionale’ e di svolgere turni di lavoro articolati su cinque giorni nelle fasce orarie 8-14, 14-20 e 20-8, adiva il Tribunale per l’accertamento del proprio diritto a percepire l’indennità di turno giornaliera anche durante le giornate di ferie.
Si costituiva l’ASL, eccependo preliminarmente l’intervenuta prescrizione del credito e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’avversa domanda sul presupposto che la reclamata indennità non era intrinsecamente connessa allo status ed alle mansioni del dipe ndente e che l’importo della stessa non risultava idoneo a dissuadere il dipendente dal non godere delle ferie.
Il Tribunale accoglieva il ricorso, rilevando l’illegittimità della decurtazione stipendiale in quanto contrastante con la nozione europea di retribuzione desumibile dagli artt. 4 e 7 della Direttiva 2003/88/CE.
La Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello, rilevando che l’indennità di turno costituiva il compenso della specifica penosità di svolgimento delle mansioni su turni avvicendati al fine di assicurare all’utenza il servizio di assistenza sanitaria in tutti i giorni della settimana ed era, quindi, assimilabile a quelle “integrazioni collegate alle qualifiche professionali” che la giurisprudenza europea impone di computare nella base di calcolo per la retribuzione del periodo di ferie.
Ricorreva per cassazione l’amministrazione con un motivo cui resisteva con controricorso il lavoratore.
Entrambe le parti depositavano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 7 della direttiva 88/2003, dell’art. 10 del d.lgs. 8.4.2003 n. 66 e
degli artt. 33, c. 1, e 86, c. 3, del c.c.n.l. per i dipendenti del comporto sanità 20162018 e dell’art. 23, c.4, del c.c.n.l. per i dipendenti del comparto sanità del 19.4.2004.
Parte ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto dovuta l’indennità di turno non essendo il dipendente durante il periodo feriale soggetto al disagio causato dallo svolgimento della turnazione lavorativa; ciò, contrariamente a quanto stabilito nella normativa di contrattazione collettiva secondo cui l’indennità di turno è strettamente legata alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa ed è finalizzata a risarcire il lavoratore dal disagio collegato alla variabilità della mera collocazione temporale della prestazione. Non sussisterebbe pertanto ad avviso della ricorrente il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate. Infine, la corte di merito ha ritenuto ricorrere il profilo dell’effetto dissuasivo della mancata corresponsione dell’indennità ai fini della fruizione delle ferie.
Il motivo è infondato.
Occorre, difatti, ricordare che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l’espressione<> contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, <> la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, COGNOME e altri). Ciò che si è
inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il c he sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa RAGIONE_SOCIALE del 13/12/2018, C-385/17). Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
3.1. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte di legittimità che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il d.lgs. n. 66 del 2003), p er come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17/05/2019 n. 13425, richiamata dalla Corte territoriale).
3.2. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva che l’indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento
all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass, 30/11/2021 n. 37589).
3.3. Proprio in applicazione della nozione c.d. ‘europea’ di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva (l’art. 10 del c.c.n.l. Trasporto Aereo -sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 185 del 2005 (decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile) interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa (cfr. Cass. 23/06/2022 n. 20216).
3.4. E’ opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, ‘che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull’ordinamento nazionale’ sicché non può prescindersi dall’ interpretazione data dalla CGUE che, quale interprete qualificata del diritto dell’ Unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, han no perciò ‘valore di ulteriore fonte del
diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della UE ‘ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. n. 22577 del 2012).
3.5. Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell’Unione nell’intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina eurounitaria conformandosi all’art. 288, comma 3, TFUE. L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competen ze, la piena eff icacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (cfr. CGUE 13/11/1990 causa C106/89 Marleasing p. 8, CGUE 14/07/1994 causa C-91/92 COGNOME p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C-14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C-7/11 COGNOME p. 51, tutte citate da Cass. n. 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia), obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella Eurounitaria, ma non è questo il caso.
A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita.
4.1. Ritiene allora il Collegio che l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano l’indennità di turnazione di cui era stata chiesta l’inclusione della retribuzione feriale oltre ad
essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e nella loro liquidazione non si deve tener conto della memoria del controricorrente stante l’esiguità contenutistica della stessa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso di € 1.500,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, il 3 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME