Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13990 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16660-2018 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 435/2017 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 23/11/2017 R.G.N. 93/2017;
R.G.N. 16660/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 999/2016 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva respinto la domanda, proposta dall’attrice COGNOME NOME nei confronti dell’ex -datrice di lavoro, RAGIONE_SOCIALE, di condanna al risarcimento dei danni da mobbing ; e aveva, invece, parzialmente accolto le ulteriori domande della lavoratrice di condanna al pagamento di differenze retributive e di risarcimento dei danni per inadempimenti contrattuali, per il complessivo importo di € 14.985,21, oltre accessori ex art. 429 c.p.c.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, pronunziando sull’appello proposto dalla lavoratrice contro la sentenza di primo grado, in parziale riforma della stessa, condannava l’appellata RAGIONE_SOCIALE.I.L. di RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’ulteriore somma di € 4.124,57, compensando le spese di entrambi i gradi del giudizio.
2.1. Per quanto qui ancora interessa, la Corte territoriale giudicava fondato esclusivamente il quinto motivo d’appello, che riguardava un vantato credito pari ad € 14.912,38, azionato a titolo di differenze per indennità chilometrica relativamente ai viaggi per raggiungere da RAGIONE_SOCIALE gli uffici zonali del patronato di cui la COGNOME era stata nominata responsabile, ritenendo dovuta alla lavoratrice, oltre alla somma di € 9.523,03 già riconosciutale dal Tribunale per tale titolo, l’ulteriore somma di € 4. 124,27.
2.2. Riteneva infondati, per contro, tutti gli altri dodici motivi di appello, compreso il sesto, relativo alle missioni che la lavoratrice assumeva di aver effettuato in relazione allo svolgimento di mansioni di responsabile degli uffici zonali, espletate al di fuori della sede di lavoro di RAGIONE_SOCIALE e per le quali aveva sostenuto che le spettava, oltre all’indennità chilometrica, la diaria prevista dal CCNL.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Ha resistito l’intimata con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico articolato motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 160 CCNL (art. 360, n. 3 c.p.c.)’. Lamenta: 1.1. che erroneamente la ; argomento che la ricorrente giudica ‘agevolmente confutabile’; 1.2. che erroneamente la stessa Corte, a sostegno della propria tesi, , ritenendo la ricorrente che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del secondo grado, nella fattispecie in questione vada indubbiamente ravvisato il requisito della temporaneità dell’assegnazione; 1.3. la ‘contraddittorietà dell’impianto motivazionale reso dalla Corte d’appello nella misura in cui riteneva applicabile solo parzialmente l’art. 160 CCNL’, perché, da un lato, ‘riconosceva che il Giudice di prime cure avesse correttamente ritenuto applicabile l’art. 160 CCNL, per l’effetto accogliendo la domanda dell’appellante di condanna alla corresponsione dell’intera somma richiesta a titolo di rimborso di spese di viaggio’, e, dall’altro, ‘si contraddiceva, rigettando la domanda di condanna al pagamento della diaria sulla scorta dell’inapplicabilità della stesa norma’; 1.4. l’erroneità dell’affermazione della Corte d’appello secondo cui ‘il dato formale dell’indicazione nel contratto di assunzione di RAGIONE_SOCIALE come sede di lavoro non rileva ai fini del diritto di trattamento di missione reclamato’, essendo, per la ricorrente, noto che, ‘laddove il contratto d’assunzione prevede che la prestazio ne lavorativa debba essere resa, a seconda delle esigenze, presso varie sedi, con conseguenti spostamenti del lavoratore, questi debba essere qualificato come trasfertista’.
2. Tale motivo è inammissibile.
La censura, infatti, difetta anzitutto dei requisiti di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione di cui agli artt. 366, comma primo, n. 4) e 6) e 369, comma secondo, n. 4), c.p.c.
3.1. In particolare, il motivo sopra riassunto, nel quale si lamenta esclusivamente la violazione e falsa applicazione di una sola norma di un contratto collettivo nazionale ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., è contenuto in ricorso che nella sua interezza non contiene la trascrizione nemmeno delle parti salienti dell’art. 160 del CCNL invocato, del quale CCNL peraltro non è specificato l’anno.
Nel ricorso, inoltre, neanche è precisato quando e da chi sia stato prodotto il cennato contratto collettivo (di cui sarebbe stata necessaria la produzione del testo integrale) e, se prodotto, dove esso attualmente sia collocato in uno dei fascicoli dei gradi di merito.
3.2. Solo a fronte dei rilievi a riguardo della controricorrente, nella sua memoria in vista dell’adunanza camerale la ricorrente ha specificato che si tratta del CCNL Confesercenti del 6.7.2004, che si assume essere stato allegato nel fascicolo di parte ricorrente in primo grado sub doc. 103; ma, in disparte la tardività dell’indicazione in scritto difensivo a fini meramente illustrativi, tale fascicolo di parte di primo grado non è indicato tra gli atti e documenti prodotti in questa sede di legittimità (cfr. pagg. 13-14 del ricorso).
Nota, ancora, il Collegio che il punto di censura 1.3. denuncia un’anomalia motivazionale, estranea al terreno dell’interpretazione dell’art. 160 del CCNL, bensì afferente ad una sostenuta contraddittorietà appunto d’impianto motivazionale, che doveva essere fatta valere in questa sede di legittimità con mezzo diverso da quello di cui all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c.
I punti di censura sub 1.2. e sub 1.4., infine, non attengono direttamente all’interpretazione del più volte cit. art. 160 del CCNL, ma riguardano differenti aspetti fattuali, piuttosto legati segnatamente al contenuto del contratto individuale di assunzione della lavoratrice.
5.1. In particolare, nel punto 1.2. la ricorrente addebita alla Corte di merito di aver escluso la temporaneità dell’assegnazione, sul rilievo che ‘nel contratto d’assunzione non venga fatta alcuna menzione dell’assegnazione della lavoratrice ad una sede d iversa da quella originaria’ e che ‘la temporaneità delle singole missioni rispetto alla complessiva operatività della lavoratrice, stabilmente basata in RAGIONE_SOCIALE, può già evincersi dalla lettera di conferimento dell’incarico di responsabile dell’ufficio zonale di Manerbio (cfr. doc. 13)’.
5.2. Analogamente, nel punto di censura 1.4. si assume che la Corte distrettuale erroneamente avrebbe ritenuto ‘dato formale’ l’indicazione nel contratto di assunzione di RAGIONE_SOCIALE come sede di lavoro, sostenendosi che quel contratto individuale ‘prevede che la prestazione debba essere resa, a seconda delle esigenze, presso varie sedi, con conseguenti spostamenti del lavoratore’, sicché lo stesso dovrebbe essere inquadrato come ‘trasfertista’.
5.3. E’ di tutta evidenza, allora, che la ricorrente propone una rivisitazione di profili fattuali, relativi, tra l’altro, al tenore del contratto individuale di assunzione, che non è consentita in questa sede di legittimità.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 20.3.2024.