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Indennità di trasferta: quando è esente da contributi?

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società cooperativa contro una richiesta di contributi su somme erogate come indennità di trasferta. Per un gruppo di lavoratori, la Corte ha confermato che si trattava di un trasferimento stabile e non di una trasferta temporanea. Per un altro gruppo, ha stabilito che l’azienda non ha fornito la prova necessaria a dimostrare che i dipendenti lavorassero in sedi sempre diverse, condizione essenziale per l’esenzione. La sentenza ribadisce che l’onere della prova per beneficiare dell’esenzione contributiva sull’indennità di trasferta spetta interamente al datore di lavoro.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di Trasferta e Contributi: L’Onere della Prova è del Datore di Lavoro

L’erogazione di un’indennità di trasferta ai dipendenti è una pratica comune, ma la sua corretta gestione fiscale e contributiva è fondamentale per evitare contenziosi con gli enti previdenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: spetta al datore di lavoro dimostrare l’esistenza dei presupposti per l’esenzione contributiva. In assenza di prove concrete, tali somme vengono considerate a tutti gli effetti parte della retribuzione imponibile.

I Fatti del Caso: Una Cooperativa e le Trasferte Contestate

Una società cooperativa si è vista notificare un’intimazione di pagamento e un decreto ingiuntivo da parte dell’ente previdenziale per il mancato versamento di contributi su somme corrisposte ai propri dipendenti. L’azienda le aveva classificate come indennità di trasferta esenti.

I lavoratori coinvolti erano suddivisi in due categorie:
1. Addetti alla lavorazione di prodotti ittici.
2. Addetti alla manutenzione e pulizia presso vari supermercati di una nota catena della grande distribuzione.

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dato ragione all’ente previdenziale, ritenendo che per nessuna delle due categorie di lavoratori sussistessero i requisiti previsti dalla legge (art. 51, commi 5 e 6 del D.P.R. 917/86) per escludere tali indennità dalla base imponibile contributiva. La cooperativa ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte: Due Motivi, Due Reiezioni

La Corte di Cassazione ha analizzato separatamente le due posizioni, respingendo integralmente il ricorso della società.

L’indennità di trasferta per i lavoratori del settore ittico: trasferimento, non trasferta

Per quanto riguarda i lavoratori addetti alla lavorazione del pesce, la cooperativa sosteneva che gli spostamenti verso un nuovo stabilimento dovessero essere considerati trasferte. Tuttavia, la Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile. I giudici di merito avevano accertato che, di fatto, si era verificato un trasferimento duraturo dei lavoratori presso una nuova sede operativa, diversa da quella di assunzione. Non si trattava quindi di spostamenti temporanei, ma di un cambiamento stabile del luogo di lavoro. Essendo una valutazione di fatto confermata in due gradi di giudizio (c.d. “doppia conforme”), non poteva essere riesaminata in sede di legittimità.

L’onere della prova per l’indennità di trasferta dei manutentori

Relativamente al personale di pulizia e manutenzione, la questione era più complessa. Per alcuni di loro, il contratto indicava già una sede di lavoro specifica. Per altri, pur mancando un’indicazione contrattuale, la Corte ha sottolineato come le allegazioni della cooperativa fossero state troppo generiche. L’azienda non era riuscita a dimostrare in modo specifico e documentato che questi lavoratori fossero costantemente adibiti a esercizi sempre variabili e diversi, un requisito essenziale per l’esenzione. In assenza di tale prova, le somme erogate non potevano essere considerate un’indennità di trasferta esente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale in materia di onere della prova. Spetta all’ente previdenziale provare che il lavoratore ha ricevuto somme dal datore di lavoro in relazione al rapporto di lavoro. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare che ricorrono le condizioni per una delle cause di esclusione dalla base imponibile, come quelle previste per le trasferte.

Nel caso specifico, era compito della cooperativa dimostrare, per ciascun lavoratore, l’ammontare delle somme sottratte alla regola generale dell’imponibilità, documentando le trasferte effettuate e provando che queste avvenivano verso sedi sempre diverse e non continuativamente presso gli stessi esercizi. L’allegazione generica di una pluralità di sedi non è stata ritenuta sufficiente a soddisfare questo onere probatorio.

Conclusioni: Cosa Imparare da Questa Ordinanza

La decisione della Cassazione offre importanti spunti pratici per le aziende:
1. Distinzione tra Trasferta e Trasferimento: È essenziale distinguere uno spostamento temporaneo (trasferta) da un cambiamento definitivo della sede di lavoro (trasferimento). Solo nel primo caso si può parlare di indennità di trasferta esente.
2. Chiarezza Contrattuale: Indicare chiaramente nel contratto di assunzione la sede di lavoro è un primo passo per definire il regime applicabile agli spostamenti.
3. Onere della Prova: Il datore di lavoro che eroga indennità di trasferta deve essere pronto a dimostrare, con documentazione specifica e puntuale, che sussistono tutti i requisiti di legge per l’esenzione contributiva. Affermazioni generiche non bastano.

In conclusione, per evitare contenziosi, è indispensabile una gestione amministrativa rigorosa e documentata di tutte le somme erogate ai dipendenti a titolo di rimborso per spostamenti lavorativi.

Quando un’indennità di trasferta è esente da contributi?
Un’indennità di trasferta è esente da contributi quando compensa uno spostamento lavorativo di natura temporanea fuori dalla sede contrattuale, oppure quando il lavoratore non ha una sede di lavoro fissa ed è tenuto a svolgere la sua attività in luoghi sempre mutevoli.

Su chi ricade l’onere di provare i requisiti per l’esenzione contributiva delle trasferte?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova ricade interamente sul datore di lavoro. Mentre l’ente previdenziale deve solo provare l’avvenuta erogazione di somme al dipendente, spetta all’azienda dimostrare che tali somme possiedono i requisiti per essere escluse dalla base imponibile contributiva.

Cosa succede se un lavoratore viene spostato in modo duraturo in un’altra sede?
Se lo spostamento del lavoratore in un’altra sede ha carattere duraturo e stabile, si configura come un trasferimento e non come una trasferta. Di conseguenza, le eventuali somme corrisposte non possono essere qualificate come indennità di trasferta esente, ma costituiscono a tutti gli effetti retribuzione imponibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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