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Indennità di trasferta: limiti di esenzione contributiva

La Corte di Cassazione chiarisce le regole sull’indennità di trasferta. Un ricorso di un’azienda per sgravi contributivi è stato respinto per motivi procedurali, mentre è stato accolto il ricorso dell’Ente Previdenziale. La Corte ha stabilito che le indennità di trasferta non sono sempre esenti da contributi; il giudice deve verificare il superamento dei limiti di legge. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di trasferta: i limiti di esenzione contributiva secondo la Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato due importanti questioni in materia di diritto del lavoro e previdenziale: la spettanza degli sgravi contributivi per assunzioni da liste di mobilità e il trattamento contributivo dell’indennità di trasferta. Mentre la prima questione è stata decisa su un piano prettamente procedurale, la seconda ha fornito chiarimenti sostanziali, affermando che l’esenzione contributiva per tali indennità non è mai automatica ma soggetta a precisi limiti di legge che il giudice di merito ha il dovere di verificare.

I Fatti di Causa

Una società si vedeva notificare un verbale di accertamento da parte dell’Ente Previdenziale, con cui venivano contestate due presunte irregolarità. La prima riguardava la richiesta di sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori, ritenuta illegittima dall’Ente a causa della coincidenza degli assetti proprietari tra la società che aveva licenziato e quella che aveva assunto, e per la mancata prova dell’iscrizione dei lavoratori nelle liste di mobilità. La seconda contestazione verteva sull’assoggettamento a contribuzione delle somme erogate ai dipendenti a titolo di indennità di trasferta.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, annullava la pretesa contributiva relativa alle trasferte, ritenendo che i dipendenti non potessero essere qualificati come ‘trasfertisti’ e che quindi le somme fossero esenti. Confermava, invece, la legittimità del diniego degli sgravi contributivi. La società proponeva ricorso in Cassazione per quest’ultimo punto, mentre l’Ente Previdenziale rispondeva con un controricorso contenente un ricorso incidentale sulla questione delle trasferte.

La Decisione della Corte sull’Indennità di Trasferta e sugli Sgravi

La Corte di Cassazione ha adottato una decisione divisa in due parti, trattando separatamente il ricorso principale della società e quello incidentale dell’Ente Previdenziale.

L’Inammissibilità del Ricorso Principale

Il ricorso della società, volto a ottenere il riconoscimento degli sgravi contributivi, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha evidenziato che la sentenza d’appello si basava su una duplice ratio decidendi: da un lato, la coincidenza degli assetti societari; dall’altro, la mancata prova dell’iscrizione dei lavoratori assunti nelle liste di mobilità. Il ricorso della società criticava solo la prima motivazione, tralasciando completamente la seconda. Secondo un principio consolidato, quando una decisione si fonda su più ragioni autonome e sufficienti a sorreggerla, la mancata impugnazione di anche una sola di esse rende inammissibile il ricorso, poiché l’eventuale accoglimento delle censure sulle altre ragioni non potrebbe comunque portare all’annullamento della sentenza.

L’Accoglimento del Ricorso Incidentale sull’Indennità di Trasferta

Di segno opposto è stata la decisione sul ricorso dell’Ente Previdenziale. La Cassazione ha ritenuto fondata la censura mossa alla Corte d’Appello, la quale aveva escluso in toto l’obbligo contributivo sull’indennità di trasferta senza compiere alcuna verifica sull’ammontare delle somme erogate e sulle concrete modalità delle missioni.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha richiamato l’art. 51, comma 5, del d.P.R. n. 917/86 (TUIR), che disciplina in modo dettagliato il regime di imponibilità delle indennità e dei rimborsi per le trasferte. Tale norma stabilisce che le somme erogate a questo titolo non sono sempre e comunque esenti da contribuzione. Esistono, infatti, specifiche soglie di esenzione giornaliera (es. 90.000 lire per le trasferte in Italia, 150.000 lire per l’estero, con riduzioni in caso di rimborso di vitto e alloggio) superate le quali la parte eccedente concorre a formare il reddito da lavoro dipendente e, di conseguenza, la base imponibile contributiva.

La Corte d’Appello, omettendo qualsiasi accertamento sull’entità dei rimborsi, sulla loro natura (forfettaria o analitica) e sul luogo della trasferta (in ambito comunale, nazionale o estero), ha di fatto violato la norma, attribuendole un significato più ampio di quello previsto dal legislatore. Il giudice di merito avrebbe dovuto verificare se e in quale misura le somme corrisposte dall’azienda superassero i limiti di esenzione previsti dalla legge.

Conclusioni: L’onere della prova sull’Indennità di Trasferta

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’esenzione contributiva costituisce un’eccezione alla regola generale dell’assoggettamento a contribuzione di tutte le somme percepite dal lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro. Spetta all’Ente Previdenziale dimostrare l’avvenuta erogazione di tali somme, ma è onere del datore di lavoro provare che sussistono le condizioni specifiche per l’esclusione dalla base imponibile, come il rispetto dei limiti quantitativi previsti per l’indennità di trasferta. La causa è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio e procedendo ai necessari accertamenti di fatto.

Quando un’indennità di trasferta è esente da contributi?
Un’indennità di trasferta non è sempre completamente esente. Lo è solo entro specifici limiti giornalieri stabiliti dalla legge (art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917/86), che variano a seconda che la trasferta sia in Italia o all’estero e a seconda che vengano forniti rimborsi per vitto e alloggio. La parte che eccede tali limiti è soggetta a contribuzione.

Perché il ricorso principale dell’azienda è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione impugnata si basava su due distinte motivazioni (doppia ratio decidendi): 1) la coincidenza degli assetti proprietari tra le società e 2) la mancata prova dell’iscrizione dei lavoratori in liste di mobilità. L’azienda ha contestato solo la prima motivazione, lasciando intatta la seconda, che era di per sé sufficiente a sostenere la decisione del giudice.

Chi deve provare i presupposti per l’esenzione contributiva delle somme pagate al lavoratore?
L’onere della prova è ripartito: spetta all’Ente Previdenziale dimostrare che il lavoratore ha ricevuto somme dal datore di lavoro. Successivamente, è onere del datore di lavoro provare che ricorrono le specifiche cause di esclusione dall’obbligo contributivo, come ad esempio il rispetto dei limiti di importo per le indennità di trasferta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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