Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1500 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1500 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2852-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1002/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/12/2018 R.G.N. 183/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Sgravi l.n.223/91
trasferte
R.G.N. 2852/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
RILEVATO CHE
In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Firenze annullava in parte qua il verbale unico di accertamento emesso dall’Inps nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e basato su due pretese contributive: una relativa all’assoggettamento ad obbligo contributivo delle somme pagate ai propri dipendenti a titolo di indennità di trasferta , l’altra relativa all’inesistenza degli sgravi previsti dall’art.8 l. n.223/91.
In riferimento alla prima pretesa contributiva, la Corte riteneva che essa non sussistesse, in quanto i dipendenti non potevano essere qualificati come trasfertisti ai sensi dell’art.51, co. 6 d.P.R. n.917/86, mancando i requisiti di legge richiesti. La seconda pretesa contributiva veniva invece confermata, sia perché le società che avevano proceduto ai licenziamenti e la società che aveva poi riassunto i lavoratori presentavano assetti proprietari coincidenti, sia perché nemmeno era stato dimostrato che i lavoratori assunti fossero stati iscritti alle liste di mobilità.
Avverso la sentenza, RAGIONE_SOCIALE ricorre in via principale per un motivo, illustrato da memoria.
L’Inps resiste con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un motivo.
All’adunanza camerale il collegio riservava termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il motivo di ricorso principale, RAGIONE_SOCIALE deduce violazione o falsa app licazione dell’art.8 l. n.223/91, nonché degli artt.2359 e 2697 c.c., per avere la Corte
d’appello ritenuto la sussistenza di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti.
Con il motivo di ricorso incidentale, l’Inps deduce violazione degli artt.12 l. n.153/69, 51, co.5 e 6 d.P.R. n.917/86, nonché dell’art.2697 c.c. No nostante non vi fossero i requisiti del trasfertismo di cui all’art.51, co.6 d.P.R. n.917/86, la Corte avrebbe dovuto accertare che vi fossero i presupposti per l’esenzione riguardo a somme erogate a titolo di indennità trasferta ai sensi del comma quinto, considerato che non ogni somma erogata a titolo di trasferta è esente in toto da contribuzione.
Il motivo di ricorso principale è inammissibile.
La sentenza è infatti basata su una doppia ratio decidendi: da un lato la presenza di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, dall’altro la mancata prova che furono assunti lavoratori iscritti dalle liste di mobilità.
Il motivo censura solo la prima delle due ragioni decisorie, mentre nulla deduce sulla seconda. Va allora richiamo il costante orientamento di questa Corte (Cass.2108/12, Cass.9752/17, Cass.18119/20), secondo cui l’omessa impugnazione di una di una delle due rationes decidendi rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l ‘ autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza.
Il ricorso incidentale dell’Inps è fondato.
Nella determinazione del reddito da lavoro dipendente, l’art.51, co.5 d.P.R. n.917/86 dispone che: ‘ Le indennità
percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito’.
Come si vede, le somme erogate a titolo di indennità di trasferta non sono sempre esenti da contribuzione. In particolare: a) se si tratta di trasferta nell’ambito del territorio comunale, esse concorrono a formare reddito, tranne per quanto attiene alle spese di trasporto comprovate; b) le trasferte al di fuori del comune concorrono a formare il reddito sopra le 90.000 lire o le 150.000 lire giornaliere a seconda che siano trasferte entro il ter ritorio italiano o all’estero; c) se si tratta di rimborso analitico di spese vive (vitto, alloggio, etc.), i rimborsi concorrono comunque a formare il reddito oltre
le 30.000 lire o 50.000 lire giornaliere, a seconda che siano trasferte entro il territorio nazionale o all’estero.
La Corte non ha compiuto alcun accertamento sull’ammontare delle indennità di trasferta erogate se superiori o meno ai limiti previsti dalla norma -, sulla presenza di trasferte entro il territorio comunale, al di fuori di esso, o all’estero. Così facend o, la Corte ha violato l’art.51, co.5 d.P.R. n.917/86, di fatto escludendo l’obbligo contributivo sempre, e quindi al di là dei limiti fissati dalla norma.
Questa Corte (Cass.8110 e 8112 del 2023) ha già avuto modo di affermare, in casi simili, che sussiste violazione dell’art.51, co.5 ove il giudice di merito ometta qualsiasi accertamento sull’entità dei rimborsi e delle indennità, e sulla estensione della trasferta entro o oltre il territorio comunale nonché nazionale, e attribuisca in tal modo all’art.51, co.5 un contenuto diverso e più ampio rispetto a quello espresso dalla norma.
L’accertamento predetto va compiuto nei limiti delle allegazioni e delle prove dedotte dalla RAGIONE_SOCIALE (v. Cass.23996/24 sulle trasferte), vertendosi in tema di eccezione alla regola di assoggettamento all’obbligo previdenziale di qualsiasi somma percepita a titolo retributivo, e spettando all’ ente previdenziale solo dimostrare che il lavoratore ha ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo, purché in dipendenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro provare che ricorre una delle cause di esclusione di cui all’art.51, co.2 d.P.R. n.917/86 (Cass.46 1/11, Cass.23051/17).
La sentenza va dunque cassata in accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, per i necessari accertamenti di cui sopra, nonché per la statuizione delle spese di lite del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attes a l’inammissibilità del ricorso principale , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.