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Indennità di sostituzione: No a stipendio superiore

La Corte di Cassazione ha stabilito che a un dirigente medico, assegnato temporaneamente a mansioni superiori, spetta unicamente l’indennità di sostituzione prevista dal contratto collettivo, e non la piena retribuzione del ruolo ricoperto. La Corte ha rigettato il ricorso del dirigente, confermando la decisione d’appello che lo condannava anche a restituire le somme percepite indebitamente. La Suprema Corte ha chiarito che la contrattazione collettiva ha volutamente escluso altri compensi per la sostituzione, prevedendo un emolumento specifico onnicomprensivo.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di sostituzione: la Cassazione chiarisce i limiti

L’assegnazione temporanea a mansioni superiori nel pubblico impiego, in particolare nel settore sanitario, è una questione complessa che spesso genera contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: al dirigente medico che sostituisce un superiore spetta la retribuzione piena o solo la specifica indennità di sostituzione prevista dal contratto collettivo? La risposta dei giudici è netta e si allinea a un orientamento consolidato, ribadendo i confini del trattamento economico in questi casi.

I Fatti del Caso: Un Dirigente Medico e l’Incarico Superiore

Un dirigente medico si è trovato a ricoprire l’incarico di Direttore di una Struttura Complessa in sostituzione del titolare. Per questo periodo, ha richiesto il riconoscimento del trattamento economico corrispondente alla posizione superiore. L’Azienda Sanitaria Provinciale di appartenenza non solo ha respinto la richiesta, ma ha anche agito in giudizio per ottenere la restituzione di somme che riteneva indebitamente percepite dal dirigente a quel titolo. La cifra, inizialmente quantificata in oltre 117.000 euro, è stata poi rideterminata in circa 45.000 euro.

La Decisione nei Gradi di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’Azienda Sanitaria. I giudici di merito hanno stabilito che l’esercizio temporaneo di mansioni superiori non configura automaticamente il diritto alla retribuzione più elevata. La disciplina applicabile, infatti, è quella speciale prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) della Dirigenza Sanitaria, che per queste situazioni prevede l’erogazione di una specifica indennità di sostituzione. Di conseguenza, il dirigente è stato condannato a restituire le somme percepite in eccesso.

L’indennità di sostituzione al vaglio della Cassazione

Il dirigente medico ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Violazione di legge: Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel negargli le componenti retributive legate alla posizione, diminuendo illegittimamente il suo trattamento economico complessivo. A suo avviso, l’indennità di sostituzione non poteva escludere il diritto a una retribuzione commisurata alle effettive responsabilità assunte.
2. Errata applicazione della normativa fiscale: In subordine, il dirigente lamentava che l’importo da restituire fosse stato calcolato al lordo, senza considerare che le somme recuperate, essendo state tassate al momento della percezione, avrebbero dovuto costituire un onere deducibile, riducendo così l’importo netto da versare.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni sono chiare e si fondano sull’interpretazione della contrattazione collettiva.

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: al dirigente medico, per tutta la durata della sostituzione, compete unicamente l’indennità di sostituzione prevista dall’art. 18 del CCNL 8.6.2000. Questa indennità ha natura onnicomprensiva e risarcitoria, e la sua previsione da parte delle parti sociali (sindacati e datori di lavoro) manifesta la volontà di escludere qualsiasi altro titolo economico per la pretesa del dirigente sostituto.

La Corte ha specificato che il trattamento accessorio, come la retribuzione di posizione, è strettamente correlato alle funzioni attribuite in via definitiva, non a quelle esercitate temporaneamente in sostituzione. Anche il protrarsi della sostituzione oltre i termini previsti dal contratto non cambia la natura del compenso, poiché il silenzio della contrattazione su questo punto va interpretato come una scelta deliberata di non concedere diritti ulteriori.

Infine, il motivo relativo alla questione fiscale è stato dichiarato inammissibile. Il ricorrente, infatti, non ha adeguatamente specificato quale sarebbe stato l’esito del nuovo calcolo né ha dimostrato il suo concreto interesse ad agire su quel punto, rendendo la doglianza generica e non accoglibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio nel diritto del lavoro pubblico: le previsioni dei contratti collettivi sono determinanti nel definire il trattamento economico dei dipendenti. Nel caso specifico della sostituzione di un dirigente, la presenza di una specifica indennità di sostituzione esclude la possibilità di richiedere la retribuzione piena del ruolo superiore. La decisione sottolinea come la contrattazione collettiva abbia bilanciato gli interessi, prevedendo un emolumento ad hoc che compensa il lavoratore per le maggiori responsabilità, senza però equipararlo economicamente a chi detiene l’incarico in via definitiva. Per i dirigenti del settore pubblico, ciò significa che l’accettazione di un incarico sostitutivo comporta il diritto al compenso previsto dal CCNL, senza poter avanzare pretese economiche ulteriori, anche in caso di sostituzioni prolungate nel tempo.

A un dirigente medico che sostituisce temporaneamente un superiore spetta la retribuzione piena per il ruolo superiore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, al dirigente spetta unicamente la specifica indennità di sostituzione prevista dal contratto collettivo, che ha natura onnicomprensiva e non dà diritto alla retribuzione di posizione del ruolo superiore.

Cosa succede se la sostituzione si prolunga oltre i termini previsti dal contratto collettivo?
Anche se la sostituzione si protrae nel tempo, il diritto del dirigente rimane limitato alla sola indennità di sostituzione. Il silenzio del contratto collettivo su questo punto è interpretato dalla Corte come la volontà di escludere qualsiasi pretesa economica ulteriore.

Le somme percepite indebitamente e da restituire al datore di lavoro possono essere considerate un onere deducibile ai fini fiscali?
La questione è stata sollevata dal ricorrente, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. Il ricorrente non ha fornito una specificazione adeguata dell’esito di un nuovo calcolo né ha dimostrato il suo concreto interesse ad agire, pertanto la Corte non si è pronunciata nel merito di questo specifico aspetto fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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