Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20178-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 124/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/03/2022 R.G.N. 1211/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
R.G.N. 20178/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/05/2024
CC
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, ha rigettato il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Milano che aveva dichiarato il diritto di NOME a percepire l’indennità di due euro per ogni regolarizzazione effettuata a bordo treno o a terra con applicazione dell’esazione suppletiva prevista dall’articolo 54.2.2 lett.a) del contratto 11/3/2015 , indipendentemente dall’effettiva riscossione di quest’ultima.
A fondamento della sentenza la Corte d’appello di Milano ha richiamato una precedente sentenza resa in analoga fattispecie, nella quale aveva affermato la tesi secondo cui l’interpretazione dell’articolo 54.2.2 del contratto aziendale seguita dal tribunale era corretta essendo fondata sul significato letterale delle parole (ed aveva confrontato la disposizione di cui alla lettera a) dell’articolo 54 nella versione anteriore e posteriore all’accordo del 2015 evidenziando la portata più restrittiva della successiva regolamentazione).
La nuova formulazione dell’articolo 54.2.2. stabilisce che la remunerazione variabile di cui al punto 54.2.2 verrà riconosciuta al PdB nella seguente misura: a) due euro di indennità fissa per ogni regolarizzazione effettuata bordo treno o a terra, che prevede l’applicazione della esazione suppletiva ai sensi delle vigenti condizioni di trasporto; b) 25% dell’importo riscosso a titolo di sovrattassa; c) 25% dell’importo riscosso per i soli biglietti venduti a bordo treno senza esazione suppletiva ( nei limiti di quanto permesso dalle vigenti condizioni di trasporto)” È vero che l’espresso riferimento al termine esazione in precedenza assente costituiva un quid pluris rispetto all’ordinaria attività di verifica e controllo, ma questo quid pluris non andava identificato nella ulteriore attività di riscossione e di incasso delle somme come sostenuto dall’appellante bensì, come si evince chiaramente dal dato letterale della disposizione,
nel compito di verificare che per quella opera di regolarizzazione sia prevista una esazione suppletiva e quindi sia prevista una sanzione.
Andava perciò confermata, secondo la Corte, la sentenza che aveva riconosciuto la fondatezza della pretesa diretta ad ottenere l’indennità di regolarizzazione per i verbali di accertamento emessi nel lasso temporale in questione a carico dell’utente ingiustificatamente senza biglietto con applicazione della esazione suppletiva (sanzioni) non riscossa (distinta sanzioni 1003).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione tre nord con due motivi ai quali ha resistito con controricorso il lavoratore COGNOME NOME. Le parti hanno depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 c.c. con riferimento all’interpretazione dell’articolo 54.2.2 così come modificato dall’accordo dell’11 marzo 2015 ex articolo 360 n. 3 c.p.c. in quanto le conclusioni della Corte d’appello si rivelerebbero in aperto contrasto con i principi che governano la materia quanto all’applicazione dei criteri ermeneutici che avrebbero dovuto essere considerati nel caso di specie.
La Corte ha applicato, da un lato, il canone di interpretazione letterale e, dall’altro, l’ulteriore canone interpretativo di cui all’articolo 1363 c.c. dell’interpretazione complessiva delle clausole; mentre dei due criteri interpretativi avrebbe dovuto trovare ingresso solo uno; o il canone fondato sul significato letterale della clausola o gli ulteriori criteri ermeneutici degli articoli 1362 e seguenti c.c. e così doveva indicarsi in primis la comune intenzione delle parti anche attraverso il
comportamento complessivo tenuto anche posteriormente alla conclusione del contratto; criterio che tuttavia non è considerato nelle motivazioni della sentenza qui impugnata neppure in via sussidiaria.
1.1.- Il primo motivo è infondato perché diretto a sindacare solo il merito più che l’interpretazione adottata dalla Corte, la quale si fonda in ogni caso sul rispetto dei canoni letterali e logici.
La clausola contrattuale prevede infatti il pagamento dell’indennità fissa di due euro per ogni regolarizzazione effettuata a bordo treno o a terra che preveda l’esazione suppletiva ai sensi delle vigenti condizioni di trasporto, ossia senza collegare il d iritto all’indennità alla necessità dell’incasso effettivo.
Inoltre la Corte di merito ha evidenziato che quando le parti hanno voluto fare riferimento alla effettiva esazione lo hanno detto espressamente, come avvenuto ai punti b e c del medesimo articolo ove espressamente l’indennità dovuta e’ collegata all’importo riscosso e non già previsto in esazione.
La clausola in oggetto parla dunque di semplice previsione di esazione mentre nelle clausole di cui alle lettere b e c le parti al contrario hanno specificato che le indennità compete sull’importo riscosso (ubi voluit dixit).
Si tratta di un’interpretazione corretta e plausibile; rispondente alle regole ermeneutiche sia dal punto di vista letterale, sia dal punto di vista dell’interpretazione complessiva e della ricerca dell’intenzione dei contraenti.
D’altra parte nemmeno è vero che la Corte abbia violato il principio di gerarchia dei criteri ermeneutici avendo soltanto fatto seguire a quello dell’interpretazione logica il criterio dell’interpretazione sistematica, in chiave rafforzativa e con esiti coerenti.
Correttamente la Corte di merito ha affermato, quindi, che l’opzione interpretativa prospettata dall’appellante, che correla il diritto all’indennità di regolarizzazione non solo alla “previsione” di una esazione suppletiva ma anche “all’avvenuta riscossione” della stessa, non solo non trova alcun aggancio normativo, ma mal si concilia con quanto statuito alle lettere b) e c) del medesimo articolo che espressamente si riferiscono all'”importo riscosso” (e dunque all’avvenuto pagamento della sovrattassa e/o sanzione).
Con il secondo motivo si deduce violazione falsa applicazione degli articoli 2697, 115, 116, 134, 420, 421, 437 c.p.c. ex articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. nella parte in cui la Corte d’appello condividendo l’impostazione assunta dal giudice di primo grado aveva affermato che la questione controversa fosse di mero diritto per cui non vi era ragione che giustificasse il giudice a quo a dare ingresso all’istruttoria testimoniale anche avvalendosi dei poteri d’ufficio.
Difatti l’istruttoria testimoniale avrebbe avuto di certo non solo necessaria valenza con riguardo all’esigenza di ricavare il reale intendimento delle parti ex articolo 1362 c.c., ma anche in ordine all’esigenze di ricerca della verità materiale cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro. Il giudice non avrebbe dovuto fare meccanica applicazione della regola formale di giudizio fondato sull’onere della prova, ma aveva il potere dovere di provvedere d’ufficio gli atti istruttori. Conseguentemente la Corte qualora non avesse ritenuto sufficiente il dato letterale della clausola e comunque non avesse ritenuto sufficiente il comune intendimento delle parti risultante dalle allegazioni e dalla documentazione probatoria versati in atti, avrebbe dovuto dar corso all’attività istruttoria e testimoniale al fine di permettere alla società di eventualmente dimostrare ed integrare quanto allegato il ricorso e nella relativa
documentazione prodotta ; e se del caso fare uso anche dei poteri d’ufficio in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova.
2.1. Il secondo motivo è inammissibile perché anzitutto non riporta neanche quali siano i mezzi di prova che non sono stati ammessi; ed inoltre è diretto a sindacare l’esercizio del potere istruttorio di ufficio che non risulta fosse stato neppure sollecitato; mentre non è precisato sulla base di quali presupposti processuali e di fatto esso avrebbe dovuto esercitarsi.
In ogni caso, la Corte di merito ha ritenuto di avere tutti gli elementi necessari per la decisione della causa vertendo la stessa su questione di mero diritto, dovendosi interpretare le clausole contrattuali in esame; sicchè essa non ha nemmeno deciso la causa in base alla regola dell’onere della prova ex art 2697 c.c. la cui disciplina non ha quindi potuto nemmeno violare.
3.- In conclusione il ricorso è privo di fondamento e deve essere quindi respinto. Seguono le spese processuali a carico del soccombente secondo l’art. 91 c.p.c. , con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, antistatario. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 1.300,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge, con distrazione in favor e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio del 16.5.2024