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Indennità di regolarizzazione: spetta anche senza incasso

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore a percepire un’indennità di regolarizzazione per ogni sanzione emessa a bordo treno, indipendentemente dall’effettivo incasso della somma. La decisione si basa sull’interpretazione letterale del contratto aziendale, che distingue chiaramente tra la previsione di un’esazione e la riscossione effettiva, premiando l’attività di accertamento del dipendente.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di Regolarizzazione: Quando il Diritto Sorge Indipendentemente dall’Incasso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale per i lavoratori del settore dei trasporti: il diritto a percepire l’indennità di regolarizzazione non è subordinato all’effettiva riscossione della sanzione da parte dell’azienda. Questa decisione si basa su un’attenta analisi del contratto aziendale e riafferma l’importanza dell’interpretazione letterale delle clausole.

I Fatti di Causa

Un dipendente di una società di trasporti ferroviari aveva richiesto il pagamento di un’indennità fissa per ogni ‘regolarizzazione’ effettuata nei confronti di passeggeri sprovvisti di biglietto. L’azienda si opponeva, sostenendo che tale compenso fosse dovuto solo in caso di effettivo incasso della sovrattassa o della sanzione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, portando la società a ricorrere in Cassazione.

L’Interpretazione Contrattuale e l’indennità di regolarizzazione

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione di una clausola specifica del contratto aziendale. Tale clausola prevedeva diverse forme di remunerazione variabile per il personale addetto al controllo:

a) Un’indennità fissa di due euro per ogni regolarizzazione che prevedesse l’applicazione di un’esazione suppletiva.
b) Una percentuale del 25% sull’importo riscosso a titolo di sovrattassa.
c) Una percentuale del 25% sull’importo riscosso per i biglietti venduti a bordo senza esazione suppletiva.

La società datrice di lavoro sosteneva che il termine ‘esazione’ implicasse necessariamente l’incasso. Tuttavia, i giudici di merito prima, e la Cassazione poi, hanno evidenziato una differenza cruciale nel linguaggio usato: mentre per le lettere b) e c) il contratto parlava esplicitamente di ‘importo riscosso’, per la lettera a) si faceva riferimento alla sola ‘applicazione della esazione suppletiva’.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, giudicandolo infondato. Le motivazioni si basano su principi consolidati di interpretazione contrattuale (artt. 1362 e ss. c.c.).

L’Interpretazione Letterale e Sistematica

I giudici hanno sottolineato che l’interpretazione letterale della clausola era chiara. La distinzione terminologica tra ‘applicazione dell’esazione’ e ‘importo riscosso’ non era casuale, ma rifletteva una precisa volontà delle parti. Laddove le parti hanno voluto legare il compenso all’incasso effettivo, lo hanno specificato chiaramente (principio ubi voluit dixit, ‘dove volle, disse’). Di conseguenza, per l’indennità fissa di cui alla lettera a), era sufficiente l’attività di accertamento e verbalizzazione dell’irregolarità, che comporta la previsione di una sanzione, a prescindere dal suo successivo pagamento.

Il Rifiuto dell’Istruttoria Testimoniale

La Corte ha inoltre respinto il secondo motivo di ricorso, con cui l’azienda lamentava la mancata ammissione di prove testimoniali per accertare la ‘reale intenzione’ delle parti. I giudici hanno ritenuto la questione di mero diritto, risolvibile attraverso la sola interpretazione del testo contrattuale, che appariva sufficientemente chiaro. Non era quindi necessario ricorrere a poteri istruttori d’ufficio, poiché il dato letterale e la logica complessiva dell’accordo erano sufficienti a decidere la controversia.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione stabilisce un principio importante in materia di indennità di regolarizzazione. L’attività di verifica e controllo svolta dal lavoratore, che culmina nell’emissione di un verbale di accertamento, costituisce di per sé il presupposto per il diritto all’indennità, se il contratto non subordina esplicitamente tale diritto all’effettivo incasso della sanzione. La sentenza valorizza l’attività del dipendente e fornisce una guida chiara per l’interpretazione di clausole simili in altri contratti collettivi o aziendali.

Il diritto all’indennità di regolarizzazione per il personale di bordo dipende dall’effettivo incasso della multa da parte del passeggero?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto sorge al momento dell’accertamento dell’irregolarità e dell’applicazione della sanzione, a meno che il contratto non specifichi esplicitamente che il compenso è legato all'”importo riscosso”.

Come ha interpretato la Corte la clausola del contratto aziendale?
La Corte ha applicato un criterio di interpretazione letterale e sistematico. Ha notato che il contratto usava termini diversi: ‘applicazione dell’esazione’ per l’indennità fissa e ‘importo riscosso’ per le componenti variabili percentuali. Questa differenza dimostra la volontà delle parti di remunerare la sola attività di accertamento nel primo caso.

Perché è stata respinta la richiesta dell’azienda di ammettere prove testimoniali?
La Corte ha ritenuto che la questione fosse di ‘mero diritto’, ovvero risolvibile attraverso la sola interpretazione del testo contrattuale. Poiché il testo era chiaro e non ambiguo, non era necessario ammettere ulteriori prove per indagare una presunta diversa volontà delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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