Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31732 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31732 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
sul ricorso 753-2024 proposto da:
Oggetto
R.G.N. 20/2024 R.G.N. 753/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 22/10/2024
CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimate –
avverso la sentenza n. 2136/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/06/2023 R.G.N. 2583/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, in riforma della sentenza appellata ha condannato il Consorzio RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a pagare in solido la somma di € 4.333,62 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso in favore di COGNOME NOME oltre accessori, compensando le spese processuali del doppio grado.
A fondamento della pronuncia la Corte d’appello ha affermato, anche col richiamo ad analoghi precedenti ai sensi dell’art. 118 disp. att. cpc , che il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale ma sola obbligatoria e che il rapporto si risolve perciò immediatamente con l’unico obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso; ed ha aggiunto che nel caso di specie
risultava dagli atti che il rapporto di lavoro del RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE era cessato il 30 giugno 2020 a seguito della cessazione dell’appalto e che in applicazione della normativa contrattuale che prevede il passaggio ad altre società il personale era stato assunto dal Consorzio subentrante nel contratto di appalto, a decorrere dall’1 luglio 2020.
La Corte d’appello ha poi richiamato la giurisprudenza di legittimità (sentenza della Cassazione n.21092 del 2014) che afferma l’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso, anche nelle ipotesi di passaggio diretto del lavoratore dall’azienda che cessa dall’appalto a quella che subentra nello stesso appalto.
Inoltre ha affermato che nella fattispecie del cambio appalto previsto dall’articolo 16 bis del CCNL di settore non vi fosse cessione del contratto di lavoro che, ai sensi dell’articolo 1406 c.c., richiederebbe l’espressione del consenso del lavoratore ceduto, bensì ricorreva la cessazione del rapporto di lavoro con il precedente appaltatore e l’instaurazione di un nuovo rapporto con l’appaltatore subentrante.
Sotto diverso profilo, secondo la Corte, sussisteva la solidarietà degli altri convenuti atteso che l’articolo 29,comma 2 del decreto legislativo 276/2003, applicabile ratione temporis, prevede la solidarietà per tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro con esclusione solamente delle sanzioni civili e delle obbligazioni di carattere risarcitorio.
Era inoltre infondata l’affermazione dell’inapplicabilità al caso di specie dell’articolo 118, comma 6 decreto legislativo n. 163/2006 trattandosi di un appalto di Trenitalia cui si applica la disciplina del decreto legislativo 163/2006, e di cui CNCP era affidatario dei lavori e la RAGIONE_SOCIALE subappaltatore.
Tale ultima disposizione prevede ugualmente una tutela dei lavoratori pur operando sul diverso piano della disciplina degli
appalti pubblici ed essendo attenta anche all’esigenza della corretta esecuzione di quest’ultimi. Le due disposizioni dell’articolo 29 comma 2 del decreto legislativo 276/2003 e dell’art. 118, comma 6 del decreto legislativo 163/2006 concorrevano entrambi alla tutela dei lavoratori del subappaltatore, quando si verte in tema di appalti pubblici.
Avverso la sentenza ha proposto un primo ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con due motivi. Con un successivo ricorso la stessa sentenza è stata impugnata anche dal RAGIONE_SOCIALE con due motivi di ricorso. Ad entrambi i ricorsi ha resistito COGNOME NOME con controricorso. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due ricorsi proposti separatamente avverso la medesima sentenza.
Sintesi dei motivi del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Col primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2118, comma secondo, c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. e si sostiene che, non sussistendo un orientamento giurisprudenziale univoco, il ricorso vuole portare all’attenzione della Corte la vexata quaestio se nel caso di cessazione del rapporto di lavoro l’indennità sostitutiva del preavviso è dovuta solo nel caso in cui il lavoratore abbia subito un pregiudizio connesso alla mancata possibilità di trovare una nuova occupazione in ragione del mancato preavviso da parte del datore di lavoro.
2.- Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2118, comma 2 c.c. , violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 115 e
116 c.p.c. nonché dell’articolo 2697 c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. , avendo la Corte d’appello errato nel ritenere che fosse stato dimostrato l’avvenuto licenziamento del signor COGNOME da parte della Libra, non avendo il lavoratore provato alcun licenziamento o provvedimento di interruzione del rapporto di lavoro inviato dalla Libra al signor COGNOME ; d’altronde non sarebbe potuto accadere il contrario poiché effettivamente quest’ultimo non veniva licenziato dalla Libra essendo transitato alle dipendenze della CNCP non in seguito ad un licenziamento ma in occasione di una procedura di cambio appalto.
3.Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2118, comma 2 c.c. sotto altro profilo; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1411 c.c.; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 16 bis del CCNL della Mobilità, Area Contrattuale Attività Ferroviarie ex articolo 360 numero 3 c.p.c. avendo la Corte d’appello errato nel ritenere che il rapporto di lavoro tra la COGNOME e il signor COGNOME si fosse risolto unilateralmente per un’unica volontà datoriale e non per mutuo consenso. Laddove nell’ipotesi di un cambio di appalto qualora i dipendenti dell’impresa cessante transitino direttamente alle dipendenze di quella subentrante va ravvisata un’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso.
Nel caso di specie il rapporto di lavoro per cui è causa si interrompeva in data 30 giugno 2020 in occasione della procedura di cambio appalto alla cui definizione partecipavano non solo la Libra e il CNCP ma anche e soprattutto le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative.
La procedura di cambio appalto era riconducibile a una fattispecie estintiva del rapporto di lavoro diversa da licenziamento; sottoscrivendo il contratto di lavoro col CNCP i
lavoratori avevano rinunciato alla percezione della identità sostitutiva del preavviso.
Sintesi del motivo proposto nel ricorso successivo del CNCP.
4.Con l’unico motivo di ricorso proposto dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2118 c.c. in combinato disposto con gli articoli 115 e 116 c.p.c. nonché dell’articolo 2697 c.c., motivazione apparente, perplessa e contraddittoria ex articolo 360 n.3 e n. 4 c.p.c. atteso che nel caso di specie non vi era agli atti alcuna comunicazione di recesso della RAGIONE_SOCIALE presupposto imprescindibile e necessario affinché potesse maturare il diritto alla corresponsione dell’indennità di mancato preavviso.
Il cambio di affidatario nell’esecuzione dell’appalto e il contestuale mutamento di titolarità del rapporto sciolto congiuntamente ed oggetto del medesimo accordo sindacale consentivano, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, di qualificare la risoluzione del precedente contratto di lavoro intrattenuto con la RAGIONE_SOCIALE quale risoluzione consensuale , di cui i lavoratori si sono avvalsi dandovi esecuzione; si tratterebbe cioè di un’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso.
6.L’unico motivo di ricorso del CNCP ed i tre motivi di ricorso RAGIONE_SOCIALE pongono comuni problemi di diritto (ossia la questione essenziale se nel caso di passaggio da un appaltatore ad un altro, per cambio appalto, spetti al lavoratore l’indennità sostitutiva preavviso) e le relative censure possono essere perciò decise unitariamente per connessione logica-giuridica.
7.- Gli stessi motivi devono ritenersi infondati.
Le questioni in essi sollevate (sulla spettanza dell’indennità di preavviso in caso di cambio appalto, sulla sua natura, sulla mancanza di una risoluzione consensuale, sulla causa del
recesso) sono già state tutte risolte da questa Corte con orientamento oramai consolidato, (Cass. 1148 del 21/01/2014, n. 24429 del 01/12/2015, Cass. n. 9195/2012, n. 20192/2011, n. 940/2024) essendosi da tempo statuito che ‘L’art. 2118, secondo comma, cod. civ. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento individuale che non sia preceduto da periodo di preavviso lavorato. Ne consegue che l’indennità di preavviso è dovuta anche nel caso, di cui all’art. 6 del c.c.n.l. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale, di cosiddetto passaggio diretto del lavoratore dall’azienda che cessa dall’appalto di pulizie a quella che subentra nell’appalto medesimo, mancando nella norma richiamata una previsione espressa che escluda la corresponsione dell’indennità.’
Tale giurisprudenza, che riconosce la ricorrenza dei presupposti per il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso anche nell’ipotesi di cambio appalto, merita di essere confermata e rafforzata, secondo questo Collegio, non essendo stati prospettati nella causa argomenti idonei che giustifichino un mutamento di indirizzo.
8.- Va ricordato anzitutto che la risoluzione del contratto per cessazione dell’appalto (a cui ha fatto seguito un cambio appalto) non può essere mai considerata alla stregua di una risoluzione consensuale, essendo la stessa fattispecie estintiva conseguenza di un fatto che è relativo alla sfera ed alla gestione dell’impresa, talchè nessuna corresponsabilità può essere attribuita al lavoratore, il quale non manifesta in proposito alcuna volontà.
9.- Ciò che rileva invece è che il primo rapporto venga risolto a seguito della cessazione dell’appalto e comunque per un fatto rientrante nella sfera giuridica della società datrice di lavoro e
quindi per una sua iniziativa, potendo questa in alternativa mantenere in servizio il dipendente ed adibirlo ad altro appalto o attività, non essendo previsto alcun obbligo di risolvere il rapporto di lavoro con gli addetti ai medesimi appalti.
10.- Neppure può essere sostenuto, per evidente contraddizione logica, che la sottoscrizione del successivo contratto di lavoro con l’appaltatore subentrante equivalga a risoluzione consensuale del primo contratto, già in precedenza estinto per fatto del l’appaltatore.
E nemmeno si può affermate che la sottoscrizione di un nuovo contratto equivalga a rinuncia alla percezione dell’indennità sostitutiva del preavviso relativa alla risoluzione del precedente contratto, non emergendo alcuna plausibile dimostrazione a sostegn o dell’esistenza di tale volontà abdicativa.
11.- Inoltre, la giurisprudenza consolidata ha già messo in evidenza come non esista continuità nei due rapporti di lavoro in oggetto e che quello instaurato in seguito al cambio appalto è un nuovo rapporto di lavoro che presuppone l’estinzione del primo. Essendo il rapporto di lavoro che si verrà ad instaurare con l’impresa subentrante un rapporto nuovo rispetto a quello cessato, non vi è spazio neppure per la configurabilità giuridica di una cessione del contratto di lavoro.
12.- D’altra parte, nemmeno rileva il fatto che il lavoratore abbia lavorato in conseguenza del cambio appalto, dal giorno seguente alla cessazione dell’appalto, in quanto l’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2218 c.c. spetta quand’anche il lavoratore licenziato abbia trovato lavoro immediatamente dopo il recesso.
13. E’ l’eventualità del danno che crea l’obbligo di un periodo di preavviso in caso di recesso unilaterale; in mancanza del quale scatta l’obbligo della relativa indennità sostitutiva. La parte che risolve il rapporto di lavoro senza l’osservanza dei term ini di
preavviso deve perciò corrispondere all’altra un’indennità pari all’importo della retribuzione maturata nel periodo corrispondente.
14.L’indennità di preavviso prescinde perciò dalla prova di un danno con la conseguenza che essa spetta anche se il lavoratore ha trovato subito una nuova occupazione.
15.- Il preavviso non ha efficacia reale, il rapporto si estingue immediatamente e non hanno influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti (Cass. 22322/2013, 21092/2014) e l’indennità sostitutiva ha natura retributiva ed indennitaria (Sez. Unite 7914/1994).
16.L’unica eccezione prevista dall’art.2118 c.c. vale per il licenziamento per giusta causa.
17.- Nel caso di specie la Corte ha accertato, sulla base delle risultanze processuali e facendo corretta applicazione delle regole di ermeneutica, che non esista risoluzione consensuale, né il recesso del lavoratore; che il rapporto sia cessato per fatto riconducibile al datore di lavoro e senza rispetto del termine di preavviso; che tra l’uno e l’altro rapporto vi sia stata soluzione di continuità e che nessuna deroga fosse prevista dalla disciplina del CCNL quanto all’obbligo del preavviso lavorato e, in sua mancanza, dell’indennità sostitutiva che la parte recedente deve riconoscere all’altra parte.
Si tratta perciò di una pronuncia del tutto aderente alla giurisprudenza consolidata già citata.
19.- In particolare come affermato da Cass. n. 1148 del 21/01/2014: ‘ L’art. 2118 c.c. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, neppure nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva – quale
nella specie quella di livello nazionale ex l’art. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale – preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante lasciando ferme la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante. Non conferente pertanto è nella fattispecie il principio affermato da Cass., sez. lav., 22 aprile 1995, n. 4553, ed invocato dalla difesa della società ricorrente; pronuncia questa che ha sì ritenuto che l’indennità sostitutiva del preavviso non compete al lavoratore nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (ex art. 1372 c.c.) seguita, senza soluzione di continuità, da una nuova assunzione dello stesso lavoratore alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, atteso che in tale ipotesi non ricorrono le finalità sottese alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c., individuabili, da un lato, nell’esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all’improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò, versi in una imprevista situazione di disagio economico, e, dall’altro, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro.
Ma appunto tale principio si riferisce alla diversa fattispecie della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Nè il richiamo dell’art. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale vale a introdurre una deroga contrattuale sia perché nulla è previsto quanto all’indennità sostitutiva del preavviso, sia perché la disposizione contrattuale in realtà prevede un
procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto alle imprese subentrante.
Quindi vi era una soluzione di continuità tra il primo rapporto di lavoro con l’impresa cedente e quello successivamente instaurato con l’impresa subentrante. Tale circostanza di fatto, prefigurata dall’art. 6 citato, non vale ad escludere l’applicazione della regola generale posta dall’art. 2118 secondo cui, in caso di recesso dal rapporto di lavoro del datore di lavoro senza giusta causa, quest’ultimo è tenuto al pagamento in favore del lavoratore licenziato dell’indennità sostitutiva del preavviso.
In questo senso, nella stessa identica fattispecie, si è già pronunciata questa Corte (Cass., sez. lav., 7 giugno 2012, n. 9195, non massimata) su un precedente ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso pronuncia della Corte d’appello di Genova; ricorso parimenti rigettato.
Nel citato precedente questa Corte ha osservato in proposito che le disposizioni della contrattazione collettiva – art. 6 del CCNL di settore e la dichiarazione congiunta in calce allo stesso – non introducono elementi atti a sostenere la tesi della ricorrente, come da quest’ultima prospettato. L’art. 6 in questione, richiamato nella sentenza del giudice d’appello, afferma “nei casi di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante, il datore di lavoro subentrante e la RSU e, in mancanza le RSA delle 00.SS stipulanti, congiuntamente alle strutture territoriali competenti, si incontreranno in tempo utile per avviate le procedure relative al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante addetto allo specifico appalto, nei limiti dei dipendenti
in forza ISO giorni calendariali prima della scadenza dell’appalto”.
La medesima disposizione prevede, altresì: “Al personale di cui al comma che precede l’azienda subentrante riconosce il trattamento economico e normativo contrattuale già corrisposto dall’impresa cessante”. Come ritenuto dalla Corte d’Appello, facendo corretta applicazione delle regole dell’ermeneutica contrattuale, con congrua motivazione, la suddetta previsione della contrattazione collettiva esclude che nel passaggio di gestione si configuri continuità del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante. Il rapporto che si verrà ad instaurare è nuovo rispetto a quello cessato. Le parti sociali hanno voluto sottolineare la cesura tra i due rapporti laddove, nella dichiarazione congiunta in calce all’art. 6, hanno espressamente ribadito che “le parti stipulanti si danno atto che la normativa di cui al presente articolo, in caso di assunzione per passaggio diretto ed immediato, non modifica il regime connesso alla cessazione di appalto che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con l’impresa cessante – ai sensi della L. 15 luglio 1996, n. 604, art. 3 – e la costituzione ex nova del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante”.
Può solo aggiungersi che la generale riserva che le parti contraenti hanno fatto nell’inciso “ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante” confermava che l’esclusione dell’indennità di preavviso nel caso di positivo esito nella procedura contrattuale di ricollocamento dei dipendenti dell’impresa che cessava dall’appalto alle dipendenze dell’impresa subentrante avrebbe richiesto una previsione es pressa che invece è mancata nell’art. 6 cit..’
20.- Sulla scorta delle ragioni fin qui espresse, i due ricorsi che si giudicano devono essere entrambi rigettati.
21.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. , con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME antistatario
22.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuna parte ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio che liquida, per ogni singolo ricorso, in euro 2.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 22.10.2024
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME