Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21727 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21727 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19440/2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione; -ricorrente –
contro
Agenzia Regionale per le attività irrigue e forestali Puglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Bari n. 799/2020 dell’8 luglio 2024 e notificata il 31 luglio 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME con ricorso proposto davanti al Tribunale di Bari, ha esposto che:
era stato assunto dall’ARIF con contratto a tempo determinato del 19 aprile 2011 come operaio specializzato;
con lettera del 7 luglio 2011, il detto contratto era divenuto a tempo indeterminato;
l’11 agosto 2015 era stato inquadrato come impiegato di 5° livello a decorrere dal 1° settembre 2015;
da quest’ultima data in poi non aveva più ricevuto l’indennità di percorrenza dovuta in forza degli artt. 15 e 54 del CCNL per gli addetti ai Lavori di Sistemazione Idraulico-Forestale e Idraulico-Agraria del 7 dicembre 2010;
non gli era stato fornito un mezzo di trasporto dall’azienda e, quindi, tutte le mattine percorreva 55,80 km. a/r per recarsi dalla propria residenza al Centro di Raccolta e, da lì, al Cantiere di lavoro.
Egli ha chiesto che:
fosse accertata la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del Contratto integrativo regionale per gli addetti ai lavori di RAGIONE_SOCIALE e Idraulico-Agraria della Regione Puglia e degli artt. 15 e 54 del CCNL per gli addetti ai Lavori di RAGIONE_SOCIALE IdraulicoAgraria del 7 dicembre 2010;
fosse dichiarato il suo diritto al riconoscimento del diritto a percepire l’indennità chilometrica prevista dalle menzionate disposizioni per il periodo dal 1° settembre 2015 al 31 dicembre 2020, con condanna di controparte a corrispondere le somme dovute.
Il Tribunale di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1807/2022, ha accolto il ricorso.
L’ARIF ha proposto appello che la Corte d’appello di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1014/2024, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
L’ARIF si è difesa con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 54 del CCNL per i dipendenti addetti ad attività di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria del 7 DICEMBRE 2010 e dell’art. 23 del relativo CIRL e dei verbali di accordo sindacale del 18 aprile 2011 e del 4 maggio 2011.
Egli contesta che la corte territoriale avrebbe errato a ritenere che avrebbe domandato l’indennità di percorrenza dalla residenza al luogo di lavoro e ad applicare l’art. 23 del CIRL menzionato, il quale concerne esclusivamente il trattamento delle trasferte, delle missioni e della percorrenza dei lavoratori in trasferta e non, invece, la materia dei mezzi di trasporto, che è regolata dal solo CCNL del 7 dicembre 2010.
La censura è inammissibile.
In primo luogo, non è censurabile direttamente in sede di legittimità la violazione di un contratto integrativo regionale e di verbali di accordo sindacale.
Inoltre, il ricorrente non ha colto la ratio della decisione, la quale si fonda su una specifica interpretazione degli artt. 15 e 54 del CCNL del 7 dicembre 2010, secondo la quale l’indennità in questione spetterebbe solo in presenza di spostamenti da un luogo di lavoro a un altro e servirebbe, quindi, a rimborsare al lavoratore i costi di trasporto dalla sede fissata nel contratto con riferimento unicamente alla tratta eccedente il tragitto che egli avrebbe comunque dovuto percorrere per giungere a tale sede.
Il richiamo all’art. 23 CIRL costituisce un mero ausilio di detta interpretazione, mentre il riferimento alla residenza del lavoratore serve a evidenziare, in via esemplificativa, come il trasferimento rimborsato debba essere quello infralavorativo e non quello precedente il raggiungimento dell’unico luogo di espletamento della prestazione.
Sulla base di siffatta lettura del CCNL, la corte territoriale ha escluso il diritto del lavoratore all’indennità in quanto aveva sempre operato presso una sede lavorativa fissa.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta un errore di fatto in quanto la corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che il presupposto della normativa contrattuale fosse l’esistenza di uno spostamento lavorativo da un luogo di lavoro a un altro e non, come originariamente dedotto nel ricorso, dal luogo di residenza a quello di lavoro, e che egli non avrebbe mai dedotto di essersi recato presso il centro di raccolta, coincidente con il centro per l’impiego.
La censura è inammissibile, non avendo il ricorrente colto la ratio della decisione, fondata sull’accertamento di fatto che egli non avesse mai provato di avere prestato servizio presso un cantiere di lavoro e avesse sempre operato presso la medesima sede di servizio solo genericamente indicata come ‘Cantiere di lavoro’ e risultante essere un ufficio dell’Agenzia del Comprensorio Bari-Murgia.
Con il terzo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost. e dei doveri di correttezza e buona fede, imparzialità e buon andamento della P.A. ex art. 97 Cost. e degli artt. 15 e 54 del CCNL menzionato atteso che la corte territoriale avrebbe ritenuto di non attribuire alcun valore, in sede di interpretazione delle clausole contrattuali, al contegno di fatto serbato dall’ente appellante, che avrebbe versato l’indennità in esame fino al 2015.
Sostiene che, senza l’indennità in esame, gli sarebbero rimasti, per vivere, € 853,11 al mese, importo che non gli consentiva di garantire a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, con la conseguenza che si sarebbe dovuto applicare d’ufficio un trattamento contrattuale differente se ritenuto più giusto.
Inoltre, sarebbe stata contraria al suo affidamento la mancata improvvisa corresponsione dell’indennità in esame, fino al 2015 sempre versata.
La censura è inammissibile.
Innanzitutto, è inammissibile in quanto, dalla sentenza di appello, non emerge che sia stata mai discussa l’applicazione dell’art. 36 Cost. al fine di disapplicare la contrattazione collettiva richiamata dallo stesso ricorrente e che siano stati allegati e provati elementi di fatto idonei a fare ritenere provato un legittimo affidamento del ricorrente a continuare a percepire un trattamento che, secondo la corte territoriale, non era a lui spettante.
Peraltro, l’affidamento dell’interessato avrebbe potuto, eventualmente, comportare la non restituzione delle somme ottenute in passato, ma non giustificare il sorgere del diritto a percepirle in futuro.
Quanto al profilo della condotta aziendale precedente, si osserva che la censura è manifestamente infondata, al punto da dovere essere considerata inammissibile, poiché una prassi aziendale non può mai giustificare una deroga alla contrattazione collettiva.
Si precisa che la giurisprudenza richiamata dal ricorrente (Cass., n. 31881 del 10 dicembre 2018) è inconferente, riguardando un operaio che aveva diritto all’indennità in esame secondo la contrattazione collettiva, mentre l’istante è un impiegato che, secondo la corte territoriale, tale diritto non avrebbe.
Con il quarto motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 11 Cost., 6 e 13 CEDU e 45 d.lgs. n. 165 del 2001 in quanto la Corte d’appello di Bari avrebbe inopinatamente cambiato il proprio orientamento giurisprudenziale solo con riferimento alla sua posizione, per poi riconfermare il suo indirizzo.
La censura è infondata, atteso che dalla lettura del ricorso non risulta neppure che i precedenti che il ricorrente indica come favorevoli alla sua impostazione difensiva abbiano riguardato degli impiegati che, come lui, in base all’accertamento dei giudici di merito, non svolgevano attività presso un cantiere e non si spostavano da un luogo di lavoro a un altro.
Infatti, deve essere chiarito che la pronuncia qui contestata è conforme alla contrattazione collettiva nazionale.
L’art. 15 del CCNL del 2010, intitolato ‘Mezzi di trasporto’, stabilisce che ‘Il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore un efficiente mezzo di trasporto, ove richiesto per il normale disimpegno delle mansioni affidategli. Qualora il mezzo di trasporto non sia fornito dal datore di lavoro ma dal lavoratore stesso questi ha diritto, a titolo di rimborso spese, ad una indennità pari alla tariffa ACI prevista per la fascia di percorrenza più bassa. Una indennità, pari ad 1/5 del costo di un litro di benzina super per chilometro percorso, compete anche agli impiegati qualora prestino la propria opera nei cantieri ed usino mezzi di trasporto propri per raggiungere il posto di lavoro dal centro di raccolta (v. art. 54 – Parte operai)’.
A sua volta, l’art. 54, intitolato ‘Centri di raccolta – Mezzi di trasporto Rimborso chilometrico’, chiarisce che ‘L’azienda è tenuta a provvedere ai mezzi di trasporto per il raggiungimento dei luoghi di lavoro, ove la distanza sia superiore a 2 chilometri dal centro di raccolta la cui ubicazione è stabilita dall’azienda, d’intesa con le Organizzazioni sindacali territorialmente competenti. Il centro di raccolta è di norma individuato il più vicino possibile al posto di lavoro, tenendo conto della situazione della viabilità pubblica e della provenienza dei lavoratori. L’individuazione del centro raccolta deve essere comunque funzionale a ridurre al minimo il disagio dei lavoratori ed a salvaguardare l’economicità dell’azienda. Qualora l’azienda non provveda a quanto previsto dal 1° comma del presente articolo, al lavoratore che usa mezzi di trasporto propri spetta un rimborso pari ad 1/5 del costo della benzina super per chilometro percorso dal singolo centro di raccolta al luogo di lavoro. Ove la distanza dal centro di raccolta non sia interamente percorribile con mezzi di trasporto, l’orario di lavoro ha inizio dalla fermata dei mezzi medesimi. In virtù di quanto stabilito dal 1° comma del presente articolo, le parti si danno atto che il rimborso chilometrico di cui al 4° comma costituisce mera restituzione di somme anticipate dal lavoratore per conto del datore di lavoro’.
L’art. 15 è collocato nella ‘Parte comune del CCNL, mentre l’art. 54 è collocato nella ‘Parte operai’.
La lettera e la logica delle disposizioni in esame, alla luce del loro posizionamento all’interno dell’accordo sindacale in questione, chiariscono che vi è una differenza fra la posizione degli operai e quella degli impiegati e che, qualora il mezzo di trasporto non sia fornito dal datore di lavoro, ma dal lavoratore stesso questi, se impiegato e non operaio, ha diritto, a titolo di rimborso spese, ad una indennità pari ad 1/5 del costo di un litro di benzina super per chilometro percorso, purché presti la sua opera nei cantieri ed usino mezzi di trasporto propri per raggiungere il posto di lavoro muovendosi dal centro di raccolta.
5) Il ricorso è rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘Gli artt. 15 e 54 del CCNL per i dipendenti addetti ad attività di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria del 7 dicembre 2010 vanno interpretati nel senso che, qualora il mezzo di trasporto non sia fornito dal datore di lavoro, ma dal lavoratore stesso questi, se impiegato e non operaio, ha diritto, a titolo di rimborso spese, ad una indennità pari ad 1/5 del costo di un litro di benzina super per chilometro percorso, purché presti la sua opera nei cantieri ed usi mezzi di trasporto propri per raggiungere il posto di lavoro dal centro di raccolta di cui al menzionato art. 54’.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 3 .000,00 per compenso e in € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 6