Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17719 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28969-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 91/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 29/04/2020 R.G.N. 221/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Ripetizione indebito
R.G.N.28969/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 30/04/2025
CC
La Corte d’appello di Ancona confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di Novara Claudio volta ad accertare che l’Inps non potesse ripetere, siccome non pagate indebitamente, le somme corrispostegli a titolo di indennità di mobilità anticipata.
Secondo la Corte, l’indennità non spettava poiché Novara, seppur aveva intrapreso un’attività di lavoro autonomo, era stato poi assunto con contratto di lavoro subordinato entro i successivi 24 mesi dalla corresponsione dell’indennità.
Avverso la sentenza Novara Claudio ricorre per un motivo.
L’Inps resiste con controricorso.
All’esito dell’odierna udienza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso, NOME NOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art.7, co.5 l. n.223/91. Sostiene che, essendo stata l’attività di lavoro autonomo effettivamente intrapresa, si giustifica la corresponsione dell’indennità di mobilità anticipata, a prescindere dal fatto che poi egli avesse concluso un contratto di lavoro subordinato nel termine di 24 mesi di cui alla citata norma.
Il motivo è infondato, sebbene non inammissibile ai sensi dell’art.360 -bis, n.1 c.p.c., come invece sostiene l’Inps, poiché i precedenti citati dall’Istituto non riguardano la fattispecie in questione ovvero: attività di lavoro
autonomo intrapresa effettivamente per meno di 24 mesi e assunzione con contratto di lavoro subordinato all’esito della stessa ed entro i successivi 24 mesi dalla corresponsione dell’indennità di mobilità anticipata.
Ebbene, disponeva l’art.7, co.5 l. n.223/91, poi abrogato dalla l. n.92/12, che i lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta ‘ per intraprendere un ‘ attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità ‘ possono ottenere la corresponsione anticipata dell ‘ indennità di mobilità. La stessa va restituita se nei ventiquattro mesi successivi a quello della corresponsione, il lavoratore assume un ‘ occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato o in quello pubblico.
Come sostenuto ripetutamente da questa Corte, l’indennità di mobilità anticipata non ha carattere previdenziale e non mira a far fronte a uno stato di bisogno, ma rappresenta un contributo finanziario destinato a far fronte alle spese iniziali di un ‘ attività svolta in proprio dal lavoratore in mobilità (da ultimo, Cass.389/24; v. anche C. Cost. n.38/24 ). L’indennità mira a supportare economicamente un’attività di lavoro autonomo affinché il lavoratore fuoriesca dalle liste di mobilità e dal bisogno di un’oc cupazione lavorativa subordinata (v. Cass.17174/16).
Il legislatore ha posto un termine -24 mesi -affinché lo scopo di ottenere la fuoriuscita dal mercato del lavoro e quindi dallo stato di bisogno del soggetto iscritto alle liste di mobilità correlato alla disoccupazione e alla necessità di reperire un rapporto di lavoro subordinato, possa dirsi soddisfatto.
Come reputato da questa Corte (Cass.17174/16), l’art.7, co.5 l. n.223/91 ha voluto differenziare il caso del lavoratore che – pur avendo tentato seriamente di intraprendere un’attività lavorativa autonoma- sia stato costretto successivamente a tornare ad occupazioni di lavoro subordinato; il legislatore, nell ‘ esercizio del suo potere discrezionale, ha ritenuto di prevedere, da un lato, che in caso di rioccupazione alle altrui dipendenze entro 24 mesi dalla corresponsione delle somme in parola, il lavoratore che abbia usufruito dell ‘ anticipazione debba restituirla; dall ‘ altro, che tale obbligo non sussista più una volta decorso tale lasso di tempo, ritenendo evidentemente che esso sia indicativo della serietà del tentativo del lavoratore stesso di intraprendere un’attività di lavoro autonomo.
Nel caso di specie si è avuto non solo il tentativo, ma anche l’effettiva intrapresa di un’attività di lavoro autonomo. Ciò non toglie che, la ratio della corresponsione dell’indennità di mobilità anticipata sia venuta meno, poiché, come detto, essa suppone che il soggetto esca definitivamente dallo stato di bisogno correlato alla disoccupazione e alla necessità di reperire un rapporto di lavoro subordinato; e tale definitiva fuoriuscita corrisponde al periodo di 24 mesi. Se entro tale data il lavoratore viene riassunto con contratto di lavoro subordinato, ciò significa che, a prescindere dalla temporanea attività di lavoro autonomo, l ‘obiettivo legislativo sotteso a ll’indennità anticipata non è stat o soddisfatto, non essendo cessato lo stato di bisogno legato alla disoccupazione e non essendo il lavoratore mai uscito definitivamente dall’area del lavoro subordinato. L ‘indennità anticipata diviene così priva di
titolo giuridico, mentre è dovuta l’indennità di mobilità dell’art.7, co.1 l. n.223/91, a fronte dello stato di bisogno ex art.38 Cost. correlato alla situazione di disoccupazione.
Conclusivamente il ricorso va respinto, essendosi la sentenza attenuta al suesposto principio, con condanna alle spese di lite secondo soccombenza.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 30.4.25