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Indennità di mobilità anticipata: quando va restituita

La Cassazione ha stabilito che l’indennità di mobilità anticipata deve essere restituita se il lavoratore, pur avendo avviato un’attività autonoma, accetta un lavoro subordinato entro 24 mesi. L’obiettivo della norma è l’uscita definitiva dal bisogno di lavoro dipendente, obiettivo non raggiunto in questo caso.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di Mobilità Anticipata: Restituzione Obbligatoria se si Torna Dipendenti

L’indennità di mobilità anticipata rappresenta un importante strumento per incentivare i lavoratori a intraprendere un’attività autonoma. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini precisi di questo beneficio, chiarendo in quali circostanze la somma ricevuta debba essere restituita all’ente previdenziale. Il caso analizzato riguarda un lavoratore che, dopo aver avviato la propria attività, ha accettato un contratto di lavoro subordinato entro il termine di 24 mesi.

I Fatti del Caso: Dall’Attività Autonoma alla Nuova Assunzione

Un lavoratore, dopo aver perso il proprio impiego, richiedeva e otteneva dall’ente previdenziale la liquidazione in un’unica soluzione dell’indennità di mobilità anticipata. Lo scopo era quello di avviare un’attività lavorativa in proprio. Effettivamente, il lavoratore intraprendeva tale attività autonoma.

Tuttavia, prima che fossero trascorsi 24 mesi dalla corresponsione dell’indennità, lo stesso lavoratore veniva assunto con un contratto di lavoro subordinato.

Di conseguenza, l’ente previdenziale richiedeva la restituzione dell’intera somma anticipata, sostenendo che la finalità della norma non era stata rispettata. Il lavoratore si opponeva, ritenendo che il solo fatto di aver genuinamente avviato l’attività autonoma fosse sufficiente a consolidare il suo diritto a trattenere l’importo. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione all’ente, portando il lavoratore a ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica: Interpretazione della Norma sull’Indennità

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 7, comma 5, della Legge n. 223/1991 (norma oggi abrogata ma applicabile ai fatti di causa). Tale disposizione prevedeva che l’indennità dovesse essere restituita qualora il lavoratore, entro 24 mesi, avesse trovato una nuova occupazione alle dipendenze di terzi, sia nel settore pubblico che privato.

Secondo il ricorrente, la norma doveva essere interpretata nel senso che l’obbligo di restituzione non sussistesse se l’attività autonoma fosse stata effettivamente e seriamente intrapresa, a prescindere da successive vicende lavorative. L’ente previdenziale, al contrario, sosteneva che la condizione risolutiva fosse oggettiva: la rioccupazione come dipendente entro 24 mesi comporta automaticamente la perdita del beneficio.

L’Obbligo di Restituire l’Indennità di Mobilità Anticipata

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito la natura e lo scopo del beneficio in questione. L’indennità di mobilità anticipata non ha carattere previdenziale, cioè non serve a sopperire a uno stato di bisogno immediato, ma è un contributo finanziario finalizzato a sostenere le spese iniziali per l’avvio di un’attività autonoma.

L’obiettivo del legislatore è quello di favorire la fuoriuscita definitiva del lavoratore dal mercato del lavoro subordinato e dallo stato di disoccupazione. Il termine di 24 mesi è stato posto come periodo di ‘verifica’ per accertare che questo obiettivo sia stato raggiunto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che la ratio della norma è quella di differenziare il caso del lavoratore che riesce a rendersi autonomo in modo stabile da quello che, pur avendo tentato, è costretto a tornare a un lavoro dipendente. Se un lavoratore viene riassunto entro 24 mesi, significa che, a prescindere dalla temporanea esperienza autonoma, l’obiettivo legislativo di uscita permanente dal bisogno di un’occupazione subordinata non è stato raggiunto.

L’effettiva intrapresa dell’attività autonoma è un presupposto necessario per ottenere il beneficio, ma non è sufficiente a renderlo definitivo. La condizione risolutiva prevista dalla legge – la nuova occupazione come dipendente entro 24 mesi – opera oggettivamente. Il verificarsi di tale condizione rende l’erogazione anticipata priva del suo titolo giuridico, facendo venir meno la sua causa giustificatrice. Di conseguenza, il lavoratore è tenuto alla restituzione delle somme percepite, mentre conserva il diritto all’indennità di mobilità ordinaria per il periodo di disoccupazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito un principio chiaro: l’indennità di mobilità anticipata deve essere restituita se il beneficiario accetta un lavoro subordinato entro 24 mesi dall’erogazione. Non rileva che un’attività autonoma sia stata effettivamente avviata. Questa decisione sottolinea che il beneficio è un incentivo condizionato al successo del progetto di autoimpiego, inteso come capacità di rendersi economicamente indipendenti dal lavoro dipendente per un periodo di tempo considerato congruo dal legislatore. I lavoratori che intendono usufruire di tale agevolazione devono essere consapevoli di questo vincolo temporale e delle conseguenze di una rioccupazione subordinata.

Devo restituire l’indennità di mobilità anticipata se avvio un’attività autonoma ma poi vengo assunto come dipendente?
Sì, se l’assunzione come lavoratore subordinato avviene entro 24 mesi dalla data in cui hai ricevuto l’indennità, sei tenuto a restituirla, anche se hai effettivamente avviato un’attività autonoma in quel periodo.

Qual è lo scopo principale dell’indennità di mobilità anticipata secondo la Cassazione?
Lo scopo non è solo quello di finanziare l’avvio di un’attività, ma di consentire al lavoratore di uscire in modo definitivo dallo stato di disoccupazione e dalla necessità di cercare un lavoro subordinato. Il periodo di 24 mesi serve a verificare il raggiungimento di questo obiettivo.

Il solo fatto di aver tentato seriamente di avviare un’attività autonoma è sufficiente per non dover restituire l’indennità?
No. Secondo la Corte, anche se il tentativo è stato serio e l’attività è stata effettivamente avviata, la successiva assunzione come dipendente entro 24 mesi fa venir meno la ragione del beneficio, determinando l’obbligo di restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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