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Indennità di mobilità anticipata: quando va restituita?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità di mobilità anticipata deve essere integralmente restituita qualora il beneficiario, anziché avviare un’attività autonoma, instauri un rapporto di lavoro subordinato. La Corte ha chiarito che la natura di questo specifico beneficio è finanziare l’autoimprenditorialità, rendendolo incompatibile con il lavoro dipendente, anche se part-time e svolto presso una società di cui si è soci.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di mobilità anticipata: quando va restituita?

L’indennità di mobilità anticipata è uno strumento pensato per aiutare i lavoratori a reinventarsi professionalmente avviando un’attività in proprio. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i paletti stringenti per poter beneficiare di questo aiuto, confermando l’obbligo di restituzione totale in caso di assunzione come lavoratore dipendente. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti precisazioni fornite dai giudici.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, dopo aver ricevuto dall’Ente Previdenziale l’indennità di mobilità in forma anticipata e in un’unica soluzione, aveva instaurato un rapporto di lavoro subordinato. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che il datore di lavoro era una società di persone di cui lo stesso lavoratore era socio accomandante.

L’Ente Previdenziale, venuto a conoscenza della situazione, ha richiesto la restituzione integrale della somma erogata. La richiesta è stata accolta sia in primo grado che in appello. I giudici di merito hanno ritenuto che il beneficio non spettasse, poiché il lavoratore aveva intrapreso un’attività subordinata e non autonoma, come richiesto dalla normativa. Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo due tesi principali: primo, che non potesse essere considerato dipendente di una società di cui era socio; secondo, che il suo lavoro part-time fosse comunque compatibile con l’indennità, giustificando al massimo una restituzione parziale.

La Decisione della Cassazione sull’Indennità di mobilità anticipata

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello e l’obbligo di restituire l’intera somma percepita. La decisione si fonda su una netta distinzione tra le diverse tipologie di indennità e sulla finalità specifica del beneficio anticipato.

Le motivazioni

I giudici hanno innanzitutto smontato il primo motivo di ricorso, chiarendo un principio fondamentale del diritto societario: le società di persone sono soggetti di diritto distinti dai soci che le compongono. Di conseguenza, è pienamente compatibile che un socio, in questo caso accomandante, possa essere anche un lavoratore subordinato della stessa società. L’esistenza di un contratto di lavoro e l’ammissione dello svolgimento di mansioni subordinate da parte dello stesso lavoratore erano prove sufficienti per la Corte.

Il punto cruciale della motivazione, però, riguarda il secondo motivo. La Cassazione ha sottolineato la differenza sostanziale tra l’indennità di mobilità ‘ordinaria’ e l’indennità di mobilità anticipata. La prima (disciplinata dall’art. 8, l. n. 223/91) ha carattere previdenziale e serve a sostenere il reddito di un lavoratore in uno stato di bisogno; questa è compatibile, a certe condizioni, con un lavoro part-time. La seconda, invece (disciplinata dall’art. 7, co. 5, l. n. 223/91), non ha natura assistenziale ma è un contributo finanziario finalizzato esclusivamente a “intraprendere un’attività autonoma”.

Poiché il lavoratore ha intrapreso un’attività di lavoro subordinato, è venuto meno il presupposto giuridico stesso per la concessione del beneficio anticipato. L’attività svolta non era quella per cui il contributo era stato erogato. Di conseguenza, il diritto dell’Ente Previdenziale alla ripetizione integrale dell’indebito è pienamente fondato, in quanto il titolo per quella specifica erogazione era del tutto assente.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza che i benefici economici concessi dallo Stato sono legati a finalità precise che devono essere rigorosamente rispettate. L’indennità di mobilità anticipata non è un sostegno al reddito generico, ma un incentivo all’imprenditorialità. Chi la riceve e poi sceglie la strada del lavoro dipendente, anche se part-time o presso una società a cui partecipa, perde il diritto a trattenerla e deve restituire l’intera somma. Resta ferma la possibilità per il lavoratore, se ne ricorrono i presupposti, di richiedere l’indennità di mobilità ordinaria, ma si tratta di un percorso giuridico distinto e separato.

Un socio di una società di persone può essere anche un lavoratore dipendente della stessa società?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che le società di persone sono soggetti giuridici distinti dai singoli soci. Pertanto, è giuridicamente possibile che un socio (in questo caso, un socio accomandante) instauri un valido rapporto di lavoro subordinato con la società di cui fa parte.

L’indennità di mobilità anticipata è compatibile con un rapporto di lavoro subordinato part-time?
No. La Corte ha chiarito che l’indennità di mobilità anticipata è concessa per una finalità specifica: ‘intraprendere un’attività autonoma’. L’instaurazione di un qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, anche se part-time, fa venir meno il presupposto per il quale il beneficio è stato concesso, determinando l’obbligo di restituzione integrale.

Qual è la differenza tra ‘indennità di mobilità’ e ‘indennità di mobilità anticipata’?
L’indennità di mobilità ‘ordinaria’ è una prestazione previdenziale che mira a sostenere economicamente il lavoratore in uno stato di bisogno (ex art. 38 Cost.). L’indennità di mobilità anticipata, invece, non ha carattere previdenziale ma rappresenta un contributo finanziario per coprire le spese iniziali di un’attività svolta in proprio. Hanno quindi natura e finalità diverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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