SENTENZA CORTE DI APPELLO DI TRENTO N. 60 2025 – N. R.G. 00000031 2025 DEPOSITO MINUTA 16 12 2025 PUBBLICAZIONE 16 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. R.G. LAV 31/2025
La Corte d’Appello di Trento , Sezione per le CONTROVERSIE DI LAVORO, riunita in composizione collegiale nelle persone dei Signori Magistrati:
Dott.
NOME
NOME COGNOME
Presidente rel.
Dott.ssa
NOME
Gattiboni
Consigliere
Dott.ssa
NOME
COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile per le CONTROVERSIE DI LAVORO in grado di appello promossa con ricorso depositato come in atti ed iscritta a ruolo in data 12.06.2025 al n. 31/2025 R.G. LAVORO, promossa con ricorso d.d. 11.06.2025
di
TABLE
Rovereto (TN) ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo sito in Rovereto (TN), INDIRIZZO, come da mandato telematico in atti
PARTE APPELLANTE
CONTRO
(C.F.: -P. IVA in persona del legale rappresentante protempore, rappresentato e difeso anche disgiuntamente dall’ AVV_NOTAIO P. P.
TABLE
elettivamente domiciliato presso l’INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE dell’ delle INDIRIZZO, come da mandato telematico in atti.
PARTE APPELLATA- APPELLANTE INCIDENTALE
CONTRO
(C.F. , rappresentata e difesa dal’AVV_NOTAIO (C.F.: -indirizzo PEC: del Foro di Rovereto (TN) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, sito in Rovereto (TN), INDIRIZZO, come da mandato telematico in atti C.F. C.F.
PARTE APPELLATA INCIDENTALE
Oggetto : Altre controversie in materia di previdenza obbligatoria
Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti
CONCLUSIONI
DI PARTE APPELLANTE :
Voglia Ecc.ma Corte di Appello di Trento, in funzione di Giudice del Lavoro, rigettata ogni contraria e diversa istanza
-riformare la Sentenza n. 11/2025 pubbl. il 21/01/2025 RG n. 106/2023 del Tribunale di Trento Sezione Lavoro Dottor AVV_NOTAIO e così previa rinnovazione dell’istruttoria, accertare e dichiarare l’errata valutazione del Giudice di Prime cure circa il diritto dell’appellante e delle appellanti all’indennità di malattia ingiustamente negata dall’ ;
-condannare per l’effetto l’ appellato al pagamento in favore dell’appellante e delle appellanti degli importi dovuti a titolo di indennità di malattia, come indicati in narrativa o la maggiore o minore indennità ritenuta equa.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
DI PARTE APPELLATA-APPELLANTE INCIDENTALE
si chiede che l’Ecc. Corte di Appello di Trento Voglia:
-in accoglimento dell’appello incidentale , riformare parzialmente la sentenza n.11/2025 del 21.1.2025 del Tribunale di Trento al punto 1) e, per l’effetto, rigettare il ricorso presentato da Spese e competenze di causa rifuse.
-Respingere l’appello principale in quanto infondato in fatto e in diritto e non provato, spese e competenze di causa rifuse;
-respingere le istanze formulate dalle parti appellanti principali per le ragioni esposte in narrativa del presente atto; in subordine, in caso di ammissione, l’ chiede di essere ammesso alla prova contraria, indicando a teste uno dei medici legali in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE della sede Provinciale di Trento, riservandosi di indicare il nominativo in base alle disponibilità.
DI PARTE APPELLATA INCIDENTALE :
Voglia Ecc.ma Corte di Appello di Trento, in funzione di Giudice del Lavoro, rigettata ogni contraria e diversa istanza, rigettare l’appello proposto e confermare integralmente l’impugnata sentenza.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con ricorso del 12.06.2025, e gli altri lavoratori in atti indicati hanno presentato appello avverso la sentenza del Tribunale ordinario di Trento, Sezione
Lavoro, avente cron. n. 11/2025, pubblicata il 21.01.2025, relativa al procedimento sub. R.G. 106/2023 1 per chiedere l’accoglimento delle conclusioni sopra indicate.
A sostegno del ricorso ha dedotto:
che il primo Giudice ha errato nell’interpretare il disposto dell’art. 26 del D.L. n. 18/2020, tenendo distinte le ipotesi di semplice quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria da quelle di malattia conclamata da COVID-19 (accogliendo, di fatto, le argomentazioni addotte dall’ ). In base a tale interpretazione, infatti, i lavoratori positivi al COVID-19, ma asintomatici, sono stati ricondotti alla quarantena, con esclusione (per effetto della scadenza normativa) della tutela economica dopo il 31.12.2021, a differenza dei lavoratori sintomatici che, invece, hanno potuto beneficiare della disciplina generale della malattia. Tale lettura, ribadita nei messaggi interni dell’ e recepita dalla sentenza appellata, sarebbe restrittiva ed erronea in quanto la normativa originaria non prevedeva alcuna distinzione tra soggetti sintomatici e asintomatici, mirando a garantire una protezione uniforme ai lavoratori contagiati.
L’erronea interpretazione dell’art. 26 del D.L. n. 18/2020: il Tribunale, infatti, ha introdotto una distinzione tra lavoratori sintomatici e asintomatici, non prevista dalla legge. La normativa, infatti, attribuisce rilevanza alla sola positività al virus, con conseguente impossibile svolgimento dell’attività lavorativa, indipendentemente dalla presenza o meno di sintomi. La motivazione fornita dal primo Giudice, oltre a contraddire il dato letterale della norma, integrerebbe una violazione del principio di uguaglianza, in quanto genererebbe ingiustificate disparità di trattamento tra chi può lavorare in
1 Tribunale ordinario di Trento, Sezione Lavoro, con sentenza n 11/2025 pubblicata il 21.01.2025 così decideva:
‘ 1. Accoglie la domanda proposta dalla ricorrente e, di conseguenza, condanna l’ a erogare le corrispondenti prestazioni, con gli interessi legali decorrenti dal 121° giorno successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo e con il maggior danno da svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus fino ad oggi, ed il saggio legale degli interessi. 2. Rigetta le domande proposte dai ricorrenti , , e
3. Dispone l’integrale compensazione delle spese tra le parti ‘.
modalità di lavoro agile e chi non può, nonché tra i lavoratori indennizzati dal datore di lavoro e quelli indennizzati dall’ .
Vi sarebbe un contrasto del provvedimento impugnato con l’impianto normativo e di prassi vigente (l’art. 4 D.L. n. 24/2022, la Circolare del Ministero della Salute n. 19680 del 30 marzo 2022 e il Protocollo Nazionale anticontagio, che imponevano l’isolamento dei soggetti risultati positivi al virus) , ma anche con la stessa giurisprudenza di legittimità. In particolare, si contesta l’erronea interpretazione, da parte del Tribunale, delle causali (‘positività al COVID -19), ‘infezione da coronavirus’, ‘isolamento da COVID’) riportate nei certificati medici dei lavoratori risultati positivi al COVID-19 nei primi mesi del 2022, riconducendo le diciture alla disciplina di cui all’art. 26 comma 1 del decreto c.d. Cura Italia, che equipara il periodo di quarantena alla malattia, ma solo fino al 31/12/2021, con conseguente esclusione del riconoscimento all’indennità di malattia per tutti i periodi successivi a tale data.
La sentenza impugnata contrasterebbe anche con la giurisprudenza di merito e di legittimità, che non distinguerebbe tra soggetto sintomatico e asintomatico, disponendo l’allontanamento dal lavoro sulla base della semplice esistenza di una vera e propria malattia ai fini previdenziali. Ne discende che, anche il lavoratore asintomatico, la cui malattia risulti da un certificato medico, deve essere sottoposto al medesimo trattamento previsto per qualsiasi altra malattia in senso clinico e giuridico, con conseguente nascita del diritto alla relativa indennità.
Infine, non sarebbe imputabile ai ricorrenti la responsabilità derivante da eventuali lacune nei certificati medici, in quanto trattasi di omissioni eventualmente imputabili esclusivamente al medico, con esclusione di qualsiasi possibile ricaduta sul diritto all’indennità di malattia.
Con il terzo motivo di appello, parte appellante insiste sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria ai sensi dell’art. 437 c.p.c, ritenuta indispensabile per escutere i medici di base che hanno redatto i certificati medici prodotti in giudizio. A tal fine indica tali testimonianze quale unico mezzo idoneo a chiarire
se i medici fossero tenuti a riportare la sintomatologia dei pazienti positivi al tampone.
Con decreto del 17.06.2025 la Corte ha indicato la data dell’11.12.2025 quale data di udienza, assegnando alle parti termine per brevi memorie.
Con decreto del 06.08.2025 la Corte d’Appello ha disposto la sostituzione dell’udienza a norma dell’art. 127 -ter, indicando la precedente data di udienza quale termine virtuale per il deposito di note scritte.
Con atto del 19.07.2025 l’ si è costituito in giudizio , formulando le conclusioni sopra indicate. Oltre ad aver puntualmente argomentato le motivazioni del domandato rigetto dell’appello princip ale, l’ ha presentato appello incidentale autonomo nella parte in cui la sentenza ha accolto la domanda di . Avverso tale capo della sentenza ha indicato quale unico motivo di appello incidentale l’erronea applicazione, da parte del Tribunale, della normativa di riferimento. Il giudice di primo grado, infatti, ha fondato il riconoscimento dell’indennità di malattia sulla mera durata della certificazione medica, anziché sulla diagnosi riportata al momento del rilascio del certificato. In particolare, la successiva precisazione del medico certificatore (datata 30/05/2022) non poteva , secondo l’ , retroagire né integrare la prognosi originaria, che costituisce l’unico parametro valutativo vincolante. Secondo l’ le circolari ministeriali richiamate dal primo giudice avrebbero la natura di mere raccomandazioni (prive di forza normativa), mentre la disciplina primaria vigente (art. 26, comma 6, D.L. 18/2020 e l’art. 16, comma 6, L. 412/1991) circoscriverebbe la tutela ai soli casi di COVID sintomatico. Pertanto, la sintomaticità non può essere desunta dalla durata complessiva degli eventi certificati, ma deve risultare espressamente dalla diagnosi medica.
Con atto del 27.11.2025 si è costituita in giudizio , chiedendo il rigetto dell’appello proposto e la conferma integrale della sentenza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va prima di tutto decisa la questione processuale relativa alla tempestività dell’appello incidentale. La relativa eccezione è destituita di fondamento; è la stessa difesa che eccepisce la tardività dell’appello incidentale a indicare come data di pubblicazione
della sentenza quella del 21.01.2025 e come data di proposizione dell’appello quella del 18.07.2025.
Orbene, ai sensi dell’art. 327 c.p.c. l’appello non può proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, ma nel caso di specie i sei mesi non sono passati, per cui l’appello non può dirsi tardivo.
Quanto al termine breve per l’impugnazione, che l’art. 325 c.p.c. quantifica in 30 giorni, occorre rilevare che parte appellante non ha dato prova dell’avvenuta notifica , da cui decorre il termine suddetto.
Deve pertanto ritenersi infondata l’eccezione di tardività dell’appello incidentale, che configura peraltro un appello autonomo, in quanto diretto contro una parte che non aveva appellato.
Ciò premesso, occorre passare al merito delle questioni sollevate con l’appello principale.
Non è condivisibile l’interpretazione dell’art. 26 del d.l. 18/2020 propugnata dagli appellanti; la norma è chiara nel distinguere tra i lavoratori in quarantena con sorveglianza attiva (co. I) e i lavoratori in malattia da COVID 19 (co. VI) e nel limitare l’equiparazione dei primi ai secondi (sotto il profilo economico del trattamento di malattia) solo fino al 31 dicembre 2021. Se così non fosse, non avrebbe senso la previsione differenziata dei commi I e VI (solo il primo dei quali prevede una limitazione temporale), con la conseguenza che il comma I non può che riferirsi ad ipotesi diverse dalla malattia, già ‘coperta’ dal comma VI. Peraltro, il fatto stesso che la norma dica che il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19) dai lavoratori dipendenti del settore privato è equiparato a malattia, significa che si tratta di qualcosa di diverso dalla malattia stessa, perché l’equiparazione ha proprio lo scopo di applicare una disciplina prevista per un diverso caso.
Dunque, appare del tutto corretta l’interpretazione fatta propria dal giudice di primo grado, che qui si conferma. La previsione normativa supera tutte le argomentazioni di parte relative al fatto che il COVID asintomatico possa o meno considerarsi malattia, giacchè è la norma stessa ad escluderlo implicitamente, come si è detto.
Va detto, ancora, che non vi è disparità di trattamento tra lavoratori in smart working e lavoratori in settori non smartabili, perché la disparità di trattamento, per avere un rilievo giuridicamente apprezzabile, deve riguardare situazioni analoghe, mentre è evidente che i due tipi di lavoratori non si trovano nella stessa situazione; pertanto, siamo di fronte ad effetti diversi per categorie diverse di lavoratori e ad effetti uguali per lavoratori che si trovano in situazioni analoghe. Va poi detto che il lavoratore in smart in caso di COVID può percepire lo stipendio, ma solo se lavora, mentre il lavoratore in quarantena con lavoro non smartabile non percepisce lo stipendio, ma non lavora ed ha comunque diritto alla conservazione del posto. E’ evidente, pertanto, che le due situazioni non sono né uguali, né analoghe.
Infine, va detto che le norme in esame sono state dettate dall’eccezionalità del fenomeno virale che ha colpito tutto il mondo e che ha richiesto sforzi e sacrifici per tutti, per cui non si può dire affatto che la normativa richiamata sia illogica o irragionevole.
La parte appellante ha chiesto di rinnovarsi l’istruttoria, indicando a prova testimoniale la seguente circostanza: ‘ rispetto al certificato medico, Lei aveva l’obbligo di indicare la sintomatologia del lavoratore risultato positivo al tampone ?’; a testi i medici curanti degli appellanti. Il capo di prova è pacificamente inammissibile; in primo luogo, perché contiene un giudizio non sottoponibile al teste e non una circostanza fattuale. In secondo luogo, perché attiene alla interpretazione di una norma giuridica (se sia obbligatorio indicare la sintomatologia), attività evidentemente riservata al giudice e non sottoponibile al vaglio testimoniale. In terzo luogo, perché i medici sarebbero chiamati ad interpretare una norma dalla quale potrebbe derivare una loro responsabilità per omissione nei confronti dei pazienti.
La prova richiesta, pertanto, non può essere ammessa.
All’infondatezza dell’appello principale non può che conseguirne il rigetto, con la condanna alle spese della parte soccombente.
Anche l’appello dell’ è infondato e, come tale, va respinto.
Il giudice di primo grado ha ben spiegato le ragioni per cui ha ritenuto che la fosse da considerare in malattia, argomentando dal fatto che una prognosi di 20 giorni era incompatibile con una positività asintomatica, che prevedeva una ‘prognosi’ di dieci giorni, con somministrazione finale del test di verifica. Il medico, cioè, nel prescrivere un’assenza dal lavoro per venti giorni non può che aver rilevato una malattia di durata superiore al periodo di isolamento; circostanza, peraltro, confermata dallo stesso medico, che in data 30.05.2022 aveva confermato la presenza di sintomatologia respiratoria e febbre. Ne consegue che anche l’appello dell’ deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando,
rigetta l’appello principale e l’appello incidentale dell’ .
Condanna gli appellanti a rimborsare all’ le spese processuali, liquidate in complessivi € 5.664,00, oltre 15 % per spese generali, i.v.a. qualora dovuta e c.p.a. come per legge;
Condanna l’ a rimborsare a le spese processuali, liquidate in complessivi € 2.626,00, oltre 15 % per spese generali, i.v.a. qualora dovuta e c.p.a. come per legge;
Così deciso in Trento nella camera di consiglio dell’11.12.2025
Il presidente relatore
NOME COGNOME