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Indennità di funzione: quando spetta al dirigente?

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un dirigente a ricevere una indennità di funzione per aver svolto mansioni aggiuntive di CFO, anche per il periodo precedente al formale riconoscimento economico. La sentenza stabilisce che lo svolgimento effettivo di compiti di maggiore responsabilità giustifica una retribuzione supplementare, superando il principio di onnicomprensività dello stipendio quando la stessa azienda, in un secondo momento, istituisce un compenso specifico per tale incarico.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di Funzione Dirigenziale: Quando il Riconoscimento è Retroattivo

L’attribuzione di nuove e più gravose responsabilità a un dirigente solleva spesso una questione cruciale: è dovuta una remunerazione aggiuntiva? E se l’azienda riconosce un’indennità di funzione solo dopo un certo periodo di tempo, il lavoratore ha diritto a riceverla anche per il passato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9246/2025) offre chiarimenti fondamentali, stabilendo che la sostanza delle mansioni svolte prevale sulla formalizzazione del compenso.

Il Caso: Dalle Mansioni Aggiuntive alla Causa Legale

La vicenda riguarda un dirigente di un’importante società che, a partire da febbraio 2018, si è visto assegnare le complesse funzioni di Chief Financial Officer (CFO) in aggiunta al suo ruolo preesistente di direttore del controllo di gestione. Per un intero anno, il dirigente ha svolto il doppio incarico senza ricevere un compenso specifico per le nuove responsabilità.

Solo a partire da febbraio 2019, l’azienda ha formalizzato il riconoscimento di un’indennità mensile di 2.350 euro per l’incarico di CFO. Ritenendo di aver diritto a tale compenso anche per il primo anno di attività, il dirigente ha agito in giudizio ottenendo un decreto ingiuntivo. La società si è opposta, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Tesi dell’Azienda: una Retribuzione Onnicomprensiva

L’azienda ricorrente sosteneva che la retribuzione originariamente pattuita con il dirigente fosse “onnicomprensiva”, ovvero tale da coprire qualsiasi attività svolta a favore della società e delle altre aziende del gruppo. Secondo questa visione, l’assegnazione delle mansioni di CFO non avrebbe dovuto generare alcun diritto a un compenso aggiuntivo, almeno fino al momento del suo formale riconoscimento.

La Valutazione della Corte sulla corretta indennità di funzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si è basato su principi cardine dell’interpretazione contrattuale e del diritto del lavoro.

I giudici hanno sottolineato che l’interpretazione di un accordo non può limitarsi al mero senso letterale delle parole, ma deve tenere conto della “causa concreta” del contratto e della volontà effettiva delle parti, interpretata secondo buona fede. Nel caso di specie, la stessa decisione dell’azienda di riconoscere, a un certo punto, una specifica indennità di funzione per il ruolo di CFO è stata vista come una prova implicita che tali mansioni non erano considerate ricomprese nella retribuzione originaria.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato i fatti e gli accordi tra le parti. La motivazione si fonda su due pilastri principali.

In primo luogo, l’assegnazione delle mansioni di CFO, in concomitanza con il mantenimento delle precedenti, ha determinato un oggettivo e significativo aumento di responsabilità. Questo squilibrio giustifica l’applicazione dell’articolo 36 della Costituzione, che sancisce il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato. L’identità dei compiti svolti dal dirigente rispetto a quelli del precedente CFO e il riconoscimento successivo di un’indennità hanno confermato che si trattava di un incarico ulteriore e meritevole di un compenso specifico.

In secondo luogo, il ricorso dell’azienda è stato giudicato inammissibile perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, proponendo un’interpretazione alternativa a quella, logica e ben motivata, dei giudici di merito. La Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se quest’ultima è esente da vizi logici o violazioni di legge. L’azienda, avendo essa stessa istituito un’indennità, ha implicitamente smentito la propria tesi della retribuzione onnicomprensiva, rendendo la pretesa del dirigente fondata per tutto il periodo in cui l’incarico è stato effettivamente svolto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel rapporto di lavoro, la realtà fattuale prevale sulle formalizzazioni. Per le aziende, ciò significa che l’assegnazione di compiti aggiuntivi e di maggiore responsabilità a un dipendente, specialmente a un dirigente, comporta il rischio concreto di dover riconoscere un compenso supplementare, anche retroattivamente. Non è possibile affidarsi al principio di onnicomprensività dello stipendio se poi, con atti successivi, si riconosce la specificità e il valore economico di tali nuove mansioni.

Per i lavoratori, la decisione conferma che il diritto a una giusta retribuzione è legato all’effettivo contenuto della prestazione lavorativa. Qualora vengano assegnate funzioni che eccedono qualitativamente e quantitativamente quelle pattuite, è legittimo richiedere un adeguamento economico, e il successivo riconoscimento da parte del datore di lavoro può costituire una prova decisiva a sostegno di tale richiesta.

Se svolgo mansioni aggiuntive di maggiore responsabilità, ho diritto a un compenso extra anche se non è stato subito formalizzato per iscritto?
Sì. Secondo la sentenza, lo svolgimento effettivo di compiti che comportano un aumento di responsabilità giustifica una retribuzione aggiuntiva. Il successivo riconoscimento formale di una indennità da parte dell’azienda può confermare retroattivamente questo diritto per tutto il periodo in cui le mansioni sono state svolte.

Il datore di lavoro può negare un compenso aggiuntivo invocando il principio di “onnicomprensività della retribuzione”?
Non sempre. La Corte ha stabilito che questo principio non è applicabile se la stessa azienda, con un atto successivo, riconosce una specifica indennità di funzione per le mansioni aggiuntive. Questo comportamento, infatti, dimostra che l’azienda stessa non considerava tali compiti inclusi nella retribuzione originaria.

Perché la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda?
La Corte ha respinto il ricorso perché lo ha ritenuto un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità. I giudici hanno considerato logica e corretta l’interpretazione della Corte d’Appello, che aveva basato la sua decisione sulla reale volontà delle parti e sull’effettivo svolgimento delle mansioni, ritenendola immune da violazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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