Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1475 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1475 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3076-2018 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE UMBRIA 1 (già Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria – USL N. 2), in persona del Direttore Generale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 3076/2018 Cron. Rep. Ud. 19/12/2023 CC
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 153/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 18/07/2017 R.G.N. 184/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
l a Corte d’appello di Perugia, accogliendo il gravame proposto avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha rigettato la domanda con cui NOME COGNOME, dirigente medico presso l’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria 1 (di seguito ASL), aveva chiesto riconoscersi il suo diritto a vedersi attribuire un incarico dirigenziale di natura professionale ex art. 27 lett. c) c.c.n.l. (quadriennio 1998-2001 Dirigenza medica e veterinaria SSN del 8.6.2000) nonché a percepire l’indennità di esclusività nella misura propria dei medici positivamente valutati dopo il primo quinquennio di lavoro;
la Corte territoriale riteneva che non esistesse un automatismo in materia di conferimento di incarichi professionali e che il dirigente medico, pur con anzianità quinquennale positivamente valutata, non fosse titolare di un diritto soggettivo a riguardo;
quanto all’incremento dell’indennità di esclusività, osservava che fosse ostativo al riconoscimento di quel diritto il blocco stipendiale disposto dall’art. 9, co mma 1, d.l. 78/2010, e ciò in quanto ad esso erano sottratti soltanto gli ‘eventi straordinari della dinamica retributiva’, cui non poteva riportarsi la situazione del Gallo, in quanto
l’emolumento era destinato normalmente ad aumentare al raggiungimento della maggiore anzianità di servizio, cui la valutazione favorevole del collegio tecnico ineriva come mera condizione di esigibilità, né vi era stato un diverso incarico di dirigenza di struttura semplice o altro incarico aggiuntivo;
la sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME con tre motivi, resistiti da controricorso della ASL illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo denuncia ex art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 4, e dell’art. 15 -ter, comma 4, del d. lgs. 502/1992; si fa leva sulle modifiche apportate all’art. 15, co. 4, cit. dall’art. 8 d.lgs. 254/2000 che, sostit uendo la precedente dizione (‘possono essere attribuite’) con quella nuova (‘sono attribuite funzioni’), avrebbe con ciò evidenziato la portata non discrezionale, ma obbligatoria, del conferimento quanto meno dell’incarico di alta professionalità o ‘assimilati’ di cui all’art. 27, lett. c) del CCNL 8.6.2000 cit., con regola che secondo il ricorrente sarebbe riaffermata dall’art. 15 -ter, co. 4, del d. lgs. 502/1992;
con il secondo mezzo, proposto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, co. 1, del d.l. 78/2010 e degli artt. 5-12 c.c.n.l. Dirigenza Medica 8.6.2000; si fa leva sull’assenza di automaticità del passag gio alla fascia superiore dell’indennità di esclusività, essendo esso condizionato dall’esito positivo della verifica del collegio tecnico sull’attività svolta, che si pone quale ‘evento straordinario’ della ‘dinamica retributiva’ a prescindere dalla concr eta attribuzione di incarichi ai sensi dell’art. 27 lett. C) CCNL 8.6.2000 (incarichi di alta professionalità);
la terza (ed ultima) censura, rubricata come omessa pronuncia su fatto decisivo ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., rileva come la ASL, smentendo il proprio impianto difensivo, con deliberazione n. 958/2014, ovverosia adottata in corso di causa (vedi memorie conclusionali del giudizio di primo grado), avesse conferito al ricorrente un incarico di ‘screening neoplasie gastrointestinali’, implicante lo svolgimento di ‘funzioni diverse rispetto a quelle di assunzione’, donde la riferibilità dell’incarico tra quelli di cui all’art. 27 lett. c) c.c.n.l. e la fondatezza anche della pretesa in ordine all’incremento dell’indennità di esclusività;
il primo motivo è infondato nel merito, potendosi nella specie fare applicazione dei principi espressi da questa Corte in fattispecie in parte sovrapponibile (Cass., Sez. L, nn. 11574 e 11575 del 3 maggio 2023), alle cui motivazione si fa richiamo anche ex art. 118 att. cod. proc. civ.;
nelle pronunce richiamate questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: «l’attribuzione ai dirigenti medici del Sistema Sanitario Nazionale che abbiano superato, con valutazione positiva del collegio tecnico, il quinquennio di attività, di un incarico di direzione di una struttura semplice o di un incarico di alta professionalità, consulenza, studio, ricerca, ispettivo, di verifica e controllo, secondo la contrattazione collettiva di tempo in tempo vigente, è condizionato dall’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo dell’ente quale fissato dall’atto aziendale, nonché della copertura finanziaria, e richiede inoltre il previo superamento delle forme di selezione regolate dalla contrattazione collettiva stessa»; ha quindi escluso che il dato testuale delle norme di legge sopra richiamate induca a una lettura tale per cui al compimento positivamente valutato
del quinquennio il dirigente medico abbia diritto, comunque, ad un incarico o di direzione di struttura semplice o di alta professionalità ed assimilati, di cui all’art. 27 CCNL 28.6.2000 -quadriennio 1998- 2001 lettere b) e c); del pari ha affermato non potesse in alcun modo predicarsi un’obbligatorietà di conferimento di certi incarichi, che non è nel dato normativo complessivamente inteso;
come d’altronde reso evidente dall’art. 15 -ter del d. lgs. n. 165/2001, il quale prevede che gli incarichi medico-dirigenziali siano attribuiti «compatibilmente con le risorse finanziarie a tal fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis»; ciò esclude -evitando anche irrazionali irrigidimenti organizzativi -che il numero degli incarichi sia necessariamente pari a quello dei medici valutati positivamente dopo il quinquennio, perché tutto dipende evidentemente dalle disponibilità finanziarie e dalle scelte organizzative -di merito -della P.A. di riferimento;
il motivo, nel suo complessivo impianto, non offre elementi per mutare l’orientamento della Corte, cui va data in questa sede continuità;
5. anche il secondo motivo non è fondato;
come affermato da Cass., Sez. L, nn. 10990 e 10994 del 26 aprile 2023, «l’indennità di esclusività di cui all’art. 15 -quater, comma 5 d.lgs. n. 502/1992, e successiva contrattazione collettiva di attuazione, spettante ai medici, nelle fasce superiori a quella base, per effetto del superamento del quinto e poi del quindicesimo anno di attività, con valutazione positiva del collegio di verifica, non è evento straordinario della dinamica retributiva e non si sottrae dunque al blocco stipendiale di cui all’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con mod. in legge n. 122/2010, ed all’art. 1, comma 1 lett a ), d.P.R. 122/2013 e ciò anche
nel caso in cui sia poi attribuito incarico di direzione di struttura semplice o di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo, ai sensi dell’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 502/1992 e dell’art. 27 lett. b) e c) del c.c.n.l. 8.6.2000, quadriennio 1998-2001, Area dirigenza medica e veterinaria del S.S.N., in quanto il riconoscimento dell’indennità predetta è autonomo rispetto al conferimento di tali incarichi e la misura del l’indennità non muta per il sopravvenire di essi»;
il terzo motivo è, invece, inammissibile;
va al riguardo ribadito, perché condiviso dal Collegio, il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui, qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. nn. 10510/2018, 27568/2017);
detto onere non è stato assolto dal ricorrente, il quale, nel formulare richiamo alla sola memoria difensiva di primo grado, non ha allegato se, e in quale atto processuale, egli ha riproposto alla Corte territoriale la questione in diritto relativa al conferimento del «nuovo e diverso incarico rispetto a quello di assunzione» (i.e., quello di ‘screening neoplasie gastrointestinali’ ), comportante accertamenti
in fatto (epoca del conferimento, natura dell’incarico ecc.) : questione non trattata (si noti) nella sentenza impugnata;
sotto altro concorrente profilo, il motivo si appalesa inammissibile perché mira a sottoporre a riesame l’accertamento in fatto esclusivamente riservato al giudice del merito, che ha escluso (v. pag. 6 sentenza impugnata) modifiche sostanziali delle attività svolte dal COGNOME («nel caso di specie non v’è stata attribuzione di uno degli incarichi in discorso , né il dott. COGNOME ha dedotto ed offerto di provare che dopo la maturazione del quinquennio le sue funzioni sono state sensibilmente modificate»);
il ricorso va, quindi, nel suo complesso, rigettato, con addebito delle spese di legittimità (liquidate in dispositivo) al ricorrente per la regola della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023.