Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16678 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16678 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12258-2018 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la SEDE DI RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE CAMPANIA, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2018
CC 09/05/2024
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avverso la sentenza n. 5781/2017 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 10/10/2017 R.G.N. 6110/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 10 ottobre 2017, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, confermava la decisione resa dal Tribunale di Torre Annunziata e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il riconoscimento in favore dell’istante, dipendente della predetta ASL con qualifica di collaboratore professionale sanitarioinfermiere, dell’indennità di coordinamento ex art. 10 del CCNL per il comparto Sanità relativo al biennio economico 2000/2001 per avere svolto di fatto ed in via esclusiva le relative funzioni;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non aver l’istante, cui incombeva il relativo onere, fornito la prova del possesso alla data del 31.8.2001 dei presupposti indicati dalla norma contrattuale, non valendo la nota prodotta ad attestare il rispetto dell’ iter amministrativo prescritto e ciò qualunque fosse stato l’inquadramento all’epoca posseduto dall’istante in categoria D o C, circostanza la cui mancata specificazione era di per sé idonea a dar conto della carente causa petendi , atteso che, nel primo caso, difettava il riconoscimento con atto formale
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dell’espletamento della funzione e nel secondo il riconoscimento di tale espletamento sulla base di una valutazione discrezionale dell’RAGIONE_SOCIALE;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE;
che la ricorrente ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 CCNL comparto Sanità biennio economico 2000/2001, 5, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, 2697 c.c. e 116 c.p.c., lamenta a carico della Corte territoriale l’erronea interpretazione della norma contrattuale invocata, essendo a suo dire, il riferimento all’atto formale relativo, non al conferimento della funzioni ma esclusivamente al successivo riconoscimento dell’effettivo e concreto esercizio delle medesime, cui ben poteva ritenersi idonea la nota prodotta, viceversa disconosciuta nella sua valenza probatoria;
che il motivo si rivela inammissibile non misurandosi le censure sollevate con l’ulteriore ratio decidendi data dalla mancata specificazione della qualifica posseduta dalla ricorrente alla data del 31.8.2000, risultando il dato essenziale ai fini della pretesa azionata, stante la diversità dei presupposti legittimanti il riconoscimento dell’indennità in parola in relazione all’appartenenza del dipendente alla predetta data alla categoria D o C;
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che, peraltro, rispetto alle già stigmatizzate carenze espositive, risulta, che la COGNOME, per quanto si evince dal controricorso (pag. 9) e anche la sentenza impugnata (che, pur avendo dato conto delle sopra evidenziate lacune fattuali, ha tuttavia impostato tutta la motivazione sul sistema previsto dal CCNL in sede di prima applicazione per i dipendenti provenienti dalla categoria C ed ha, a pag. 9, espressamente affermato che ‘la ricorrente – come afferma l’ASL – apparteneva alla categoria C alla data del 31.08.2001’ ) ha ottenuto l’inquadramento in D per effetto proprio della entrata in vigore del CCNL 2000/2001 e dell’accorpamento (C e D) disposto dalle parti contrattuali;
che numerosi sono i precedenti di questa Corte sul regime dell’indennità di coordinamento nella suddetta fase di prima applicazione che hanno ricostruito tutto il sistema (cfr. ex multis Cass. n. 41272 del 2021; Cass. n. 41575 del 2021; Cass. n. 18035 del 2017);
che è stato, in particolare, affermato che affinché «sussista il presupposto del conferimento ‘formale’ dell’incarico di coordinamento, si richiede che: a) vi sia traccia documentale di tale incarico; b) l’incarico sia stato assegnato da coloro che hanno II potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente; c) lo stesso abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione e gestione del personale (Cass. 21 luglio 2014, n. 16589)» e che «il conferimento delle funzioni di coordinamento, cui si fa espresso riferimento nell’art. 10, comma 3 del CCNL sanità del 20 settembre 2001 o la sua
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verifica con atto formale vanno intesi, conformemente al significato complessivo della regolamentazione dell’indennità, come indicatori della necessità che di tali mansioni vi sia traccia documentale e che essi siano stati assegnati da coloro che, secondo le linee organizzative dell’ente avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente (cfr. Cass. n. 1009/2010 cit.) e non necessariamente dagli organi di vertice (Cass. 21 maggio 2014, n. 11199);
che, nella specie, la Corte territoriale sulla base di un accertamento in fatto non rivedibile in sede di legittimità ha affermato che nessun atto formale di attribuzione dell’incarico di coordinamento nel periodo anteriore al CCNL 2000/2001 vi era stato e che gli atti prodotti dalla ricorrente avevano ‘contenuto meramente propositivo’; che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; che, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 9