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Indennità di coordinamento: serve l’atto formale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31356/2024, ha stabilito un principio fondamentale riguardo all’indennità di coordinamento nel settore sanitario. Il caso riguardava una dipendente di un’Azienda Sanitaria che chiedeva il riconoscimento dell’indennità per aver svolto mansioni di coordinamento. La Corte d’Appello le aveva dato ragione, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione. È stato chiarito che, superata la fase iniziale di applicazione della normativa (cd. “prima applicazione”), per ottenere l’indennità è indispensabile un atto formale di conferimento dell’incarico, basato su procedure selettive. Il semplice svolgimento di fatto delle mansioni non è più sufficiente per fondare il diritto alla cosiddetta indennità di coordinamento.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di coordinamento: non bastano le mansioni, serve l’atto formale

L’ordinanza n. 31356 del 2024 della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale per i lavoratori del settore sanitario: il diritto all’indennità di coordinamento. La Suprema Corte ha chiarito che, per i periodi successivi alla prima fase di applicazione della normativa, lo svolgimento di fatto delle mansioni di coordinamento non è sufficiente per ottenere l’indennità. È necessario un provvedimento formale di conferimento dell’incarico.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale si era rivolta al giudice per ottenere il pagamento dell’indennità di coordinamento per il periodo compreso tra il 1° giugno 2008 e il 31 agosto 2015. La Corte d’Appello aveva accolto la sua domanda, ritenendo sufficiente l’attestazione da parte dello stesso datore di lavoro che la dipendente avesse effettivamente svolto tali funzioni.

L’Azienda Sanitaria, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore di diritto, applicando una disciplina non pertinente al periodo in questione.

La Distinzione Chiave: “Prima Applicazione” vs. “A Regime”

Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno alla distinzione tra due diversi regimi normativi previsti dalla contrattazione collettiva per l’indennità di coordinamento:
1. Disciplina “di prima applicazione”: Riguardava il periodo iniziale, fino al 31 agosto 2001. In questa fase, era possibile riconoscere l’indennità anche sulla base dello svolgimento effettivo delle funzioni, con un atto di ricognizione formale da parte dell’azienda.
2. Disciplina “a regime”: Applicabile a tutti i periodi successivi. Questa normativa è molto più rigorosa e non prevede automatismi.

La Corte di Cassazione ha evidenziato che il periodo per cui la lavoratrice chiedeva l’indennità (2008-2015) ricadeva pienamente nella disciplina “a regime”.

I Requisiti per l’Indennità di Coordinamento “A Regime”

Secondo la Suprema Corte, la disciplina “a regime” subordina il diritto all’indennità a presupposti ben precisi e non derogabili. Il semplice svolgimento delle mansioni, anche se provato, non basta. Sono necessari:
Atti formali dell’Azienda: L’individuazione delle posizioni di coordinamento deve avvenire tramite provvedimenti istitutivi specifici.
Definizione di criteri: Le aziende devono stabilire, previa concertazione, i criteri generali per il conferimento degli incarichi, come l’anzianità professionale.
Procedure selettive: L’attribuzione delle funzioni di coordinamento deve avvenire all’esito di procedure selettive, come previsto da varie disposizioni contrattuali e legislative (tra cui l’art. 6 della L. 43/2006).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, cassando la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno affermato che la Corte territoriale ha errato nel riconoscere l’indennità basandosi unicamente sull’attestazione dello svolgimento delle mansioni. Questo criterio è valido solo per la fase “di prima applicazione”.

Per il periodo “a regime”, invece, il diritto all’emolumento sorge solo come conseguenza di un percorso formale e trasparente: individuazione della posizione, definizione dei criteri e procedura selettiva. L’assenza di questi passaggi procedurali impedisce il sorgere del diritto all’indennità di coordinamento, a prescindere dal fatto che il lavoratore abbia concretamente svolto i compiti relativi.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro: la formalità prevale sulla sostanza per quanto riguarda l’attribuzione dell’indennità di coordinamento nella fase “a regime”. I lavoratori che svolgono tali funzioni senza un incarico formale non possono pretendere il relativo compenso. La Corte ha quindi rinviato la causa alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso applicando i corretti principi di diritto, verificando non solo le mansioni svolte, ma soprattutto l’esistenza di un valido e formale atto di conferimento dell’incarico.

È sufficiente svolgere di fatto funzioni di coordinamento per avere diritto all’indennità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per i periodi rientranti nella disciplina “a regime” (successiva al 31 agosto 2001), il solo svolgimento di fatto delle mansioni non è sufficiente a far sorgere il diritto all’indennità di coordinamento.

Cosa richiede la disciplina “a regime” per il conferimento dell’indennità di coordinamento?
Richiede che l’attribuzione dell’incarico avvenga attraverso specifici provvedimenti formali dell’azienda, basati su criteri predeterminati (come l’anzianità) e all’esito di procedure selettive, come stabilito dalla contrattazione collettiva e dalla legge.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
Perché la Corte d’Appello ha erroneamente applicato le regole della fase “di prima applicazione” a un periodo che invece ricadeva pienamente nella fase “a regime”. Di conseguenza, ha riconosciuto il diritto all’indennità sulla base della sola attestazione dello svolgimento delle mansioni, senza verificare la sussistenza dei necessari atti formali di conferimento dell’incarico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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