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Indennità di coordinamento: requisiti e onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18978/2024, ha chiarito i presupposti per il riconoscimento dell’indennità di coordinamento nel pubblico impiego sanitario. Il caso riguardava un’infermiera che chiedeva tale indennità per aver svolto di fatto mansioni superiori. La Corte ha stabilito che non è sufficiente la mera esecuzione delle mansioni, ma è necessario che il lavoratore provi di possedere tutti i requisiti formali previsti dalla contrattazione collettiva, inclusa la partecipazione a procedure selettive. La sentenza della Corte d’Appello, che aveva accolto la domanda della lavoratrice, è stata quindi cassata con rinvio.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di Coordinamento: Non Basta Svolgere le Mansioni, Servono i Requisiti Formali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 18978/2024) ha fatto luce su una questione cruciale per il personale del comparto Sanità: quali sono i presupposti per ottenere l’indennità di coordinamento? La Suprema Corte ha stabilito un principio chiaro: lo svolgimento di fatto delle mansioni di coordinamento non è sufficiente. Il lavoratore che richiede l’indennità deve dimostrare di possedere tutti i requisiti formali previsti dalla contrattazione collettiva, comprese le procedure selettive. Analizziamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale, inquadrata come infermiera, si era rivolta al Tribunale per ottenere il riconoscimento dell’indennità di coordinamento prevista dal CCNL Sanità. La lavoratrice sosteneva di aver svolto di fatto tali funzioni a partire da una certa data.

In primo grado, la sua domanda era stata respinta. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva parzialmente riformato la decisione, riconoscendo il diritto della lavoratrice all’indennità. Secondo i giudici di secondo grado, era sufficiente un’attestazione del direttore della sua unità operativa che confermava l’effettivo esercizio delle funzioni di coordinamento, anche in assenza della prova di partecipazione a una procedura selettiva.

L’Azienda Sanitaria, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme contrattuali e dei principi sull’onere della prova.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Indennità di Coordinamento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, annullando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa a quest’ultima per una nuova valutazione. Gli Ermellini hanno chiarito che la Corte territoriale ha errato nel ritenere sufficiente la sola prova dello svolgimento delle mansioni.

L’importanza dei requisiti formali per l’indennità di coordinamento

Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra il sistema di “prima applicazione” delle norme contrattuali e quello “a regime”. La pretesa della lavoratrice ricadeva nel sistema “a regime”, che subordina il diritto all’indennità a presupposti ben precisi, non limitati al mero svolgimento delle attività.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha fondato la sua decisione su diverse argomentazioni giuridiche. In primo luogo, ha evidenziato che la normativa collettiva (in particolare gli articoli del CCNL Sanità 2000/2001, 2001 e 2004) lega il diritto all’indennità di coordinamento a requisiti specifici. Questi includono non solo l’effettivo svolgimento delle funzioni, ma anche l’individuazione di specifiche posizioni da parte dell’Azienda, previa concertazione, e l’espletamento di procedure selettive basate su criteri di anzianità e altri parametri stabiliti.

La Corte ha specificato che la Corte d’Appello ha omesso di accertare l’esistenza di questi requisiti, che costituiscono elementi costitutivi del diritto rivendicato. Di conseguenza, ha erroneamente applicato le norme contrattuali.

Inoltre, la Cassazione ha ribadito il principio sull’onere della prova (art. 2697 c.c.): spetta al lavoratore che agisce in giudizio dimostrare di possedere tutti i presupposti legittimanti la sua pretesa. Non è l’Azienda a dover provare il mancato possesso di tali requisiti, ma è il dipendente a doverne dimostrare l’esistenza. La Corte d’Appello, accontentandosi della prova delle mansioni, ha di fatto invertito questo onere.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di retribuzione nel pubblico impiego. Il principio affermato è che il diritto a componenti retributive aggiuntive, come l’indennità di coordinamento, non può derivare dal semplice svolgimento di fatto di determinate mansioni. È indispensabile che il lavoratore fornisca la prova completa di tutti i requisiti formali previsti dalla contrattazione collettiva. Per gli operatori del settore sanitario, ciò significa che per aspirare a tale indennità non basta agire come coordinatori, ma è necessario essere stati formalmente investiti di tale ruolo attraverso le procedure previste dall’Azienda e dai contratti nazionali. La decisione serve da monito sulla necessità di una corretta gestione delle procedure interne da parte delle amministrazioni e sulla piena consapevolezza dei propri oneri probatori da parte dei lavoratori.

È sufficiente svolgere di fatto mansioni di coordinamento per ottenere la relativa indennità nel pubblico impiego sanitario?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo svolgimento effettivo delle mansioni non è sufficiente. È necessario dimostrare di possedere tutti i requisiti formali previsti dalla contrattazione collettiva di settore.

Su chi ricade l’onere di provare i requisiti per l’indennità di coordinamento?
L’onere della prova ricade interamente sul lavoratore che richiede l’indennità. Egli deve dimostrare in giudizio di possedere tutti i presupposti richiesti dalla normativa contrattuale per avere diritto al compenso.

Quali sono i requisiti per ottenere l’indennità di coordinamento nel sistema ‘a regime’?
Oltre allo svolgimento delle mansioni, il diritto all’indennità dipende da altri presupposti, quali l’individuazione di specifiche posizioni organizzative da parte dell’Azienda sanitaria e il superamento di apposite procedure selettive basate su criteri predeterminati, come l’anzianità di servizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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