Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9444 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9444 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11133-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COSENZA, in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1370/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 28/12/2023 R.G.N. 1352/2021;
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego Indennità di coordinamento
R.G.N. 11133/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 06/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
la ricorrente, infermiera professionale di cat. D presso l’Ospedale di Castrovillari, ha agito in giudizio chiedendo fosse accertato il suo diritto a percepire l’indennità prevista dall’art. 10 CCNL Comparto Sanità per le mansioni svolte cat. DS, anche ai sensi dell’art. 36 Cost., e che l’ASP fosse condannata al risarcimento del danno per mancato sviluppo professionale;
il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso;
la Corte d’appello, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto il gravame proposto dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza sul presupposto che l’incarico vinto dalla ricorrente (di cui alla procedura indetta con nota 20/7/2006, prot. n. 3530) fosse relativo alle funzioni di coordinamento da svolgere presso l’U.O. Pronto Soccorso e non presso il reparto di Ginecologia nel quale la stessa aveva successivamente chiesto, e ottenuto in data 2.10.2015, di essere trasferita;
ai sensi dell’art. 17 CCNL , che disciplina la materia dell’indennità di coordinamento, la stessa spetta in presenza di carenza di organico in una determinata Unità operativa, alla quale fa seguito la procedura selettiva per coprire quel posto;
conseguentemente, si rendeva necessaria (secondo la corte territoriale) la prova dell’esistenza della vacanza anche -nel reparto presso il quale la lavoratrice aveva successivamente chiesto di essere trasferita, altrimenti si sarebbe configurata una situazione di elusione/aggiramento della norma contrattuale posta a fondame nto dell’invocato istituto;
contro
tale sentenza propone ricorso per cassazione la lavoratrice sulla base di due motivi, cui si oppone l’ASP Cosenza;
formulata una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio con richiamo ai precedenti di legittimità di Cass. n. 12339/2028 e Cass. n. 217/2023, parte ricorrente presenta in seguito istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., corredata da memorie illustrative depositate il 24/2/2025.
CONSIDERATO CHE:
col primo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ. ) violazione e falsa applicazione all’art. 10, comma 7 , del CCNL del 2000/2001 comparto sanità ed error in iudicando ; non poteva dirsi ostativa al riconoscimento del diritto la circostanza che la ricorrente avesse partecipato alla selezione per l’incarico di coordinatore all’ U.O. di P.S. e non per l’ U.O. di Ostetricia e Ginecologia del medesimo presidio ospedaliero;
1.1 il motivo è inammissibile ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ.;
1.1.1 è qui fuori gioco la disciplina, di cui all’art. 10, co. 3, del CCNL 20.9.2001, concernente l’attribuzione ‘in prima applicazione’ dell’indennità a chi già esercitava il coordinamento al 31.8.2001;
l’art. 10, co. 9, del medesimo CCNL stabiliva, infatti, che «dal 1° settembre 2001, i requisiti per il conferimento dell’indennità di coordinamento saranno previsti dal contratto di cui all’art. 9, comma 4 , ultimo periodo, del presente contratto», ovverosia nell’ambito di un «successivo accordo» di adeguamento anche delle declaratorie (art. 9, co. 4); con il CCNL 19 aprile 2004, oltre ad ulteriormente definirsi tali declaratorie, si è quindi previsto, all’art. 19, lett. c), che «lo sviluppo professionale del restante personale in categoria D, incaricato delle funzioni di coordinamento successivamente al 31 agosto 2001 e in tale posizione all’entrata in vigore del presente contratto, sarà garantito con idonee procedure selettive», e che «successivamente all’entrata in vigore del presente contratto il personale della categoria D cui sia stata conferita la funzione di coordinamento e lo abbia svolto per un periodo di un anno con valutazione positiva, in presenza di posto vacante nel livello economico Ds partecip a alla selezione interna dell’art. 17 del CCNL del 7 aprile 1999, con precedenza nel passaggio»;
è, dunque, coerente con tale impostazione il ragionamento della Corte territoriale che ha preso le mosse dalla necessità di verificare l’assetto aziendale definitorio
delle posizioni di coordinamento (art. 5 co. 2 CCNL integrativo del 7/4/1999), come intesa da questa Corte in plurimi precedenti (Cass. 19394/2024, 12339/2018, 217/2023) ed ha sottolineato come la prova di tale assetto, che la ricorrente avrebbe dovuto fornire, era qui in concreto mancata;
in particolare, la Corte distrettuale ha rilevato che la lavoratrice aveva partecipato alla selezione indetta il 20/7/2006 per il posto vacante di livello economico DS ex art. 17 CCNL 1999 dell’UOC di P.S. di Castrovillari ed era passata poi (dal 2.10.2015) all’UOC di Ostetricia e Ginecologia per cui, in difetto di prova che sussistesse colà una posizione di coordinamento DS, non poteva rivendicare l’analoga indennità di coordinamento;
1.1.2 non è possibile allegare, poi, lo svolgimento di fatto di attività di coordinamento al di fuori delle previsioni e dei presupposti (anche di assetto aziendale, come l’esistenza di posto vacante ecc.) contrattualmente stabiliti, sicché ogni indagine sulle mansioni in concreto espletate non avrebbe comunque utili riflessi in termini di spettanza dell’indennità in parola; infatti, nel pubblico impiego privatizzato, ove il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalla legge e dalla contrattazione collettiva, non possono essere attribuiti trattamenti economici non previsti dalle suddette fonti, nemmeno se di miglior favore (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 31387 del 02/12/2019);
1.1.3 né vale ancora citare, come fa la ricorrente, Cass. n. 41575/2021 che riguarda il regime di c.d. prima applicazione del CCNL 2000-2001;
Cass. n. 15955/2021 ha ribadito, come si è già accennato dianzi, che «la disciplina sulla ‘prima applicazione’ ebbe necessariamente riguardo a mere situazioni di fatto, di cui perseguiva la sanatoria ed il riordino, come chiaramente evidenziato da Cass. 10009/2010 cit.», per poi aggiungere, ricostruendo l’evoluzione dell’ assetto giurisprudenziale, come «l’attività di coordinamento sia funzione autonoma e distinta dalle altre che connotano la categoria di appartenenza (Cass. 28 agosto 2018, n. 21258; Cass. 4 luglio 2012, n. 11162); ciò, nella logica del periodo successivo a quello in cui si dovettero governare -con gli artt. 8 e 10 del c.c.n.l. 21.9.2001 -situazioni di disordine organizzativo pregresse, sta (in definitiva) a significare che la corrispondente attribuzione non può derivare se non da specifici provvedimenti istitutivi e determinativi dei criteri di assegnazione (art. 5 CCNI 20.9.2001; art. 19, lett. c, CCNI) e, poi, con l’osservanza dei requisiti formalizzati dall’art. 6 della L. n. 43/2006 e richiamati dall’art. 4 del CCNL 10.4.2008» (così Cass. n. 217/2023);
con il secondo mezzo (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
la ricorrente aveva depositato il doc. 5 fasc. primo grado, contenente la nota prot. n. 0185064 del 9.11.2015 e la nota
prot. n. 0186798 del 12.11.2015, a firma del direttore (primario) di U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia in cui si afferma che ella aveva «svolto mansioni di coordinatrice infermieristica su disposizione del primario», circostanza che, se tenuta in debita considerazione, avrebbe determinato un esito diverso al giudizio;
2.1 il motivo è inammissibile perché deduce, sotto forma di omesso esame di fatto decisivo, l’omesso esame di documenti non considerando che l’ipotesi di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. si riferisce, invece, al ‘ fatto ‘ inteso in senso storico-naturalistico;
in ogni caso le considerazioni di cui sopra privano di decisività la circostanza pur dedotta (l’aver svolto proficuamente un incarico di coordinamento su indicazione del primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia); infatti, come da questa Corte precisato (Cass. n. 217/2023, cit.) «non è …corretto riconoscere l’indennità sulla base di mere attestazioni dei direttori della Struttura sull’attività svolta , in quanto la normativa collettiva sopra individuata fa dipendere il diritto da altri presupposti consistenti nell’individuazione delle corrispondenti specifiche posizioni da parte delle Aziende previa concertazione (art. 5, co. 2, CCNI 20.9.2001), in conformità ai criteri di anzianità ivi previsti e previe procedure selettive (art. 19, lett. c CCNL 19.4.2004) e, poi, con l’osservanza dei requisiti formalizzati dall’art. 6 L. 43/2006 e richiamati dall’art. 4 del CCNL 10.4.2008 (v. anche C. 187/2021)»;
nulla di tutto ciò è stato ritenuto configurabile nella fattispecie posta all’esame della corte di merito, che ha, dunque, correttamente negato il diritto rivendicato perché non supportato dai requisiti propri della disciplina collettiva ratione temporis vigente;
conclusivamente, il ricorso è inammissibile;
la soluzione cui si perviene è in linea con la proposta di definizione accelerata, in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale non essendovi spazio per una sua rimeditazione;
segue la condanna alle spese secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo;
essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi dell’art. 96 cod. proc. civ. , contenendo l’art. 380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un’ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 2794 7/23), l’una come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività, entrambe espressive del maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della proposta definitoria
per disincentivare inutili lungaggini processuali in presenza di consolidati orientamenti ed in mancanza di innovative argomentazioni;
la ricorrente va dunque condannata a pagare, in favore di controparte, una somma equitativamente determinata in misura pari a €. 2.000,00 , ed un ulteriore importo di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
condanna altresì la ricorrente, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma cod. proc. civ., al pagamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della controricorrente, e della ulteriore somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 6/3/2025.
La Presidente NOME COGNOME