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Indennità di coordinamento: no se manca il posto vacante

La Corte di Cassazione ha negato a un’infermiera il diritto a percepire l’indennità di coordinamento dopo un trasferimento in un nuovo reparto. Anche se di fatto svolgeva le mansioni superiori, la Corte ha stabilito che, nel pubblico impiego, l’indennità è legata all’esistenza di una posizione formalmente istituita e vacante nell’organico aziendale, da coprire con procedure selettive. La semplice attestazione del superiore o lo svolgimento di fatto delle mansioni non sono sufficienti per ottenere il beneficio economico.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità di coordinamento: No se Manca il Posto Vacante in Organico

Il diritto all’indennità di coordinamento per il personale sanitario, come gli infermieri, non dipende solo dallo svolgimento effettivo delle mansioni, ma da precisi requisiti formali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che, nel pubblico impiego, è indispensabile l’esistenza di una specifica posizione vacante nell’organico aziendale, da coprire tramite procedure selettive. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una infermiera professionale, dipendente di un’azienda sanitaria pubblica, aveva ottenuto, tramite una procedura selettiva, un incarico di coordinamento presso il reparto di Pronto Soccorso dell’ospedale. Per tale incarico, le spettava la relativa indennità. Successivamente, la stessa infermiera chiedeva e otteneva il trasferimento presso il reparto di Ginecologia e Ostetricia dello stesso ospedale, dove continuava a svolgere di fatto mansioni di coordinamento.

Nonostante ciò, l’azienda sanitaria interrompeva l’erogazione dell’indennità. La lavoratrice si rivolgeva quindi al Tribunale per veder riconosciuto il suo diritto. Mentre il giudice di primo grado le dava parzialmente ragione, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo il reclamo dell’azienda sanitaria. Secondo la corte territoriale, l’incarico vinto era specifico per il Pronto Soccorso; per poter pretendere l’indennità nel nuovo reparto, l’infermiera avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di una posizione di coordinamento formalmente vacante anche in Ginecologia, prova che non era stata fornita.

La Decisione della Cassazione e l’Indennità di Coordinamento

La lavoratrice ha proposto ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del pubblico impiego privatizzato: i trattamenti economici, come l’indennità di coordinamento, possono essere attribuiti solo se previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Non è possibile riconoscere benefici economici non contemplati da queste fonti, nemmeno se di maggior favore per il lavoratore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che la normativa contrattuale (CCNL Sanità) subordina il diritto all’indennità a presupposti ben precisi che vanno oltre il mero svolgimento delle mansioni. Nello specifico, l’erogazione dell’indennità è strettamente legata all’assetto organizzativo dell’ente. È necessario che:

1. Esista una Posizione Formalmente Prevista: L’azienda sanitaria deve aver individuato e istituito formalmente una posizione di coordinamento all’interno dell’organico di un determinato reparto o unità operativa.
2. Il Posto sia Vacante: Tale posizione deve risultare vacante.
3. Sia Avviata una Procedura Selettiva: L’azienda deve aver avviato una procedura selettiva per la copertura di quel posto specifico.

Nel caso in esame, la lavoratrice non ha fornito la prova che nel reparto di Ginecologia esistesse una posizione di coordinamento vacante. Di conseguenza, il suo trasferimento, seppur con lo svolgimento di compiti analoghi, non poteva automaticamente trasferire anche il diritto all’indennità, che era legato al posto specifico vinto nel Pronto Soccorso. La Corte ha inoltre specificato che le semplici attestazioni del direttore del reparto, che confermavano lo svolgimento delle mansioni di coordinamento, non sono decisive, poiché non possono sostituire i presupposti formali e procedurali richiesti dalla contrattazione collettiva.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per tutti i dipendenti del settore pubblico: il primato della legge e della contrattazione collettiva sulla realtà di fatto. Per il riconoscimento di un’indennità di coordinamento, non basta ‘fare il coordinatore’, ma è necessario essere formalmente incaricati su una posizione specifica, prevista dall’organizzazione aziendale e coperta tramite le procedure corrette. I lavoratori che si trovano in situazioni simili devono quindi verificare non solo le mansioni svolte, ma soprattutto l’assetto formale dell’ente e l’esistenza di posizioni vacanti per cui concorrere.

È sufficiente svolgere di fatto mansioni di coordinamento per avere diritto alla relativa indennità nel pubblico impiego?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo svolgimento di fatto delle mansioni non è sufficiente. Il diritto all’indennità deriva esclusivamente dall’esistenza di presupposti formali stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, come l’esistenza di un posto vacante in organico e l’espletamento di una procedura selettiva.

Un’infermiera che vince una selezione per un ruolo di coordinamento in un reparto, mantiene il diritto all’indennità se viene trasferita in un altro reparto?
No, non automaticamente. Il diritto all’indennità è legato alla specifica posizione vinta con la selezione. Se il dipendente viene trasferito, per continuare a percepire l’indennità è necessario dimostrare che anche nel nuovo reparto esiste una posizione di coordinamento formalmente istituita e vacante per la quale si è stati incaricati.

La dichiarazione del primario che attesta lo svolgimento di mansioni di coordinamento è una prova sufficiente per ottenere l’indennità?
No. Secondo la Corte, mere attestazioni dei direttori di struttura sull’attività svolta non sono sufficienti a fondare il diritto all’indennità, poiché la normativa collettiva richiede presupposti più stringenti, come l’individuazione formale delle posizioni da parte dell’Azienda e l’espletamento di procedure selettive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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