Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
nel procedimento iscritto al n. 28510/2020 R.G. proposto da COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. NOME COGNOME ricorrente –
contro
– controricorrente –
e
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 74/2020 della Corte d’Appello di Bologna, depositata il 27.2.2020, N.R.G. 749/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.
la Corte d’Appello di Bologna, confermando la sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME, dipendente di ENAC proveniente dalla Direzione Generale Aviazione Civile, il quale aveva domandato l’accertamento del suo diritto alla liquidazione della indennità di buonuscita ai sensi della legge n. 70/1975, anziché del TFR calcolato secondo i criteri indicati dall’art. 2120 c.c.;
la Corte territoriale, pur dando atto che l’art. 10 del d. lgs. n. 250 del 1997 aveva disposto l’omogeneizzazione dei trattamenti degli enti confluiti in ENAC, ha valorizzato la normativa speciale ed in particolare il comma 3 del medesimo art. 10 che, rispetto al personale già in servizio presso la Direzione Generale dell’Aviazione Civile, aveva previsto l’applicazione della legge n. 297 del 1982 e la considerazione del maturato dell’indennità di buonuscita come quota iniziale da trasferire all’ente per il t.f.r.;
2.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi, resistiti da controricorso di ENAC, mentre l’INPS ha solo depositato procura speciale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
il primo motivo denuncia la violazione eo non corretta all’applicazione degli artt. 1 e 10 del d. lgs. n. 250 del 1997, nonché la violazione dell’art. 12 delle c.d. preleggi e la non
conformità dell’interpretazione resa dalla Corte di merito rispetto alla volontà del legislatore;
il secondo motivo adduce la violazione eo falsa applicazione dell’art. 10, co. 3, del d. lgs. n. 257 del 1997 e l’inconferenza del richiamo contenuto nella sentenza impugnata ad un diverso regime tra i dipendenti ex DGAC e i dipendenti ex RAI (Registro Aereonautico Italiano) oltre ad errata e contraddittoria motivazione su un punto decisivo;
il terzo motivo è formulato sul piano processuale e deduce la violazione eo non corretta applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c. e l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui essa non ha preso in considerazione elementi e documenti determinanti per la corretta decisione del caso di specie, oltre ad ulteriore violazione dell’art. 10 del d. lgs. n. 250 del 1997;
il quarto motivo adduce ancora la violazione dell’art. 10, co. 3, cit. sotto ulteriori aspetti, nonché la violazione della legge n. 297 del 1982 e dell’art. 2120 c.c. e della legge n. 70 del 1975 ed omessa motivazione;
il quinto motivo sostiene che la sentenza di appello avrebbe violato l’art. 2, co. 48 -50 della legge delega n. 549 del 1995, con la conseguente violazione delle norme già censurate nei motivi precedenti ed il sesto motivo afferma la violazione dell’art . 69 del d. lgs. n. 165 del 2001;
il settimo motivo è rubricato affermando la violazione eo falsa applicazione dell’art. 2, co. 5, della legge n. 335 del 1995, della legge n. 297 del 1982 e dell’art. 2120 c.c.;
infine, l’ottavo ed ultimo motivo prospetta in subordine l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui essa ha genericamente disatteso l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 10, co. 3 della legge n. 250 del 1997 per eccesso di delega (artt. 70 e 76 della Costituzione) ed adduce altresì il verificarsi di una disparità di
trattamento tra i dipendenti pubblici e di un medesimo ente, in violazione degli artt. 3 e 117 della Costituzione;
2.
i motivi vanno esaminati congiuntamente e vanno disattesi, richiamandosi quanto sostenuto da Cass. 17 dicembre 2020, n. 29015.
In quella sede fu detto, ed è quindi condiviso, quanto segue:
«4 (…) E’ utile premettere che con gli artt. 1 e 2 del richiamato decreto il legislatore ha previsto l’attribuzione al nuovo ente pubblico non economico, dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale e contabile, delle competenze già assegnate alla Direzione generale dell’aviazione civile (D.G.A.C.), al Registro aeronautico italiano (R.A.I.) ed all’Ente nazionale della gente dell’aria (E.N.G.A.) nelle materie espressamente indicate dallo stesso art. 2. Ha conseguentemente disposto, con l’art. 10, il passaggio alle dipendenze del soggetto di nuova istituzione del personale in precedenza assegnato alle attività trasferite e, poiché lo stesso proveniva da enti diversi, ha fissato il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo per provvedere, con decreto del Ministro dei trasporti e della funzione pubblica, «alla unificazione giuridica ed economica del personale dell’ente», da realizzare attraverso l’adozione di un unico criterio di inquadramento e sulla base delle tabelle di corrispondenza proposte dal consiglio di amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali (art. 10, comma 2). Nel terzo comma dell’art. 10, inoltre, il legislatore ha espressamente disciplinato il trattamento di fine rapporto, stabilendo che «Ai fini della costituzione del trattamento di fine rapporto del personale già in servizio presso la Direzione generale dell’aviazione civile, a decorrere dall’inquadramento definitivo, si applica la legge 29 maggio 1982, n. 297, ed il maturato dell’indennità di buonuscita costituirà la quota iniziale da trasferire all’Ente».
4.1. Il tenore letterale della disposizione, speciale rispetto alla disciplina generale dettata per l’impiego pubblico contrattualizzato, non consente in alcun modo di collegare la stessa alla previsione, contenuta nel terzo comma dell’art. 1, della trasformazione, mai attuata, dell’E.N.A.C. in ente pubblico economico. Il legislatore, infatti, non solo non ha condizionato espressamente, come sarebbe stato necessario, l’applicazione del nuovo regime alla diversa natura dell’ente, ma anzi ha con chiarezza reso indipendente dalla trasformazione l’operatività della disciplina del trattamento di fine rapporto, per la quale ha previsto un termine antecedente rispetto a quello fissato per la trasformazione ( 31 luglio 1999), ancorandola all’inquadramento definitivo da effettuarsi ex art. 10, comma 2, «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto» e, quindi, entro il 1° agosto 1998 (il decreto è stato pubblicato sulla G.U. n. 177 del 31 luglio 1997 e l’art. 15 prevede che lo stesso «entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana»). Sul piano logico e giuridico non è, quindi, sostenibile che la disposizione presupponesse l’acquisizione della natura di ente pubblico economico perché, a fronte di attività da compiere entro termini in successione, un nesso condizionante può essere ipotizzato per la prima rispetto alla seconda e mai viceversa. 4.2. La ratio della norma va individuata nell’intento del legislatore di unificare la disciplina giuridica ed economica del personale dell’ente, espressamente manifestato nel comma 2 dell’art. 10, intento che giustifica l’immediata applicazione della legge n. 297/1982 agli unici dipendenti, quelli provenienti dalla Direzione generale dell’aviazione civile, per i quali sino al momento del passaggio era prevista l’indennità di buonuscita, disciplinata dagli artt. 3 e 38 della legge n. 1032/1973, e non l’indennità di anzianità di cui dall’art. 13 della legge n. 70/1975, prevista per i soli dipendenti degli enti pubblici non economici e posta a carico
dell’ente. D’altro canto la disciplina dettata, seppure speciale, si armonizza con quella generale all’epoca vigente, ossia con l’art. 2 della legge n. 335/1995 che, nel testo originario vigente alla data di istituzione dell’E.N.A.C., prevedeva per tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni assunti dal 1° gennaio 1996, in linea con il disegno di contrattualizzazione dell’impiego pubblico, l’applicazione dell’art. 2120 cod. civ. e delegava alla contrattazione collettiva di definire, nell’ambito dei singoli comparti, «le modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto» ( art. 2, comma 7). Se si legge l’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 250/1997 anche alla luce della disciplina dettata per l’impiego pubblico contrattualizzato all’epoca vigente, risulta del tutto ragionevole la scelta operata dal legislatore che, nell’istituire un nuovo ente, rispetto al quale andava definito anche il trattamento giuridico ed economico applicabile al personale, ha voluto da subito attuare quella armonizzazione fra nuovi assunti e personale in servizio alla quale era tendenzialmente ispirata anche la disciplina generale, e si è quindi sostituito alla contrattazione collettiva dettando in via normativa le regole per il passaggio dall’uno all’altro regime.
4.3. Non vi è dubbio che con l’art. 59, comma 56, della successiva legge 27 dicembre 1997 n. 449, con l’accordo quadro del 29 luglio 1999 e con il d.P.C.M. 20 dicembre 1999, richiamati dalla Procura Generale nelle conclusioni scritte depositate ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., sia stata differita nel tempo la realizzazione dell’obiettivo di un regime unico del trattamento di fine rapporto per tutti i dipendenti dei settori pubblici e privati e sia stata, invece, privilegiata, per il personale già assunto, la perdurante efficacia della disciplina previgente, salva una diversa opzione individuale (sul punto si rimanda alla motivazione di Cass. n. 15998/2006 e di Cass. n. 5892/2020). La disciplina sopra richiamata, peraltro, non
può spiegare effetti nella fattispecie nella quale si è in presenza di una norma speciale, dettata dal comma 3 del richiamato art. 10, e, pertanto, opera il principio, riassunto dal brocardo lex posterior generalis non derogat priori speciali, secondo cui, in caso di successione di leggi nel tempo, il criterio della specialità prevale su quello cronologico e, pertanto, la disposizione successiva non abroga quella antecedente speciale, salvo che dalla lettera o dalla ratio della prima si evinca una chiara volontà in tal senso del legislatore o la discordanza tra le due norme sia tale da rendere inconcepibile la loro coesistenza. Nessuna di dette ipotesi ricorre nella fattispecie perché, da un lato, il legislatore non ha né abrogato né modificato la disciplina speciale dettata dalla legge n. 250/1997, legge richiamata dall’art. 70, comma 4 del d.lgs. n. 165/2001, dall’altro il diverso regime trova la sua giustificazione in quanto si è già detto nei punti che precedono, ossia nella istituzione di un nuovo ente, destinato ad assorbire personale proveniente da soggetti giuridici diversi oltre che a disporre nuove assunzioni, circostanza, questa, che rendeva ragionevole ed opportuna l’opzione espressa per l’armonizzazione, pressoché contestuale all’attribuzione delle funzioni, del regime economico e giuridico dei dipendenti.
5. Le considerazioni sopra esposte valgono a fugare ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della normativa, perché il trattamento differenziato non viola l’art. 3 Cost. in quanto giustificato dalla storia particolare dell’ente, al quale sono state attribuite competenze e risorse, umane ed economiche, in precedenza riferibili in parte allo Stato ed in parte ad altri enti. D’altro canto attraverso il meccanismo previsto dall’art. 10, comma 3, secondo cui il maturato dell’indennità di buonuscita alla data del nuovo inquadramento costituisce la quota iniziale del trattamento di fine rapporto da trasferire all’ente, sono stati salvaguardati i diritti già acquisiti dal personale in servizio presso la Direzione
Generale dell’Aviazione Civile, rispetto ai quali il nuovo sistema di calcolo è destinato ad operare solo per il futuro, non per il passato.
5.1. Infine non è ravvisabile alcun eccesso di delega rispetto ai margini concessi dal legislatore delegante. La Corte Costituzionale, in recente decisione (Corte Cost. n. 79/2019) alla cui motivazione si rinvia, nel ribadire principi già espressi in passato, ha precisato che il Governo non è tenuto ad un’attività di mera esecuzione o di riempimento automatico di disposti cristallizzati nella delega perché, al contrario, è chiamato a sviluppare, non solo ad eseguire, le previsioni della legge delega entro i confini da quest’ultima segnati. La disciplina del trattamento di fine rapporto, dettata dal più volte richiamato art. 10, comma 3, è coerente con gli obiettivi di razionalizzazione delle strutture operanti nel settore dell’aviazione civile, da attuare attraverso l’istituzione di un’unica struttura (art. 2, commi 48 e 49, della legge n. 549/2005) e non contrasta con i limiti posti dal comma 50 dell’art. 2 ( secondo cui «In fase di prima applicazione il personale conserva il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti vigenti nei settori di provenienza…»), perché garantisce, attraverso la previsione della conservazione dell’indennità di buonuscita maturata sino alla data di inquadramento, il rispetto del divieto di reformatio in peius.» Analoghe conclusioni sono state assunte da Cass. 17 dicembre 2020 n. 29016 e da Cass. 13 giugno 2023, n. 16755 e quindi il ricorso va rigettato;
3.
il ricorso per cassazione è anteriore alle pronunce di questa S.C. che per prime hanno definito la questione giuridica oggetto di causa e ciò giustifica, come nei citati precedenti, la compensazione, anche in questo caso, delle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro