Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19891 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19891 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Oggetto: Transito lavoratore presso CREA -indennità anzianità alla cessazione del rapporto -applicabilità art. 13 legge n. 70/1975
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19098/2020 R.G. proposto da: CONSIGLIO PER LA RICERCA IN AGRICOLTURA E L’ANALISI DELL’ECONOMIA AGRARIA (CREA) già CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA (CRA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO e domiciliato per legge in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in ROMA, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6957/2019 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 14/11/2019 R.G.N. 7759/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto opposizione contro l’ordinanza ingiunzione ex art. 2 r .d. n. 639 del 1910 emessa dal Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – CRA -, poi Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria -CREA -per ottenere la restituzione di euro 8.664,12, quale indebito da eccedenza dell’indennità di anzianità corrisposta nel 2008.
Ha dedotto che: -aveva lavorato alle dipendenze dell’Istituto di Ricerca del Ministero delle Politiche Agricole, poi soppresso, e transitato ai sensi del d.lgs. n. 454 del 29/10/1999 nei ruoli del CRA, alle dipendenze del quale aveva lavorato fino al 20 ottobre 2008; -era illegittima la procedura utilizzata; -era infondata la pretesa della P.A.
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 18925/2014, ha accolto il ricorso.
Il RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE) ha proposto appello che la Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 6957/2017, ha rigettato.
Il CREA ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso, successivamente illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
Con un unico motivo parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973 e la falsa applicazione degli artt. 13 della legge n. 70 del 1975, 6, comma 4, della legge n. 554 del 1988 e 2112 c.c.
La Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che la pretesa restitutoria della P.A. fosse infondata sul presupposto che il TFR spettante alla dipendente cessata avrebbe dovuto essere computato secondo il criterio di cui all’art. 13 della legge n. 70 del 1975, anche relativamente al periodo di servizio dalla medesima prestato presso i ruoli dello Stato sino al 30 settembre 2004 e, quindi, prima del transito nei ruoli dell’istituito ente pubblico non statale CRA (oggi CREA).
Al contrario, sostiene il CREA, la Corte d’appello di Roma avrebbe dovuto avvalersi, con riferimento al tempo in cui aveva lavorato per lo Stato, del metodo di calcolo stabilito dagli artt. 3 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973.
Il giudice di appello sarebbe giunto a tale esito applicando l’art. 6 della legge n. 554 del 1988, che, invece, ad avviso della P.A. ricorrente, non avrebbe dovuto trovare spazio, anche perché il trasferimento della controricorrente presso il CRA sarebbe avvenuto ai sensi del successivo d.lgs. n. 454 del 1999.
Sarebbe venuto in rilievo, piuttosto, il d.P.C.M. n. 716 del 1994 il quale, all’art. 20, prescriveva che, per consentire la mobilità del personale nelle more dell’emanazione del primo bando, la normativa vigente alla data di entrata in vigore del detto d.P.C.M. sarebbe stata applicabile sino al 28 febbraio 1995.
Pertanto, tale normativa non avrebbe potuto riguardare la fattispecie, considerato che la controricorrente sarebbe passata al CRA dal 1° ottobre 2004.
In realtà, sarebbe stato necessario fare riferimento al d.lgs. n. 80 del 1998 che, agli artt. 31 ss., non avrebbe contemplato nessuna tutela
del maggior trattamento di fine rapporto spettante alla data del trasferimento presso altra P.A.
Non avrebbe potuto trovare spazio neppure l’art. 2112 cod. civ.
La doglianza è infondata come da plurimi precedenti di questa Corte (Cass. n. 9543 del 9 aprile 2024; Cass. n. 26935 del 13 settembre 2022; Cass. n. 26687 del 9 settembre 2022; Cass. n. 11132 del 27 aprile 2023; Cass. n. 26935 del 13 settembre 2022; Cass. n. 12240 del 9 maggio 2023).
Il rapporto di lavoro del personale trasferito, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 454 del 1999, alle dipendenze del CRA (Consiglio di ricerca e sperimentazione agricoltura), a seguito della soppressione del ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è unico, avendo la disciplina legislativa configurato la continuità del rapporto di lavoro ed il mantenimento della anzianità di servizio; ne consegue che anche il trattamento di fine servizio va liquidato unitariamente, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, senza frazionare il periodo di lavoro svolto presso il Ministero, per il quale liquidare l’indennità di buonuscita, da quello successivo alle dipendenze del CRA, per il quale liquidare l’indennità di anzianità (Cass. n. 9543 del 9 aprile 2024; Cass. n. 26935 del 13 settembre 2022; Cass. n. 26687 del 9 settembre 2022; Cass. n. 11132 del 27 aprile 2023; Cass. n. 26935 del 13 settembre 2022 ; Cass. n. 12240 del 9 maggio 2023).
La vicenda di causa è disciplinata dal d.lgs. n. 454 del 1999, ‘Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59’›, che, all’art. 1, ha istituito il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, ente nazionale di ricerca e sperimentazione con personalità giuridica di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche agricole, con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale. Ai sensi dell’art. 9, comma 3, della
stessa legge, a decorrere dalla data di approvazione dello statuto e dei regolamenti di organizzazione del CRA (previsti dal precedente art. 7) è stato soppresso il ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del Ministero delle Politiche agricole e forestali (di cui all’art. 51 del d.P .R. n. 1318 del 1967) ed il personale è stato trasferito nel ruolo organico del CRA, « mantenendo l’anzianità di servizio maturata e il profilo e livello acquisiti ».
La disciplina legislativa è, dunque, chiara nel configurare la continuità del rapporto di lavoro ed il mantenimento della anzianità di servizio.
La pretesa della P.A. ricorrente di frazionare, ai fini del trattamento di fine servizio, il periodo di lavoro svolto presso il Ministero delle Politiche agricole e forestali da quello successivo alle dipendenze del CRA (poi CREA) -liquidando per il primo l’indennità di buonuscita e per il secondo l’indennità di anzianità -è in contrasto tanto con l’unicità del rapporto di lavoro quanto con il riconoscimento presso l’ente di destinazione della pregressa anzianità maturata alle dipendenze del Ministero.
In particolare, il riconoscimento della anzianità di servizio, in mancanza di qualunque diversa disposizione, non può che valere anche ai fini del calcolo della indennità di cui all’art. 13 della legge n. 70 del 1975.
La statuizione resa è, per quanto esposto, conforme a diritto, anche se va precisato che sono prive di decisività le critiche concernenti il richiamo, compiuto nella sentenza impugnata, a scopo chiaramente meramente rafforzativo, alla disciplina dei processi di mobilità di cui all’art. 6 della legge n. 554 del 1988 e ad altre ipotesi di mobilità diverse da quella oggetto di causa.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. e sono liquidate come in dispositivo.
Quanto al raddoppio del contributo unificato si osserva quanto segue.
La definizione di ‘amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito’ non si ricava, in via induttiva, da fonti diverse dal Testo Unico Spese di giustizia bensì è consacrata all’art. 3, lett. q), del medesimo d.P.R. n. 115/2002, a mente del quale “amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico”.
Dunque, solo le amministrazioni statali e quelle ammesse da apposite norme di legge alla prenotazione a debito, all’atto dell’iscrizione a ruolo di un procedimento civile, non sono tenute ad effettuare il pagamento contestuale del contributo unificato e delle altre imposte o spese a loro carico, beneficiando della prenotazione di cui all’art. 158 d.P .R. n. 115/2002 (mediante annotazione sul foglio delle notizie ai fini del loro successivo recupero; art. 280 del d.P.R. n. 115 del 2002).
Il CREA è ente pubblico diverso dall’amministrazione dello Stato (art. 1, comma 381, della legge 23 dicembre 2014, n. 190) e gode del patrocinio facoltativo dell’Avvocatura dello Stato senza però essere ammesso espressamente alla prenotazione a debito.
Occorre, pertanto, dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte,
-rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15% da corrispondersi all’avvocato NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione