Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20789 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
mobilità, sussisteva il diritto al mantenimento, se più favorevole, del trattamento economico in godimento presso l’ente di provenienza, salvo riassorbimento o, altrimenti, il diritto al trattamento giuridico ed economico proprio dell’Amministrazione cessionaria;
3.1
il motivo è fondato;
3.2
dalla sentenza di appello e dal ricorso per cassazione emerge che le due lavoratrici, già dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE, erano transitate presso il RAGIONE_SOCIALE, per trasferimento ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. n. 165 del 2001 e ciò è avvenuto dopo che, con il d. lgs. n. 300 del 1999 e il d.p.r. n. 319 del 2003, vi era stato accorpamento del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE nel neoistituito RAGIONE_SOCIALE;
3.3
la Corte d’Appello ha affermato che l’art. 22 del CCNL 2002 -2005 avrebbe rideterminato l’indennità di amministrazione dei dipendenti ‘ex RAGIONE_SOCIALE‘ individuando una serie di Ministeri, tra cui il RAGIONE_SOCIALE, « la provenienza dai quali » escludeva il mantenimento dell’originaria misura del beneficio;
l’affermazione è errata, in quanto l’art. 22 cit., ha in realtà previsto incrementi delle indennità di amministrazione e non riduzioni o perdite di benefici;
incrementi che sono stati previsti anzi in misura maggiore per il personale ex RAGIONE_SOCIALE rispetto al personale ex RAGIONE_SOCIALE a fini perequativi e cioè per riavvicinare le indennità di amministrazione previste in misure differenziate per i diversi Ministeri;
in particolare, dal CCNL normativo 1994 -1997 economico 1994 -1995, all. B, si evince che l’indennità di amministrazione presso il RAGIONE_SOCIALE era sensibilmente maggiore dell’analogo beneficio esistente presso il RAGIONE_SOCIALE;
l’affermazione della Corte territoriale è peraltro anche fuori tema; infatti, l’oggetto del contendere non riguarda il trattamento del personale che, provenendo dai Ministeri soppressi, sia confluito nel RAGIONE_SOCIALE – profilo rispetto al quale la contrattazione collettiva dà per scontato che le indennità di amministrazione fossero da corrispondere in misura diversa (v. anche Cass. 31 luglio 2017, n. 19043, che ha ritenuto tale assetto non in contrasto con il principio di parità di trattamento di cui all’art. 45, del d. lgs. n. 165 del 2001) -ma il trattamento da destinare a chi, a RAGIONE_SOCIALE già istituito, fosse ad esso trasferito provenendo da altro ente;
3.4
l’errore interpretativo commesso dalla Corte d’Appello rispetto al senso dell’art. 22 del CCNL si riverbera poi sulla conseguente affermazione secondo cui -analogamente al fatto che i dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE percepivano un’indennità di amministrazione inferiore ciò avrebbe giustificato che « anche la provenienza dal RAGIONE_SOCIALE » implicherebbe la medesima conseguenza di « non estendere ipso iure ai dipendenti trasferiti il medesimo trattamento del personale in servizio presso l’ente di destinazione »;
il parallelismo è improprio, perché, come si è già detto, l’art. 22 prende atto del diverso trattamento tra dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE ed ex
RAGIONE_SOCIALE (oltre che tra gli altri Ministeri, che qui però non interessano) quanto ad indennità di amministrazione e ne riduce le conseguenze, attribuendo a fini perequativi un aumento maggiore di quell’indennità ai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE rispetto ai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE;
la conclusione in diritto è poi errata, perché non vi era alcuna deroga alle regole di cui all’art. 30 del d. lgs. n. 165 del 2001;
3.5
venendo quindi a queste ultime, esse sono sintetizzate nella massima per cui « in caso di passaggio diretto di dipendenti da un ministero ad un altro ex art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, riconducibile alla cessione del contratto di cui agli artt. 1406 e ss. c.c., vige la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell’Amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento, salvi gli assegni “ad personam” attribuiti al fine di rispettare il divieto di “reformatio in peius” del trattamento economico acquisito, tra dipendenti dello stesso ente, a seconda della provenienza; ne consegue che i menzionati assegni sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria » (Cass. 25 luglio 2017, n. 18299; analogamente, Cass. 16 aprile 2012, n. 5959);
emergono quindi due principi di fondo;
3.5.1
il primo principio è quello per cui, se il trattamento percepito presso l’ente di provenienza risultasse superiore a quello previsto per i dipendenti dell’ente presso il quale il dipendente è trasferito, spetta l’assegno ad personam riassorbibile, salvi gli effetti della previsione (innovativa e non interpretativa e quindi comunque non applicabile a casi come quello di specie maturati anteriormente) inserita come comma 2quinquies dell’art. 30 cit., secondo cui « salvo diversa
previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione »;
3.5.2
il secondo principio è quello per cui comunque spetta il trattamento, anche se superiore, previsto presso l’ente di destinazione;
3.6
le ricorrenti non hanno però lamentato la prima evenienza (superiorità del trattamento percepito presso ente di provenienza), ma hanno rivendicat o il pagamento di un istituto, l’indennità di amministrazione, nella misura prevista presso l’ente di destinazione;
escludendo con motivazione errata il riconoscimento di quest’ultimo diritto, la Corte territoriale non si è conformata al principio di cui al punto 3.5.2 e da ciò deriva la fondatezza del terzo motivo, che ciò adduce;
l’accoglimento del motivo oltre a risultare assorbente rispetto al secondo motivo (omesso esame di fatti decisivi e violazione artt. 30 e 45 del d. lgs. n. 165 del 2001), nonché al quarto (violazione dell’art. 22 del CCNL di comparto) ed al quinto (violazione della contrattazione collettiva e dell’ar t. 45 del d. lgs. n. 165 del 2001) -comporta la cassazione della sentenza;
4.
ciò posto, costituisce come detto dato di fatto che presso il RAGIONE_SOCIALE, dopo l’accorpamento di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’indennità di amministrazione veniva corrisposta, secondo la contrattazione collettiva, in misura differenziata ai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE ed ai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE;
il tema – di mero diritto – è dunque quello del regime da applicare a chi fosse assunto ex novo o -la questione è identica -a chi fosse come nel caso di specie trasferito ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. n. 165;
in proposito, è evidente che esigenze di parità di trattamento (art., 45, d. lgs. n. 165 del 2001), già evidenziate dal giudice di primo grado, non possono che indirizzare nel senso che l’indennità ex RAGIONE_SOCIALE, senza entrare in ulteriori dettagli e casi concreti che non riguardano la presente causa, inevitabilmente spetta a chi, dopo il sorgere del RAGIONE_SOCIALE fosse stato addetto a prestare il proprio servizio in dipartimenti o direzioni generali provenienti dal RAGIONE_SOCIALE e riguardanti prevalentemente il settore universitario o della ricerca; nel caso di specie è pacifico che le ricorrenti, nel 2005 e quindi dopo il sorgere del RAGIONE_SOCIALE (e prima delle ulteriori vicende di scorporo, nuova riunione, nuovi scorpori di quei Ministeri, in forza di normativa successive), fossero state assegnate alla RAGIONE_SOCIALE (v. docc. n. 2 dei rispettivi ricorsi), in INDIRIZZO, ovverosia presso la sede dell’ ex RAGIONE_SOCIALE (v. la comunicazione del RAGIONE_SOCIALE di rettifica dell’indennità di amministrazione) e che tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE afferiva a Dipartimento interessato all’istruzione universitaria (art. 7, in particolare co. 2 lett. b d.p.r. n. 319/2003) e quindi a funzioni ex RAGIONE_SOCIALE;
esse dunque, in quel frangente, hanno quindi maturato il diritto a percepire, fin dalla presa di servizio presso il RAGIONE_SOCIALE, l’indennità di amministrazione nella misura prevista per i dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE; può quindi definirsi la causa nel merito, riconoscendo, come già in primo grado, in accoglimento delle domande dispiegate, il diritto delle ricorrenti alla percezione dell’indennità di amministrazione nella misura spettante ai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE a far data dalle rispettive decorrenze contrattuali;
le spese dell’intero processo seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di COGNOME NOME e COGNOME NOME a percepire l’indennità di amministrazione nella misura prevista dalla contrattazione collettiva per i dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE, con condanna della controparte al pagamento delle conseguenti differenze retributive a decorrere, rispettivamente, dal 1° aprile 2005 e dal 1° febbraio 2005, oltre rivalutazione monetaria o, se superiori, gli interessi legali, dalle singole mensilità al saldo.
Condanna il Ministero al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese dell’intero processo, che liquida, quanto al primo grado, in euro 4.000,00 per compensi, nonché, quanto al grado di appello, in euro 5.000,00 per compensi e, quanto al giudizio di cassazione, in euro 6.000,00 per compensi oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre alle spese generali in misura del 15 % ed agli accessori di legge.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE nell’adunanza camerale del 18.4.2024.