Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30820 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 30820 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 16116-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
Indennità compensazione
perdite commerciali da
Covid-19
R.G.N. 16116/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2024
PU
avverso la sentenza n. 92/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 02/02/2023 R.G.N. 645/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 2.2.2023, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda di NOME COGNOME volta alla corresponsione dell’indennità di cui all’art. 28, comma 1, d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020), e succ. mod. e integraz., finalizzata alla compensazione delle perdite commerciali derivanti dalle restrizioni sanitarie imposte per fronteggiare la pandemia da Covid-19.
I giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto decisivo che l’istante avesse presentato la domanda di iscrizione alla Gestione artigiani in data 6.3.2020, precedente a quella d’entrata in vigore del d.l. n. 18/2020, e hanno escluso che detta richiesta potesse considerarsi fittizia in ragione del fatto che l’inizio dell’attività era stato indicato nel precedente mese di novembre 2019, ciò che peraltro aveva indotto l’INPS a richiedergli il pagamento dei contributi dovuti e non versati.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di censura, l’INPS denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 1, d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020), e dell’art. 84, comma 4, d.l. n. 34/2020 (conv. con l. n. 77/2020), in relazione all’art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’indennità ivi disciplinata potesse essere accordata all’odierno controricorrente ancorché questi non fosse iscritto alla Gestione artigiani fin dal 1°.3.2020, essendosi iscritto solo in data 6.3.2020 con effetto dal 1 °.11.2019: ad avviso dell’Istituto ricorrente, prevedendo la prima delle due disposizioni che l’indennità venisse riconosciuta ‘per il mese di marzo’ e disponendo la seconda che venisse accordata in prosecuzione a coloro che ne fossero ‘già beneficiari per il mese di marzo’, emergerebbe con chiarezza l’intento del legislatore di individuare gli aventi diritto esclusivamente in coloro che fossero già iscritti ad una delle gestioni speciali dell’assicurazione generale obbligatoria alla data del 1°.3.2020, non essendo prevista la possibilità di frazionare la corresponsione dell’indennità; e tale interpretazione sarebbe corroborata, sul piano sistematico, dalle disposizioni degli artt. 27 e 29, d.l. n. 18/2020, cit., i quali -nel prevedere rispettivamente che, ai fini della corresponsione di analoghi ristori ai liberi professionisti, ai collaboratori coordinati e continuativi nonché ai lavoratori stagionali del settore turistico, i lavoratori autonomi dovessero essere titolari di partita IVA dal 23.2.2020
e i lavoratori subordinati dovessero essere cessati dal servizio tra il 1° gennaio e il 17 marzo 2020 -avrebbero individuato all’uopo precisi discrimina temporali, evidenziando a contrario l’incongruenza di attribuire ai commercianti e agli artigiani la facoltà di decidere liberamente la data di iscrizione alla gestione di competenza.
Con il secondo motivo, l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 1, d.l. n. 18/2020, cit., nonché dell’art. 81 Cost. per non avere la Corte territoriale considerato che la concessione dell’indennità de qua in fattispecie come quella per cui è causa avrebbe comportato l’impossibilità di qualunque previsione di spesa, potendo la platea dei beneficiari estendersi continuamente per effetto di iscrizioni con effetto retroattivo e derivandone sicuro pregiudizio al principio del pareggio del bilancio.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure, e sono infondati.
L’art. 28, d.l. n. 18/2020, rubricato ‘Indennità lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago’, dispone al primo comma che ‘ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro’ e prosegue, al secondo comma, prevedendo che ‘l’indennità è erogata dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 2.160 milioni di euro per l’anno 2020’, e demandando
all’INPS di provvedere ‘al monitoraggio del rispetto del limite di spesa’ e di comunicarne i risultati ‘al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al ministero dell’economia e delle finanze’, per poi stabilire in chiusura che ‘qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori’.
Come emerge chiaramente dalla sua predeterminazione in cifra fissa e affatto svincolata da requisiti di carattere contributivo, si tratta di una indennità di carattere marcatamente assistenziale, la cui introduzione è stata valutata come necessaria al fine di sostenere il reddito dei lavoratori autonomi iscritti nelle gestioni speciali per il commercio e l’artigianato dell’assicurazione generale obbligatoria a fronte delle restrizioni alla libertà di circolazione adottate per fronteggiare la pandemia da Covid-19; e dal momento che -come emerge dalla lettera del primo comma dell’art. 28, cit. la sua attribuzione presuppone soltanto che i beneficiari siano ‘lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago’ e che non siano ‘titolari di pensione’ o ‘iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie’ (con eccezione della c.d. Gestione separata), un’elementare applicazione del principio tempus regit actum , che è canonizzato ai fini dell’interpretazione della legge nell’art. 11 prel. c.c. (così, tra le innumerevoli, Cass. n. 26877 del 2011), induce a ritenere che, al fine del riconoscimento del dell’indennità, rilevi soltanto la circostanza che il beneficiario fosse iscritto ad una delle gestioni
speciali al momento dell’entrata in vigore della legge (17.3.2020), indipendentemente dal momento in cui tale iscrizione fosse avvenuta, salvo ovviamente il caso -che qui però non ricorre, giusta l’accertamento in fatto compiuto dai giudici territoriali -di una iscrizione fittizia, ossia finalizzata esclusivamente alla percezione dell’indennità.
Tale conclusione è avvalorata, sul piano teleologico, dalla finalità che si è detto essere propria dell’indennità: è notorio che la pandemia determinò la necessità di una chiusura repentina degli esercizi commerciali e dei laboratori artigianali e sarebbe stato certamente irragionevole escludere dal sostegno al reddito coloro che, essendosi appena iscritti nelle relative gestioni, avevano verosimilmente sopportato i costi per l’avvio di attività dalle quali si trovavano impossibilitati a ricavare alcun reddito. Mentre del tutto implausibile appare il timore dell’Istituto ricorrente che, estendendo anche a costoro l’indennità in questione, si rischierebbe di ampliare la platea dei beneficiari in modo non compatibile con l’esigenza del pareggio del bilancio pu bblico di cui all’art. 81 Cost.: è sufficiente all’uopo ricordare che il comma 2 dell’art. 28, d.l. n. 18/2020, cit., stabilisce motu proprio l’importo massimo della spesa autorizzata per tale finalità (€ 2.160 milioni per l’anno 2020), aggiungendo che il superamento del limite precluderebbe l’adozione di ulteriori ‘provvedimenti concessori’ nei confronti di chicchessia.
Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; e in considerazione del rigetto
del ricorso, va altresì dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 1.000,00, di cui € 800,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio