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Indennità aggiuntiva: sì per il personale distaccato

Un ex dipendente di un’amministrazione autonoma statale, assegnato temporaneamente a un ente pubblico economico, ha diritto all’indennità aggiuntiva di fine servizio per quel periodo. La Cassazione ha stabilito che, non essendoci stato un trasferimento definitivo, il rapporto di lavoro ai fini previdenziali è rimasto con l’amministrazione di origine, rendendo valido il servizio prestato presso l’ente esterno.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Aggiuntiva: La Cassazione Tutela il Personale in Assegnazione Provvisoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14141/2024, ha affrontato un’importante questione relativa al diritto all’indennità aggiuntiva di fine servizio per i dipendenti pubblici. Il caso riguarda un ex lavoratore di un’amministrazione autonoma statale che, a seguito di una riorganizzazione, è stato temporaneamente assegnato a un ente pubblico economico. La decisione chiarisce se il periodo di servizio prestato presso l’ente esterno debba essere computato ai fini del calcolo di tale indennità, fornendo principi di diritto cruciali per situazioni analoghe.

I Fatti del Caso: Assegnazione Provvisoria o Trasferimento?

La vicenda trae origine dalla richiesta di un ex dipendente di un’amministrazione autonoma dello Stato di ottenere il pagamento di un’indennità aggiuntiva per il suo fine servizio. Una parte significativa del suo percorso lavorativo si era svolta presso un ente pubblico economico, istituito per gestire attività precedentemente di competenza dell’amministrazione di provenienza.

Il Fondo di Previdenza ministeriale si opponeva alla richiesta, sostenendo che il lavoratore fosse stato trasferito definitivamente all’ente esterno e che, di conseguenza, il periodo di servizio lì prestato non fosse valido ai fini del calcolo dell’indennità. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva dato ragione al lavoratore, rigettando l’opposizione del Fondo. Quest’ultimo ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione dell’Indennità Aggiuntiva e la Decisione della Corte

Il nodo centrale della controversia era stabilire la natura del rapporto del lavoratore con l’ente esterno. Si trattava di un trasferimento definitivo, che avrebbe interrotto il legame con il Fondo di Previdenza originario, o di una semplice assegnazione temporanea (distacco), che avrebbe invece mantenuto attivo tale legame?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Fondo di Previdenza, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito la distinzione fondamentale tra due categorie di dipendenti coinvolti nella riorganizzazione:

Il Principio di Diritto per il Personale Assegnato

I dipendenti inseriti in un ruolo provvisorio del Ministero e semplicemente assegnati temporaneamente all’ente esterno, senza mai transitare definitivamente nei ruoli di quest’ultimo, hanno diritto a percepire l’indennità aggiuntiva. Il periodo di servizio prestato presso l’ente esterno va computato integralmente, poiché il rapporto di lavoro, ai fini previdenziali, non si è mai interrotto con l’amministrazione di appartenenza.

Il Principio di Diritto per il Personale Trasferito

Al contrario, i dipendenti che sono transitati in via definitiva all’ente esterno non hanno diritto all’indennità aggiuntiva per il periodo di lavoro successivo al trasferimento. Dopo tale passaggio, infatti, il loro rapporto di impiego e di servizio è intercorso esclusivamente con il nuovo ente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione su un’attenta analisi normativa, in particolare del D.Lgs. n. 283/1998, che ha gestito la transizione del personale. I giudici hanno accertato che il lavoratore in questione non era mai stato trasferito in via definitiva. Era rimasto in un “ruolo provvisorio ad esaurimento” del Ministero, una posizione creata appositamente per gestire queste situazioni transitorie. Successivamente, era stato inquadrato nei ruoli di un altro Ministero, senza mai diventare un dipendente di ruolo dell’ente esterno.

Un elemento normativo chiave, valorizzato dalla Corte, è l’art. 70, comma 12, del D.Lgs. n. 165/2001. Questa disposizione stabilisce che gli oneri economici per le prestazioni rese da questo personale, anche presso altre amministrazioni, gravano sull’amministrazione di appartenenza. Ciò dimostra che il Ministero è rimasto il soggetto di riferimento per la gestione del rapporto di lavoro e delle relative conseguenze economiche e previdenziali.

Di conseguenza, anche se il servizio è stato materialmente svolto presso l’ente esterno, ai fini giuridici e previdenziali è stato considerato come reso all’amministrazione di origine. Il legame con il Fondo di Previdenza ministeriale non si è quindi mai interrotto, legittimando il diritto del lavoratore a veder computato quel periodo per la sua indennità.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante tutela ai lavoratori pubblici che si trovano in situazioni di mobilità o assegnazione temporanea a seguito di riforme della pubblica amministrazione. La sentenza stabilisce un principio chiaro: finché non interviene un trasferimento formale e definitivo, il rapporto di impiego ai fini previdenziali resta incardinato nell’amministrazione di provenienza. Le implicazioni pratiche sono notevoli, poiché si garantisce che i periodi di servizio prestati altrove, in regime di assegnazione provvisoria, non vadano persi ai fini del calcolo di prestazioni come l’indennità aggiuntiva, salvaguardando così i diritti maturati dai dipendenti nel corso della loro carriera.

Un dipendente pubblico assegnato temporaneamente a un altro ente ha diritto all’indennità aggiuntiva di fine servizio dal suo ente di origine?
Sì, ha diritto all’indennità aggiuntiva. La Corte ha stabilito che se il dipendente non è transitato in via definitiva nei ruoli del nuovo ente, ma è stato solo applicato temporaneamente, il periodo di servizio va computato ai fini del calcolo dell’indennità prevista dal fondo di previdenza dell’amministrazione di appartenenza.

Cosa succede al diritto all’indennità aggiuntiva in caso di trasferimento definitivo a un altro ente?
In caso di trasferimento definitivo, il dipendente non ha diritto a percepire l’indennità aggiuntiva dall’ente di provenienza per il periodo di lavoro svolto presso il nuovo ente. Dopo il trasferimento, infatti, il rapporto di impiego e di servizio intercorre esclusivamente con il nuovo datore di lavoro.

Qual è l’elemento decisivo per stabilire se il servizio prestato presso un altro ente è valido ai fini del calcolo dell’indennità?
L’elemento decisivo è la natura del rapporto: se si tratta di un’assegnazione temporanea (distacco) senza un trasferimento formale nei ruoli del nuovo ente, il servizio è valido. Se, invece, avviene un trasferimento definitivo, il rapporto con l’ente di origine si interrompe e il servizio prestato successivamente non è computabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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