Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14801 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FONDO DI PREVIDENZA PER IL PERSONALE DEL RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , con AVV_NOTAIO. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Bari, n. 847/20 depositata il 25 giugno 2020 e notificata il 30 giugno 2020 Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.Con decreto n. 139 del 2015 il giudice del lavoro presso il Tribunale di Foggia ingiungeva al fondo ricorrente il pagamento, in favore di NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALEa somma di € 10.730,00 a titolo di TFR rapportato al periodo maggio 1994-dicembre 2010. Nel giudizio oppositivo il RAGIONE_SOCIALE sosteneva che gli importi non erano dovuti, in quanto nel periodo 2002-2007 il COGNOME era cessato dal
Ricorso meritale
servizio presso il MEF, per cui quanto a suo tempo liquidato dal RAGIONE_SOCIALE stesso era stato correttamente determinato.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione.
La Corte d’Appello, adìta in sede di gravame dal COGNOME, concludeva invece nel senso che nel periodo in considerazione (dal 1994 al 2010) l’appellante era sempre stato ininterrottamente nei ruoli del MEF e pertanto la differenza TFR pretesa in sede monitoria era fondata.
Propone quindi il RAGIONE_SOCIALE ricorso in cassazione fondato su un unico motivo, mentre il COGNOME resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
Va premesso che l’avvenuta istituzione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 130 del 2022, di una sezione civile RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione incaricata esclusivamente RAGIONE_SOCIALEa trattazione RAGIONE_SOCIALE controversie in materia tributaria non ha incidenza sulla natura meramente tabellare del riparto interno degli affari tra la predetta sezione e le altre sezioni civili RAGIONE_SOCIALEa S.C., il quale, pertanto, non dà luogo ad una questione di competenza (Cass. n. 2068/2025) e pertanto la presente controversia, pacificamente rientrante fra quelle di cui all’art. 409, cod. proc. civ., ben può essere trattata ad evitare tra l’altro ulteriori differimenti.
2.Con l’unico motivo si denuncia violazione degli artt. 4, d.lgs. n. 283/1998, 6 d.p.r. n. 1034/1984, d.p.r. n. 211/1981 e 2697, cod. civ., ritenendo infondata la circostanza assunta dalla corte territoriale per cui il COGNOME fosse stato distaccato ma mai trasferito all’RAGIONE_SOCIALE, rilevando che dal decreto del 20 settembre 2002 emergeva come lo stesso era stato trasferito all’RAGIONE_SOCIALE, e tale decreto era indicato nello stato matricolare del dipendente.
Il servizio prestato presso l’RAGIONE_SOCIALE non poteva essere considerato valido ai fini RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione al fondo, neppure in base al tenore testuale RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, comma 4, d.lgs. 283/1998 (secondo cui
‘vengono riconosciute l’anzianità corrispondente al servizio prestato e la posizione economica che avrebbe conseguito presso l’amministrazione finanziaria se non transitato nell’ente o nelle società’) che infatti si riferirebbe solo alla posizione retributiva, mentre l’indennità reclamata presuppone a perdurante iscrizione, come previsto dall’art. 6 del d.p.r. n. 1034/1984.
Ancora, l’errore RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale sarebbe dipeso dal mancato esame del decreto direttoriale contenuto nello stato matricolare e portante trasferimento del dipendente all’ETI.
Circostanza di trasferimento mai peraltro contestata.
2.1. Il motivo è infondato.
La corte territoriale, sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme, conclude proprio nel senso indicato dalla difesa erariale, affermando al termine di un sintetico ma chiaro percorso argomentativo, che la tesi RAGIONE_SOCIALE‘appellante secondo cui anche in ipotesi di trasferimento presso l’ESI egli avrebbe ugualmente diritto di percepire dal fondo l’indennità sull’intero periodo è infondata.
Invece la pronuncia d’appello è fondata sul rilievo, dipendente da un mero accertamento in fatto come tale non censurabile in questa sede, secondo cui il COGNOME non è mai transitato alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in particolare basandosi i giudici d’appello su una comunicazione RAGIONE_SOCIALEo stesso MEF secondo cui l’odierno controricorrente aveva maturato un’anzianità presso il ministero di sedici anni e otto mesi, dal 1994 al 2010 appunto.
Inoltre, la convinzione del giudice d’appello è altresì fondata sull’ordine di comando del dipendente presso il comune di Margherita di Savoia che il RAGIONE_SOCIALE aveva emesso il 1° settembre 2007, sull’evidente presupposto che il COGNOME fosse proprio dipendente.
Pertanto, il lavoratore rientra nel gruppo di dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE, che sono stati assegnati provvisoriamente all’ETI ex art. 4, comma 1, d.lgs. n. 283 del 1998, che non sono interessati dal disposto
RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, comma 4, d.l.gs. n. 283 del 1998 e che sono rimasti nel ruolo provvisorio ad esaurimento del RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), senza mai entrare nel ruolo ordinario del RAGIONE_SOCIALE.
A questo punto occorre stabilire se il personale ex RAGIONE_SOCIALE che ha svolto servizio in via provvisoria per l’RAGIONE_SOCIALE, senza, però, mai trasferirsi definitivamente presso quest’ultimo ente, abbia diritto all’indennità aggiuntiva prevista dal d.P.R. n. 1034 del 1984 e, per decidere ciò, bisogna accertare se il servizio presso l’ETI sia da considerare servizio ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 del medesimo d.P.R. n. 1034 del 1984.
Da un lato, infatti, il rapporto di servizio di quest’ultimo personale è stato con l’ETI; dall’altro, non può negarsi il rapporto con l’RAGIONE_SOCIALE e, tramite esso, con il RAGIONE_SOCIALE per il personale del RAGIONE_SOCIALE.
Va infatti valorizzato il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 70, comma 12, d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale ‘Il trattamento economico complessivo del personale inserito nel ruolo provvisorio ad esaurimento del RAGIONE_SOCIALE istituito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, in posizione di comando, dì fuori ruolo o in altra analoga posizione, presso enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria, rimane a carico RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione di appartenenza’. Questa disposizione palesa come, nel particolare rapporto di pubblico impiego contrattualizzato qui in esame, gli oneri economici per le prestazioni rese presso altre amministrazioni dal personale ex RAGIONE_SOCIALE inserito nel ruolo provvisorio e ad esaurimento del MEF gravano sull’amministrazione di appartenenza, che resta il soggetto interessato alla gestione del rapporto di lavoro ed alle conseguenze economiche degli eventi che la riguardano, anche se verificatisi dopo l’inizio RAGIONE_SOCIALE‘applicazione presso un altro ente pubblico (in questo, secondo lo schema evidenziato da Cass. n. 1471/2024). Ne deriva che il servizio reso
presso l’ETI da dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE come il controricorrente, mai passato definitivamente nei ruoli del medesimo ETI, è da considerare valido ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 del d.P.R. n. 1034 del 1984 e, in generale, RAGIONE_SOCIALE‘intero d.P.R. appena menzionato. Ne consegue, allora, la spettanza allo stesso controricorrente RAGIONE_SOCIALE‘indennità aggiuntiva oggetto di causa.
Quanto precede determina il rigetto del ricorso, con aggravio di spese per l’amministrazione soccombente.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso e condanna l’amministrazione al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2500,00 per compensi, oltre 15 % per spese generali, i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed oltre ad € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025