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Indennità agente unico: quando non può essere tolta

Un’azienda di servizi postali aveva interrotto l’erogazione della cosiddetta ‘indennità agente unico’ a un dipendente che svolgeva sia mansioni di autista sia di addetto alla consegna. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, stabilendo che, poiché il lavoratore ha continuato a svolgere le medesime mansioni, l’indennità è diventata parte integrante e irriducibile della sua retribuzione, anche a seguito di nuovi accordi collettivi che non hanno modificato l’organizzazione del lavoro.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Agente Unico: Non Può Essere Tolta se le Mansioni Restano Invariate

L’indennità agente unico rappresenta un compenso aggiuntivo per i lavoratori che, oltre a guidare, si occupano anche della gestione della corrispondenza. Ma cosa succede se il datore di lavoro decide di interrompere il pagamento di questa indennità, pur mantenendo invariate le mansioni del dipendente? Con l’ordinanza n. 14120/2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, consolidando un principio fondamentale a tutela della retribuzione del lavoratore.

I fatti di causa

Il caso riguarda un dipendente di una nota società di servizi postali, al quale era stata riconosciuta un’indennità per lo svolgimento congiunto di mansioni di autista e di ‘messaggere’, ovvero addetto al carico, scarico e consegna degli effetti postali. Questa indennità, introdotta da un accordo sindacale del 1996, era stata poi soppressa unilateralmente dall’azienda.

Tuttavia, il lavoratore aveva continuato a svolgere le medesime mansioni. I giudici di primo e secondo grado avevano già dato ragione al dipendente, condannando la società al pagamento delle somme dovute. La società ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, sostenendo che nuovi accordi collettivi (del 2010 e 2011) avessero di fatto assorbito le mansioni di ‘messaggere’ nella figura generica dell’ ‘operatore trasporti’, rendendo così superflua l’indennità.

La questione dell’indennità agente unico e la decisione della Corte

La società ricorrente sosteneva che l’indennità agente unico non avesse natura retributiva, ma piuttosto incentivante e accessoria. Di conseguenza, secondo la sua tesi, poteva essere eliminata in seguito a cambiamenti della contrattazione collettiva e delle condizioni economiche aziendali. L’argomento principale era che le nuove figure professionali previste dai contratti successivi includevano implicitamente le attività di carico e scarico, facendo venir meno il presupposto per un compenso aggiuntivo.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, definendo le censure ‘manifestamente infondate’. I giudici hanno ribadito, sulla base di una giurisprudenza ormai consolidata, alcuni punti chiave:

1. Natura Retributiva: L’indennità in questione non è un mero incentivo, ma remunera una specifica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che combina due diverse funzioni (autista e messaggere). Ha quindi una causa retributiva e rientra a pieno titolo nel trattamento economico del lavoratore.
2. Principio di Irriducibilità della Retribuzione: In base agli articoli 2103 del codice civile e 36 della Costituzione, la retribuzione non può essere ridotta unilateralmente. Questo principio si applica anche alle indennità che compensano compiti aggiuntivi. Una volta che un compenso entra a far parte della retribuzione perché corrisposto in modo continuativo per mansioni specifiche, non può essere eliminato se tali mansioni persistono.
3. Irrilevanza dei Nuovi Accordi: La Corte ha sottolineato che, nel caso specifico, i nuovi accordi collettivi non avevano prodotto alcuna modifica reale nell’organizzazione del lavoro del dipendente. Poiché è stato accertato che il lavoratore ha continuato a svolgere le stesse identiche mansioni di ‘agente unico’, il suo diritto a percepire il relativo compenso è rimasto intatto. La volontà delle parti, manifestata tramite ‘facta concludentia’ (ovvero il comportamento concludente di continuare a richiedere e svolgere la prestazione), prevale sulla mera stipulazione di nuovi contratti collettivi.

La Corte ha inoltre specificato che il tentativo della società di far passare la propria tesi come una violazione di legge era, in realtà, una richiesta di riesame dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza un importante baluardo a protezione dei diritti dei lavoratori. L’ordinanza stabilisce che un’indennità corrisposta per specifiche mansioni diventa parte integrante del patrimonio retributivo del dipendente e non può essere soppressa se la prestazione lavorativa rimane di fatto invariata. Per eliminare un compenso del genere, non è sufficiente la firma di un nuovo contratto collettivo, ma è necessaria una reale e concreta modifica dell’organizzazione del lavoro e delle mansioni effettivamente svolte. Questo principio garantisce che la retribuzione sia sempre ancorata al lavoro effettivamente prestato, impedendo riduzioni salariali ingiustificate.

Un’indennità prevista da un accordo collettivo può essere eliminata se l’accordo scade o viene sostituito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il lavoratore continua a svolgere le mansioni che davano diritto all’indennità, questa diventa parte della sua retribuzione e non può essere unilateralmente eliminata, anche in presenza di nuovi accordi collettivi, in virtù del principio di irriducibilità della retribuzione.

L’indennità agente unico ha natura retributiva o solo incentivante?
Ha natura retributiva. La sentenza stabilisce che questa indennità remunera specifiche mansioni aggiuntive (ritiro e consegna di posta unitamente alla guida) e, pertanto, costituisce una parte integrante della retribuzione e non un mero incentivo accessorio.

Il datore di lavoro può modificare le mansioni del lavoratore basandosi su nuovi accordi collettivi per eliminare un’indennità?
Sì, ma solo se la modifica dell’organizzazione del lavoro è reale e le mansioni che davano diritto all’indennità vengono effettivamente a cessare. Nel caso di specie, poiché il lavoratore ha continuato a svolgere le stesse identiche mansioni, la Corte ha ritenuto che il diritto all’indennità persistesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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