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Indennità agente unico: non si tocca con la riorganizzazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di servizi postali, confermando il diritto di un lavoratore a percepire l’indennità agente unico. La Corte ha stabilito che tale indennità ha natura retributiva e, in base al principio di irriducibilità della retribuzione, non può essere soppressa unilateralmente dall’azienda a seguito di una riorganizzazione del servizio, anche se gli accordi collettivi che la prevedevano sono stati superati.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Agente Unico: La Cassazione Conferma che Non Può Essere Abolita Unilateralmente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto del lavoro: la retribuzione del lavoratore non può essere ridotta unilateralmente dal datore di lavoro. Il caso specifico riguardava la soppressione della cosiddetta indennità agente unico a seguito di una riorganizzazione aziendale, ma le conclusioni della Corte hanno una portata ben più ampia e offrono importanti tutele a tutti i lavoratori.

I Fatti del Caso

Un dipendente di una grande società di servizi postali si era visto riconoscere dai giudici di primo e secondo grado il diritto a percepire l’indennità di agente unico per il periodo dal 2013 al 2016. Questa indennità era stata introdotta per remunerare le mansioni di ritiro e consegna di oggetti postali, svolte unitamente a quelle di autista.

La società datrice di lavoro ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che, a seguito di nuovi accordi aziendali stipulati nel 2010 e 2011, il servizio era stato riorganizzato. Secondo l’azienda, la figura dell’agente unico era confluita in quella di ‘operatore trasporti’, le cui mansioni ordinarie includevano già il carico e scarico. Di conseguenza, l’indennità specifica non sarebbe più stata dovuta.

Il Principio dell’Irriducibilità della Retribuzione e l’indennità agente unico

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della società, basando la sua decisione sul consolidato principio di irriducibilità della retribuzione, sancito implicitamente dagli articoli 2103 del Codice Civile e 36 della Costituzione. Questo principio stabilisce che la retribuzione, una volta entrata a far parte del contratto individuale del lavoratore, non può essere ridotta o eliminata per decisione unilaterale del datore di lavoro.

La Natura Retributiva dell’Indennità

Il punto centrale della questione è la natura dell’indennità agente unico. La Corte ha chiarito che non si tratta di una semplice elargizione o di un incentivo, ma di un vero e proprio elemento della retribuzione. Essa ha una ‘causa retributiva’ perché remunera una prestazione lavorativa specifica e aggiuntiva rispetto alle mansioni base. Essendo parte della retribuzione, gode della stessa tutela.

L’impatto della riorganizzazione aziendale e della scadenza degli accordi

La società sosteneva che la riorganizzazione e i nuovi accordi collettivi avessero implicitamente abrogato l’indennità. La Cassazione ha ritenuto questa tesi infondata. In assenza di un accordo esplicito (collettivo o individuale) che modifichi o abolisca l’indennità, essa deve continuare ad essere corrisposta. La semplice riorganizzazione delle mansioni non è sufficiente a giustificarne la soppressione, soprattutto se il lavoratore continua di fatto a svolgere i compiti per cui l’indennità era stata prevista. La scadenza di un contratto collettivo non sottrae il datore di lavoro all’obbligo di corrispondere la retribuzione pattuita.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha sottolineato che la tesi aziendale era meramente contrappositiva e non supportata da elementi concreti che dimostrassero un cambiamento organizzativo tale da giustificare il venir meno del diritto all’indennità. I giudici hanno affermato che, anche se gli accordi del 2010 e 2011 hanno ridefinito la figura professionale, ciò non comporta un’automatica abrogazione delle precedenti determinazioni retributive. Per eliminare un elemento retributivo come l’indennità in questione, serve una concorde volontà delle parti. L’impegno, assunto in un accordo collettivo, di ‘rivedere’ l’importo dell’indennità entro un certo termine, implica che, in assenza di un nuovo accordo modificativo o abolitivo, l’indennità stessa debba essere conservata nel suo ammontare attuale. La Corte ha quindi confermato le sentenze dei gradi precedenti, condannando la società a pagare le somme dovute.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela della retribuzione come elemento essenziale del rapporto di lavoro. Per i lavoratori, significa che un’indennità che compensa specifiche mansioni non può essere cancellata con una semplice riorganizzazione o con la scadenza di un accordo collettivo. Per le aziende, emerge la necessità di gestire le riorganizzazioni e le rinegoziazioni contrattuali con chiarezza, stipulando accordi espliciti qualora intendano modificare la struttura retributiva dei propri dipendenti. Una modifica unilaterale, basata su interpretazioni di nuovi assetti organizzativi, espone al rischio concreto di essere dichiarata illegittima dal giudice.

Un’indennità prevista da un contratto collettivo può essere eliminata dal datore di lavoro dopo una riorganizzazione aziendale?
No, secondo la Corte, se l’indennità ha natura retributiva perché remunera specifiche mansioni, entra a far parte del contratto individuale. Pertanto, non può essere abolita o ridotta unilateralmente dal datore di lavoro a seguito di una riorganizzazione, ma è necessario un nuovo accordo tra le parti che lo preveda esplicitamente.

Cosa succede a un’indennità quando scade il contratto collettivo che la prevedeva?
La scadenza del contratto collettivo non elimina di per sé l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità. Se l’indennità è entrata nel patrimonio del lavoratore come corrispettivo di una prestazione, l’obbligo di pagamento persiste e il suo ammontare può essere determinato dal giudice, anche con riferimento a quanto previsto dal contratto individuale o collettivo scaduto.

L’indennità di agente unico è considerata parte della retribuzione?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che l’indennità in questione ha una chiara causa retributiva. Essa remunera le mansioni di ritiro e consegna di oggetti postali svolte insieme a quelle di autista, e non può essere configurata come una mera elargizione. Per questo motivo, è protetta dal principio di non riducibilità della retribuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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