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Indennità ad personam: no a riduzioni unilaterali

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non può ridurre unilateralmente l’indennità ad personam di un dirigente, pattuita in sede di assunzione, a causa di sopravvenute difficoltà finanziarie. La valutazione sulla sostenibilità economica deve avvenire al momento della stipula del contratto, e una successiva modifica unilaterale costituisce inadempimento contrattuale.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità ad Personam: l’Ente Pubblico non Può Ridurla Unilateralmente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: la stabilità degli accordi contrattuali. Il caso esaminato riguarda la legittimità della riduzione unilaterale di un’indennità ad personam concessa a un dirigente da parte di un ente locale a causa di una crisi finanziaria. La Suprema Corte ha chiarito che, una volta stipulato il contratto, l’amministrazione non ha il potere di modificare la retribuzione pattuita, anche di fronte a difficoltà di bilancio.

I Fatti del Caso

Un dirigente di un Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) si era visto ridurre unilateralmente la propria retribuzione. Nello specifico, l’ente aveva smesso di corrispondere un assegno integrativo, qualificabile come indennità ad personam, giustificando tale decisione con una grave crisi di liquidità. Il dirigente aveva quindi agito in giudizio per ottenere il pagamento delle somme non corrisposte.

La Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dato ragione al lavoratore, condannando l’ente al pagamento di oltre 32.000 euro. Secondo i giudici di merito, l’iniziativa dell’A.T.O. di variare in corso di rapporto l’obbligazione retributiva costituiva un inadempimento contrattuale, in quanto non basata su cause di risoluzione o sospensione legalmente riconosciute.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’ente pubblico ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’articolo 110 del Testo Unico degli Enti Locali (T.U.E.L.) correla strettamente l’erogazione dell’indennità ad personam alle disponibilità economiche dell’ente, legittimando, a suo dire, un intervento correttivo anche durante l’esecuzione del rapporto.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la sentenza d’appello e condannando l’ente al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda su una precisa interpretazione della normativa di riferimento, che bilancia l’autonomia gestionale degli enti pubblici con il rispetto dei vincoli contrattuali assunti.

Le Motivazioni: la Stabilità del Contratto e i Limiti sulla Riduzione dell’Indennità ad Personam

Il fulcro della motivazione risiede nell’analisi dell’articolo 110, comma 3, del T.U.E.L. La norma consente agli enti locali di integrare il trattamento economico di un dirigente con una indennità ad personam, commisurata a specifiche qualifiche e condizioni di mercato. Tuttavia, la Corte sottolinea come la valutazione sulla compatibilità di tale indennità con le risorse di bilancio debba essere effettuata al momento del conferimento dell’incarico e della stipula del contratto. L’uso del verbo “definire” nella norma indica chiaramente che questa valutazione avviene nella fase genetica del rapporto, non durante la sua esecuzione.

Una volta che il contratto è stato concluso, esso ha forza di legge tra le parti. L’amministrazione non può, quindi, invocare esigenze di bilancio sopravvenute per ridurre unilateralmente l’importo concordato. Se la legge avesse voluto consentire una tale facoltà, lo avrebbe previsto espressamente.

Peraltro, la stessa normativa, al comma 4 dell’articolo 110, disciplina le ipotesi di gravi difficoltà finanziarie dell’ente (dissesto o situazioni strutturalmente deficitarie), prevedendo come conseguenza la risoluzione di diritto del contratto a tempo determinato, e non una sua modifica unilaterale. Questo conferma che il legislatore ha previsto un rimedio specifico e drastico per tali situazioni, escludendo la possibilità per l’ente di ridurre arbitrariamente la retribuzione pattuita.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione della Cassazione rafforza la tutela del lavoratore, anche dirigenziale, nei confronti della Pubblica Amministrazione. Essa stabilisce un principio di certezza giuridica: gli accordi economici presi in fase di assunzione non possono essere messi in discussione unilateralmente dall’ente datore di lavoro sulla base di difficoltà economiche sopraggiunte. L’ente ha l’onere di effettuare una valutazione prudente e sostenibile delle proprie finanze prima di stipulare un contratto, poiché dopo sarà vincolato agli impegni presi. Per i dirigenti pubblici, questa ordinanza rappresenta una garanzia fondamentale contro decisioni arbitrarie che potrebbero incidere sulla loro stabilità economica, riaffermando che il rapporto di lavoro, anche se con un ente pubblico, è regolato primariamente dai principi del diritto contrattuale.

Un ente pubblico può ridurre unilateralmente l’indennità ad personam di un dirigente dopo la firma del contratto, adducendo una crisi finanziaria?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una volta che il contratto è stato stipulato, l’amministrazione non può modificare unilateralmente la retribuzione pattuita. Un’azione del genere è considerata un inadempimento contrattuale.

Quando deve essere valutata la compatibilità finanziaria di un’indennità ad personam?
La valutazione sulla compatibilità dell’indennità con le risorse di bilancio dell’ente deve essere effettuata al momento del conferimento dell’incarico e della stipula del contratto, non in una fase successiva del rapporto di lavoro.

Cosa prevede la legge se un ente locale si trova in gravi difficoltà finanziarie dopo aver assunto un dirigente?
L’art. 110, comma 4, del T.U.E.L. prevede la risoluzione di diritto (cioè automatica) del contratto a tempo determinato nel caso in cui l’ente dichiari il dissesto finanziario o si trovi in situazioni strutturalmente deficitarie. La norma non consente, invece, una riduzione unilaterale dello stipendio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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