Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12852 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12852 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17090-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/03/2018 R.G.N. 433/2017;
Oggetto
Indebito previdenziale
R.G.N. 17090/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO CHE:
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Milano accoglieva la domanda dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di ripetizione di ratei pensionistici corrisposti a titolo di pensione di vecchiaia e pagati indebitamente a COGNOME NOME. Ella, infatti, alla data di decorrenza del trattamento pensionistico, aveva in corso un rapporto di lavoro.
Premesso che la pensionata aveva rassegnato le dimissioni in data 31.3.2004 e dichiarato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di essere stata riassunta il 3.4.2004, riteneva la Corte che tale dichiarazione fosse falsa. Dalla documentazione versata in giudizio risultava in realtà che ella era stata riassunta in data 1.4.2004, e quindi occupata il medesimo giorno (1.4.2004) di decorrenza della pensione di vecchiaia. Riconosciuto il dolo in capo alla parte, la Corte concludeva per il diritto dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a ripetere la prestazione.
Avverso la sentenza COGNOME NOME ricorre per tre motivi.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
All’adunanza camerale odierna il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione dell’art.1, co.7 d.lgs. n.503/92. La Corte non avrebbe considerato che, conformemente alla situazione reale, la ricorrente aveva dichiarato la ripresa del lavoro in data 3.4.2004. La Corte si era limitata a fondare il proprio convincimento su documenti formali non provenienti da sé ma da terzi.
Con il secondo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione dell’art.13 l. n.412/91 per aver ritenuto il dolo in capo alla ricorrente. Sostiene che una dichiarazione falsa può essere compatibile con la colpa, determinata da una situazione di ignoranza o da un errore non finalizzato ad ingannare l’ente.
Con il terzo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce omesso esame della rilevanza della condotta omissiva dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che, per 10 anni, non eseguì i controlli richiesti dall’art.13, co.2 l. n.412/91, concorrendo così con colpa all’aggravamento dell’obbligo restitutorio.
Il primo motivo è infondato.
La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dell’art.1, co.7 d.lgs. n.503/92, secondo cui i
. Con un accertamento in fatto non sottoposto a censura, e sindacabile nei soli limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c., la Corte ha concluso che la dichiarazione di ripresa del lavoro in data 3.4.2004 presentata dalla ricorrente all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE fosse falsa, e che la stessa avesse in realtà ripreso a lavorare l’1.4.2004, ossia il giorno stesso del collocamento in pensione. Ciò la Corte ha affermato basandosi su vari documenti – cedolini paga, lettera di
assunzione, CUD – che indicavano tutti nell’1.4.2002 la data del nuovo rapporto di lavoro.
Sulla base di tale accertamento, la Corte ha poi applicato correttamente l’art.1, co.7 d.lgs. n.503/92 escludendo il diritto a pensione stante la sussistenza al tempo di un rapporto lavorativo.
Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
La Corte ha ritenuto la sussistenza del dolo in capo alla ricorrente: costei infatti aveva dichiarato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE una circostanza falsa, ovvero la ripresa dell’attività lavorativa in data 3.4.2004, anziché nella reale data dell’1.4.2004.
Nel caso in cui la prestazione pensionistica venga erroneamente erogata sulla base di false dichiarazioni rese dall’assicurato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, questa Corte ha affermato che vige una sorta di presunzione di condotta consapevole e volontaria – in altri termini dolosa – a fronte della quale incombe al pensionato l’onere di provare che detta condotta dipese da mera colpa, e specificamente da una non completa e attenta valutazione delle circostanze che hanno determinato detta condotta (Cass.8609/99). Occorre aggiungere che l’accertamento della sussistenza del dolo è un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c. Il motivo di ricorso non deduce alcun fatto storico decisivo e oggetto di discussione tra le parti, omesso dalla Corte d’appello e in base al quale dovesse escludersi il dolo e dirsi vinta la relativa presunzione sussistente in caso di false dichiarazioni rese all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Il terzo motivo è infondato.
L’art.13, co.2 l. n.412/91 prevede i controlli annuali dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE sulle ‘
Al rigetto del ricorso segue condanna alle spese secondo soccombenza.