SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1203 2025 – N. R.G. 00000066 2025 DEPOSITO MINUTA 04 12 2025 PUBBLICAZIONE 04 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI BARI SEZIONE LAVORO
in
composta dai magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME – Presidente
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella controversia di lavoro iscritta sul ruolo generale al n. 66 del 2025,
TRA
persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO,
APPELLANTE
E
, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
APPELLATO
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Bari, premesso di essere titolare di pensione di inabilità civile a far data dal 1° novembre 2019, successivamente incrementata dal luglio 2020 con la maggiorazione sociale di cui all’art. 38 della L. n. 448/2001, riferiva che: a) all’esito della visita di revisione sanitaria espletata in data 25.11.2020, il proprio grado di invalidità veniva rideterminato nella misura del 75%, con conseguente diritto alla diversa prestazione dell’assegno mensile di invalidità; b) che, ciononostante, l’ aveva
continuato ad erogare la prestazione nell’importo originario, comprensivo della maggiorazione sociale non più spettante, sino all’aprile 2022; c) successivamente, con provvedimenti datati 21.03.2022 e 10.10.2022, l’ le comunicava la riliquidazione della prestazione e l’accertamento di un indebito pari ad € 6.749,24 per il periodo dall’1.12.2020 al 30.04.2022, disponendone il recupero mediante trattenute mensili .
Ciò premesso, la adiva il Tribunale di Bari, opponendosi alla pretesa e chiedeva disporsi l’annullamento della richiesta restitutoria e la restituzione delle somme eventualmente trattenute dall’ nonché, in via subordinata, in caso di ritenuta ripetibilità dell’indebito, la tutela risarcitoria dei danni subiti, pari alle somme ritenute indebite, oltre interessi e rivalutazione; il tutto con favore di spese.
Si costituiva in giudizio l’ resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto.
Il Tribunale di Bari, con sentenza n.4454 del 18.11.2024, ha accolto integralmente il ricorso e, accertata l’irripetibilità delle somme, ha anche condannato l alla restituzione delle eventuali somme già recuperate nonché alla rifusione delle spese.
In particolare, il primo giudice, qualificata la fattispecie come indebito assistenziale e richiamata la disciplina di settore, ha ritenuto fondata la prospettazione di parte, rilevando che, pur avendo notificato il verbale di revisione (accertante l’invalidità al 75%) in data 09.12.2020, l’ avrebbe violato l’obbligo di “immediata sospensione” del beneficio e di “revoca” entro novanta giorni, imposto dall’art. 37, comma 8, L. n. 448/1997. Ha rilevato poi che tale condotta omissiva, protrattasi per circa due anni unitamente alla circostanza che la maggiorazione era stata riconosciuta d’ufficio dall avrebbe ingenerato un affidamento incolpevole nella ricorrente, che peraltro non poteva avere consapevolezza dei motivi del venir meno del diritto alla maggiorazione (riconosciuto d’ufficio dall’Ente) sulla scorta della sola notifica del verbale sanitario. Alla stregua di tanto, ha accertato dunque l’irripetibilità dell’indebito e condannato l alla restituzione di quanto eventualmente già recuperato.
Avverso tale sentenza ha interposto appello l’ , instando per l’integrale riforma della sentenza.
Si è costituita la che, dato atto della sopravvenuta esecuzione della sentenza da parte dell’ ha contestato i motivi di gravame, insistendo per il rigetto dell’appello.
All’odierna udienza, all’esito della discussione, la causa è stata decisa mediante lettura del dispositivo.
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I. Sul ricorso in appello.
I.a. Con un primo e articolato motivo, l’ appellante lamenta la violazione e falsa applicazione, da parte del Tribunale, della normativa e dei principi giurisprudenziali in materia di indebito assistenziale derivante dall’insussistenza dei requisiti sanitari.
Deduce in particolare che il giudice di prime cure, pur avendo correttamente inquadrato la fattispecie come indebito scaturente da revisione sanitaria, avrebbe erroneamente applicato i principi (in particolare quello dell’affidamento incolpevole) elaborati dalla giurisprudenza per la diversa ipotesi di indebito determinato da ragioni reddituali; sostiene, per converso, che l’indebito da ragioni sanitarie è governato da una disciplina speciale, segnatamente dall’art. 4, comma 3bis , della L. n.425/1996 e dall’art. 37, comma 8, della L. n. 448/1998 che ancorano la decorrenza della revoca e, conseguentemente, la ripetibilità delle somme, « dalla data della visita di verifica » e non dalla data di comunicazione della revoca.
Inoltre, l richiama a sostegno della propria tesi la giurisprudenza di legittimità (segnatamente Cass. n. 34013/2019 e Cass. n. 248/2023), secondo cui è irrilevante la tardiva sospensione delle prestazioni da parte dell’amministrazione, essendo la data dell’accertamento amministrativo (ovvero quella di visita) il momento che determina la fine dell’affidamento dell’assistito; contesta, inoltre, la valutazione del Tribunale circa l’affidamento incolpevole, rilevando che, in ogni caso, l’appellata era stata resa pienamente consapevole del mutamento del suo status sanitario sin dal 09.12.2020, data di notifica del verbale, con conseguente cessazione di qualsivoglia buona fede o affidamento incolpevole.
Al riguardo, rimarca anche l’inconsistenza della domanda risarcitoria articolata in via gradata, in ragione della inconfigurabilità anche solo teorica nel
caso di specie di un danno ingiusto risarcibile riveniente da un obbligo di restituzione di somme cui la ricorrente non aveva pacificamente diritto.
I.b. Con il secondo motivo di doglianza, si censura poi la sentenza per avere disposto la condanna dell’Istituto alla « restituzione di quanto recuperato », deducendosi che tale statuizione sarebbe stata emessa in assenza di qualsivoglia allegazione e prova, da parte dell’originaria ricorrente, dell’avvenuto recupero delle somme.
In ragione di tanto e delle complementari argomentazioni ivi esposte, l’appellante ha dunque richiesto la riforma dell’impugnata sentenza, con integrale rigetto della domanda proposta.
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L’appello è fondato e deve essere accolto, in forza delle seguenti motivazioni.
II.a. In via preliminare, deve disattendersi l’eccezione di sopravvenuta acquiescenza articolata dall’appellata con riferimento al provvedimento del 27.08.2025, con cui l’ si è limitato a dare esecuzione (come si evince dall’oggetto e dal contenuto del messaggio Pec) alla sentenza impugnata.
Va infatti ribadito che, secondo consolidati principi, l’adeguamento alle statuizioni di una sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza ad essa e pertanto non si configura come comportamento idoneo ad escludere la sopravvenuta ammissibilità dell’impugnazione, dovendo presumersi da tale comportamento unicamente la finalità di evitare l’esecuzione forzata ed altri più gravi pregiudizi (cfr. fra le tante, Cass. n. 18187 del 2007, n.13429 del 2010 e, più recentemente, Cass. n. 26860 del 2018).
II.b. Ciò posto e venendo al merito della contesa, giova premettere, in linea con quanto rilevato dal Tribunale, che la maggiorazione sociale di cui all’art. 38 della L. n. 448/2001, che costituisce l’oggetto della pretesa restitutoria, è un istituto di natura pacificamente assistenziale, in quanto non attinge ad alcuna provvista contributiva e grava sulla fiscalità generale, accedendo peraltro ad una prestazione (la pensione di inabilità civile) parimenti assistenziale.
Va inoltre ribadito che il regime dell’indebito assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., a cui restano assoggettate solo le ipotesi in cui la fattispecie concreta difetti degli elementi essenziali per consentire l’ingresso all’interno del
settore protetto, come ad esempio accade quando la prestazione sia stata erogata senza che il percettore ne abbia fatto domanda, ovvero quando non vi sia alcuna relazione tra la prestazione e la situazione di fatto esistente, poiché in entrambi i casi non si giustifica la deroga alla disciplina comune dell’indebito.
In particolare, la giurisprudenza della Suprema Corte ha individuato, in relazione alle singole e diversificate fattispecie di indebito, un’articolata disciplina che distingue vari casi, a seconda che il pagamento non dovuto afferisca, volta per volta, alla mancanza dei requisiti reddituali, di quelli socio-economici, dei requisiti sanitari o a questioni di altra natura (come, per esempio, l’esistenza di ricovero ospedaliero gratuito nel caso dell’indennità di accompagnamento).
Regole specifiche ricorrono per l’indebito, quale quello oggetto di causa, riconnesso al venire meno dei requisiti sanitari ( ex lege n.448 del 1998, art. 37, comma 8), che consente la ripetibilità dal momento dell’esito sfavorevole della visita di verifica.
Infatti, in ossequio al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ‘con riferimento alla revoca delle prestazioni assistenziali in favore degli invalidi civili, alla stregua della disciplina via via succedutasi nel tempo a partire dalla L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 4, (D.L. n. 323 del 1996, art. 4, comma 3 ter, convertito in L. n. 425 del 1996, L. n. 448 del 1998, art. 37, comma 8) -disciplina alla quale rimane estranea la disposizione meramente “regolamentare” dettata dal D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5, avente ad oggetto l’articolazione del relativo procedimento – deve ritenersi che la ripetizione delle prestazioni indebitamente erogate operi dalla data di accertamento amministrativo dell’inesistenza dei requisiti sanitari, senza che possa rilevare – in mancanza di una norma che disponga in tal senso – il mancato rispetto, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare il formale provvedimento di revoca entro termini prefissati; né il sistema normativo così interpretato può essere ritenuto non rispettoso dell’art. 38 Cost., essendo ragionevole che la data dell’accertamento amministrativo, ancorché precedente il formale atto di revoca, determini la fine dell’affidamento dell’assistito nella definitività dell’attribuzione patrimoniale ricevuta’ (Cass. civ., Sez. VI, 19.12.2019, n. 34013; Cass., Sez. Lav., 26.04.2002, n. 6091).
Più nello specifico, secondo la giurisprudenza, l’indebito assistenziale che si è determinato per il venir meno del requisito sanitario a seguito di visita di
revisione abilita dunque alla restituzione a far tempo dal provvedimento con cui l’esito di detto accertamento è comunicato al percipiente, salvo che l’erogazione indebita sia addebitabile all’assistito e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento, condizione quest’ultima che legittima il recupero di tutte le somme, anche quelle erogate in data antecedente alla comunicazione del provvedimento di accertamento negativo (Cass. civ., sez. VI -Lav., ord., 4 agosto 2022, n. 24180).
Più di recente Cass. 05.01.2023, n.248, ha precisato, in termini confliggenti con l’interpretazione del primo giudice, che in tema di invalidità civile la revoca dei relativi benefici assistenziali produce i suoi effetti, per espressa previsione normativa, « dalla data della visita di verifica » e non dalla successiva data di comunicazione della revoca, restando irrilevante, altresì, la tardiva sospensione delle prestazioni (Cass. n.34013/2019; Cass. n.26162/2016; Cass. n.26096/2010).
L’orientamento, che questa Corte condivide, trova il suo fondamento in un sistema che àncora la cessazione del diritto all’oggettivo accertamento del venir meno del suo presupposto costitutivo (lo stato invalidante nella misura richiesta dalla legge), rispetto al quale l’atto di revoca non ha natura costitutiva ma meramente ricognitiva di una situazione giuridica già mutata e i cui effetti retroagiscono, per espressa volontà legislativa, al momento dell’accertamento sanitario.
Calando i detti principi nel caso di specie, risulta documentato in atti che, per effetto della rituale comunicazione degli esiti della visita di revisione del 25.11.2020, la era perfettamente a conoscenza del fatto che il suo status sanitario era mutato e che, di conseguenza, non le spettava più la pensione di inabilità totale: prestazione cui la maggiorazione sociale è intrinsecamente ed esclusivamente connessa ai sensi dell’art. 38, comma 4, della legge n. 448/2001.
Va infatti ribadito che tale maggiorazione rappresenta una prestazione accessoria che la legge riserva, ai sensi del richiamato art. 38, a categorie ben definite di soggetti, fra cui, ai sensi del comma 4, i « soggetti di età superiore a diciotto anni, che risultino invalidi civili totali ».
Alla stregua di tanto, non può condividersi la decisione del Tribunale di escludere la ripetibilità delle somme erogate a titolo di maggiorazione, in quanto la sopravvenuta modifica dello status giuridico-sanitario dell’appellata ha
determinato ex lege il venir meno dell’unico presupposto che ne giustificava l’erogazione, stante la correlazione strutturale e inscindibile tra il diritto alla maggiorazione e il possesso dello status di « invalido civile totale ».
In altri termini, dal momento in cui la ha avuto contezza degli esiti del verbale di revisione, è stata resa edotta della perdita della qualifica di invalida totale e dunque dell’unico requisito sanitario utile alla percezione della pensione in invalidità nell’importo comprensivo della maggiorazione di cui all’art. 38 l. 448/2001.
Ed infatti, da quella data, la consapevolezza (o la conoscibilità con l’ordinaria diligenza) della non spettanza di un beneficio espressamente riservato dalla legge ai soli invalidi totali ha escluso in radice la configurabilità di un affidamento meritevole di protezione. Né può ritenersi che la percipiente non fosse tenuta a conoscere le conseguenze giuridiche, anche in merito alla maggiorazione, del venir meno del requisito sanitario (invalidità totale), non ricorrendo, a fronte del chiaro disposto normativo, alcuna ipotesi di ignoranza scusabile.
Significativo al riguardo è il fatto che la ricorrente si è vista riconoscere la maggiorazione in esame per effetto di uno specifico provvedimento in cui si giustificava l’erogazione in guisa di adeguamento della « pensione… categoria INVCIV » percepita e proprio in applicazione di quanto « previsto dall’articolo 38 comma 4 della Legge 28 dicembre 2001, n.448, modificata dall’articolo 15 del D.L. 14 agosto 2020, n.104 ».
Poiché dunque l’indebito in esame risulta correlato al venir meno del requisito sanitario (e non già, come nel precedente citato in sentenza, Cass. civ. n.13915/2021, per superamento dei limiti di reddito), appare pienamente legittima la richiesta restitutoria dell a far tempo dalla conoscenza degli esiti della visita di revisione, senza che rilevi al riguardo la mancanza di un separato atto di revoca della maggiorazione.
La legittimità dell’operato dell’ che ha dunque agito nei termini indicati dalla giurisprudenza, esclude parimenti la fondatezza della domanda risarcitoria articolata in via subordinata dalla ricorrente, anche in considerazione della carenza di allegazione e prova dello specifico pregiudizio derivante dalla necessità di restituire all’Istituto, peraltro in modo rateale (120 rate mensili), somme comunque percepite sine titulo .
Resta assorbito il secondo motivo di appello relativo alla mancata prova, da parte dell’originaria ricorrente, dell’effettivo recupero delle somme da parte dell , atteso che la statuizione di condanna resa nell’impugnata sentenza resta comunque travolta dall’accertamento della legittimità dell’indebito.
II.c. In conclusione, l’appello proposto dall’ va accolto e la sentenza di primo grado deve essere integralmente riformata, con conseguente rigetto della domanda attorea.
Nonostante la soccombenza, nulla è dovuto a titolo di spese di lite, in ragione della dichiarata ricorrenza dei presupposti reddituali di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Bari, Sezione lavoro, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dall’ con ricorso depositato il 31.01.2025, avverso la sentenza emessa in data 18.11.2024 dal Giudice del lavoro del Tribunale di Bari, nei confronti di così provvede:
-accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda attorea;
dichiara non dovute le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Così deciso in Bari, addì 25.11.2025
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Il Consigliere est.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME