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Incompatibilità vigili del fuoco: la Cassazione chiarisce

Un vigile del fuoco volontario, cancellato dall’elenco per una presunta incompatibilità professionale, viene reintegrato. La Corte di Cassazione stabilisce che la semplice potenziale idoneità a svolgere attività nel settore antincendio non è sufficiente a determinare l’incompatibilità vigili del fuoco. È necessario un esercizio effettivo dell’attività come titolare o amministratore, interpretando la norma in senso restrittivo.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incompatibilità vigili del fuoco volontari: quando scatta davvero? La Cassazione fa chiarezza

La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui casi di incompatibilità vigili del fuoco volontari, stabilendo che la semplice potenziale idoneità a operare nel settore antincendio non è sufficiente per giustificare l’esclusione dall’elenco. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un professionista cancellato dall’elenco

Un vigile del fuoco volontario si è visto cancellare la propria iscrizione dall’elenco provinciale. La motivazione addotta dall’Amministrazione era una presunta causa di incompatibilità basata sulla sua professione. Il professionista era titolare di uno studio tecnico che, in teoria, avrebbe potuto svolgere attività nel settore antincendio, anche se di fatto non lo faceva.

Il vigile ha impugnato il provvedimento, ottenendo ragione sia in primo grado, presso il Tribunale, sia in secondo grado, presso la Corte d’Appello. Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che non sussistesse alcuna incompatibilità concreta. L’Amministrazione, non soddisfatta, ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica sull’incompatibilità vigili del fuoco

Il nodo centrale della controversia riguardava l’interpretazione dell’articolo 8 del d.P.R. n. 76 del 2004. Tale norma vieta l’iscrizione agli elenchi dei volontari a soggetti come gli amministratori di società o i titolari di imprese e studi professionali che esercitano effettivamente attività di produzione, installazione, commercializzazione, formazione, consulenza o servizi nel settore antincendio.

Secondo l’Amministrazione ricorrente, sarebbe bastato che l’attività professionale del volontario, nel suo normale ambito di svolgimento, potesse potenzialmente includere servizi antincendio per far scattare l’incompatibilità, a prescindere dal fatto che tali servizi fossero mai stati realmente offerti o eseguiti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione, definendo la sua tesi infondata. I giudici hanno sottolineato che le norme che prevedono cause di incompatibilità devono essere interpretate in senso restrittivo, poiché limitano un diritto. Pertanto, non possono essere applicate a situazioni non espressamente contemplate.

La norma, secondo la Corte, è inequivocabile: l’incompatibilità si applica solo a coloro che, in qualità di titolari o amministratori, esercitano attivamente un’attività nel settore antincendio. Il presupposto non è la potenziale idoneità a farlo, ma lo svolgimento concreto di tale attività. Estendere la norma a casi di mera potenzialità significherebbe andare oltre i confini stabiliti dal legislatore, il cui intento era quello di prevenire evidenti conflitti di interesse.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano già accertato due fatti cruciali:
1. Lo studio tecnico del volontario non operava nel settore antincendio.
2. Per un’altra attività svolta presso una società terza, il soggetto era un semplice dipendente, non un amministratore o titolare, figure a cui la norma si riferisce esplicitamente.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: la potenziale idoneità dell’iscritto a eseguire lavori in materia antincendio o il semplice esercizio di un’attività professionale nel cui ambito tali lavori potrebbero rientrare non sono sufficienti a integrare la causa di incompatibilità. È necessario che il soggetto sia amministratore di società o titolare di impresa/studio che esercita concretamente attività nel settore antincendio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un punto fermo a tutela dei vigili del fuoco volontari che svolgono anche una libera professione. La decisione della Cassazione impedisce interpretazioni estensive e potenzialmente penalizzanti della normativa sull’incompatibilità vigili del fuoco, ancorando la valutazione a un dato oggettivo e concreto: l’effettivo esercizio di attività in conflitto di interesse. Viene così salvaguardato il principio di legalità e si evita di escludere cittadini meritevoli dal servizio volontario sulla base di mere ipotesi o potenzialità professionali non realizzate.

Per un vigile del fuoco volontario, basta avere una qualifica professionale nel settore tecnico per essere considerato incompatibile?
No, la sola qualifica professionale o la potenziale idoneità a svolgere lavori nel settore antincendio non è sufficiente. Secondo la Corte, l’incompatibilità sorge solo se si esercita effettivamente e in modo concreto un’attività in quel settore come titolare di impresa, studio o come amministratore di società.

Cosa significa che le norme sull’incompatibilità dei vigili del fuoco devono essere interpretate in senso restrittivo?
Significa che le cause di incompatibilità si applicano solo ed esclusivamente ai casi specificamente previsti dalla legge e non possono essere estese per analogia a situazioni simili o potenziali. La norma deve essere letta alla lettera per non limitare ingiustamente i diritti dei cittadini.

Un dipendente di una società che opera nel settore antincendio è soggetto a incompatibilità?
Basandosi sulla sentenza, no. La norma sull’incompatibilità si riferisce esplicitamente agli “amministratori di società” e ai “titolari di impresa”, ovvero a figure con ruoli decisionali e di rappresentanza. Un semplice dipendente, non avendo tale qualifica, non rientra nella causa di incompatibilità descritta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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