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Incentivo all’esodo: email aziendale non è offerta

La Corte d’Appello di Torino ha stabilito che un’email inviata da un’azienda per illustrare un piano di incentivazione all’esodo non costituisce una proposta contrattuale irrevocabile. Un lavoratore, dopo aver ricevuto tale comunicazione e trovato un nuovo impiego, si è visto negare l’accesso al piano. Ha quindi rassegnato le dimissioni per giusta causa, ma la Corte ha respinto il suo appello. La decisione si fonda sul carattere meramente informativo della comunicazione e sulle clausole degli accordi sindacali, che subordinavano l’adesione alle esigenze tecniche e organizzative aziendali, escludendo un diritto automatico per il dipendente.

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Pubblicato il 3 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incentivo all’esodo: Quando una mail aziendale non è un’offerta vincolante

Nelle fasi di riorganizzazione aziendale, le comunicazioni relative a un piano di incentivo all’esodo sono di cruciale importanza. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra una comunicazione informativa e una proposta contrattuale vincolante. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Torino chiarisce i limiti dell’affidamento che un lavoratore può riporre in una email generica, stabilendo che essa non costituisce, di per sé, un’offerta irrevocabile.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una procedura di licenziamento collettivo avviata da una società torinese. Nell’ambito di tale procedura, vengono stipulati accordi sindacali che prevedono, tra le altre cose, un incentivo all’esodo per i lavoratori che intendono cogliere opportunità professionali esterne. La possibilità di aderire a questo piano era però subordinata alla compatibilità con le “esigenze tecnico organizzative e operative aziendali”.

Un dipendente riceveva un’email dall’azienda che illustrava il programma di uscita incentivata, con una stima dell’importo che avrebbe potuto percepire. Confidando in quella che riteneva una proposta irrevocabile, il lavoratore prendeva contatti con un’altra azienda, ottenendo una nuova assunzione.

Successivamente, manifestava al proprio HR la volontà di aderire al programma, ma la sua richiesta veniva respinta, poiché l’azienda lo considerava una risorsa non rinunciabile. Trovandosi nella condizione di dover iniziare il nuovo lavoro, il dipendente rassegnava le dimissioni, sostenendo che fossero per giusta causa a causa della presunta violazione dell’offerta da parte del datore di lavoro, e citava l’azienda in giudizio per ottenere il pagamento dell’incentivo e dell’indennità di preavviso.

La Decisione della Corte d’Appello

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello di Torino hanno respinto le domande del lavoratore. La Corte ha confermato che l’email inviata dall’azienda non poteva essere qualificata come una proposta contrattuale irrevocabile, ma aveva un carattere puramente informativo. Di conseguenza, il rifiuto dell’azienda era legittimo e le dimissioni del lavoratore non potevano essere considerate assistite da giusta causa.

Le Motivazioni: la natura della comunicazione sull’incentivo all’esodo

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti chiave:

1. Carattere Informativo della Comunicazione: L’email era stata inviata indistintamente a tutti i lavoratori potenzialmente interessati e non conteneva elementi specifici che potessero configurarla come un’offerta personalizzata e vincolante. Il testo invitava i dipendenti a contattare il proprio referente HR per approfondimenti, segnalando così la sua natura preliminare e non definitiva.

2. Rinvio agli Accordi Sindacali: La decisione ha sottolineato come la comunicazione aziendale non potesse prevalere su quanto stabilito negli accordi sindacali. Tali accordi prevedevano chiaramente che, per i lavoratori non prossimi alla pensione, l’accettazione della richiesta di esodo era una facoltà discrezionale dell’azienda, legata alle specifiche competenze professionali del dipendente e alle esigenze organizzative. La società si era riservata il diritto di valutare ogni singola posizione.

3. Assenza di Legittimo Affidamento: Non essendoci stata una proposta formale, non poteva sorgere nel lavoratore un “legittimo affidamento” tutelabile legalmente. Il dipendente aveva concordato la nuova assunzione prima ancora di formalizzare la sua adesione al piano e ben prima di ricevere il diniego, agendo quindi a proprio rischio. La Corte ha evidenziato che non erano intercorse tra le parti trattative serie e avanzate tali da giustificare la convinzione che l’accordo si sarebbe concluso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa sentenza offre un importante monito: i lavoratori devono prestare la massima attenzione alla forma e al contenuto delle comunicazioni aziendali. Un’email che illustra un piano di incentivo all’esodo non è automaticamente un diritto acquisito. È essenziale verificare le condizioni previste dagli accordi sindacali e attendere una formale accettazione da parte dell’azienda prima di prendere decisioni importanti, come accettare un nuovo lavoro.

Per le aziende, la sentenza conferma l’importanza di redigere comunicazioni chiare, specificando la loro natura informativa e rinviando esplicitamente agli accordi collettivi che regolano le procedure. Ciò consente di gestire i processi di riorganizzazione con trasparenza, limitando il rischio di contenziosi basati su interpretazioni errate delle comunicazioni interne.

Un’email aziendale che descrive un piano di incentivazione all’esodo è considerata una proposta contrattuale vincolante?
No, secondo la sentenza analizzata, un’email con carattere informativo, inviata a tutti i dipendenti e che invita a contattare l’HR per dettagli, non costituisce una proposta contrattuale vincolante, ma una mera comunicazione preliminare.

L’azienda può rifiutare la richiesta di un lavoratore di aderire a un piano di esodo volontario?
Sì, se gli accordi sindacali che regolano il piano prevedono che l’accettazione sia subordinata a condizioni specifiche, come la compatibilità con le “esigenze tecniche organizzative e operative aziendali”. In tal caso, l’azienda mantiene un potere discrezionale di valutazione.

La rassegnazione delle dimissioni dopo un rifiuto all’adesione a un piano di esodo è sorretta da giusta causa?
No, se l’azienda non ha violato alcun obbligo contrattuale. Poiché l’email non era un’offerta vincolante, il suo rifiuto di accettare la richiesta del lavoratore era legittimo. Di conseguenza, le dimissioni non sono assistite da giusta causa e il lavoratore non ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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