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Incarico extraistituzionale: obbligo autorizzazione

Un infermiere del servizio sanitario pubblico è stato licenziato per aver svolto un incarico extraistituzionale come presidente di una cooperativa senza autorizzazione, oltre che per un’assenza ingiustificata e un debito orario. La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento, stabilendo che anche se l’attività in cooperativa non rientra nell’incompatibilità assoluta, essa richiede sempre una preventiva autorizzazione formale da parte dell’amministrazione. La mancata richiesta costituisce un grave illecito disciplinare.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incarico Extraistituzionale: Anche in Cooperativa Serve l’Autorizzazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9801/2024, ha affrontato un caso cruciale per i dipendenti pubblici, chiarendo i limiti e gli obblighi relativi allo svolgimento di un incarico extraistituzionale. La decisione sottolinea un principio fondamentale: anche quando l’attività esterna è svolta presso una società cooperativa, il dipendente pubblico è tenuto a richiedere e ottenere una preventiva autorizzazione dalla propria amministrazione. La mancanza di tale autorizzazione costituisce un illecito disciplinare che può portare al licenziamento per giusta causa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un infermiere professionale dipendente di un’Azienda Sanitaria Territoriale, licenziato per una serie di addebiti. I principali motivi del licenziamento erano:
1. Lo svolgimento di un’attività extraistituzionale non autorizzata in qualità di presidente del Consiglio di Amministrazione di una cooperativa esterna.
2. Un’assenza dal lavoro ritenuta ingiustificata.
3. L’accumulo di un significativo debito orario nel corso degli anni.

Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendo che l’attività presso la cooperativa non rientrasse nei divieti di legge e che gli altri addebiti fossero infondati o non così gravi da giustificare la massima sanzione. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano però confermato la legittimità del provvedimento espulsivo, portando il caso dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte: l’Obbligo di Autorizzazione per l’Incarico Extraistituzionale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione delle norme in materia di incompatibilità nel pubblico impiego.

La distinzione tra incompatibilità assoluta e obbligo di autorizzazione

Il punto centrale della difesa del lavoratore si basava sull’art. 61 del d.P.R. n. 3/1957, che esclude le società cooperative dal divieto di incompatibilità assoluta previsto dall’art. 60 dello stesso decreto per le società a scopo di lucro. Il ricorrente sosteneva che, essendo la sua attività svolta in una cooperativa, non fosse necessaria alcuna autorizzazione.

La Cassazione ha smontato questa tesi, spiegando che la deroga dell’art. 61 si limita a escludere l’incompatibilità assoluta, che comporterebbe la decadenza automatica dall’impiego. Tuttavia, ciò non elimina l’obbligo generale, previsto dall’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, di richiedere una preventiva autorizzazione all’amministrazione di appartenenza. Questa norma mira a garantire l’obbligo di esclusività del dipendente pubblico e a prevenire potenziali conflitti di interesse, tutelando l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, principi sanciti dagli artt. 97 e 98 della Costituzione.

Gli altri addebiti: un quadro di negligenza complessiva

Oltre alla questione dell’incarico extraistituzionale, la Corte ha considerato anche gli altri elementi contestati. L’assenza ingiustificata è stata ritenuta tale poiché il lavoratore, pur essendo stato informato verbalmente di una modifica dell’orario, si era rifiutato di ricevere la comunicazione formale, dimostrando un atteggiamento non improntato a buona fede. Il debito orario, accumulatosi sin dal 2014, è stato visto non come un singolo episodio, ma come il sintomo di una condotta prolungata e poco attenta al rispetto dell’organizzazione aziendale.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara interpretazione sistematica delle norme. La Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui l’accettazione di cariche sociali in una società cooperativa, pur non incorrendo nell’incompatibilità assoluta, non esclude che il lavoratore debba chiedere l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico extraistituzionale al datore di lavoro. La valutazione sulla compatibilità dell’incarico esterno con le funzioni pubbliche spetta sempre e comunque all’amministrazione, che deve poter verificare l’assenza di conflitti di interesse, anche solo potenziali. Per il personale del comparto sanità, questo principio è ulteriormente rafforzato dalle specifiche norme sull’unicità del rapporto di lavoro (art. 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991). La Corte ha ribadito che l’autorizzazione non può mai essere considerata concessa per facta concludentia (cioè per comportamenti concludenti), ma deve seguire la procedura formale prevista dalla legge. La violazione di questo obbligo costituisce di per sé una responsabilità disciplinare.

le conclusioni

La sentenza n. 9801/2024 rappresenta un monito importante per tutti i dipendenti pubblici. La pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che qualsiasi attività lavorativa esterna, anche se svolta a titolo gratuito o in enti non profit come le cooperative, deve essere preventivamente comunicata e autorizzata dall’amministrazione di appartenenza. L’omissione di questa richiesta non è una mera formalità, ma un illecito disciplinare che, valutato nel contesto della condotta complessiva del lavoratore, può legittimare la sanzione più grave, ovvero il licenziamento per giusta causa. I dipendenti pubblici devono quindi agire con la massima trasparenza, sottoponendo ogni incarico esterno al vaglio del proprio datore di lavoro per evitare conseguenze pregiudizievoli.

Un dipendente pubblico che svolge un’attività in una cooperativa è esonerato dal chiedere l’autorizzazione al datore di lavoro?
No. La sentenza chiarisce che, sebbene l’attività in una cooperativa non rientri nel regime di ‘incompatibilità assoluta’, essa non esonera il dipendente dall’obbligo di richiedere e ottenere una preventiva autorizzazione formale dalla propria amministrazione, come previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001.

La conoscenza ‘di fatto’ da parte dell’amministrazione di un incarico extraistituzionale equivale a un’autorizzazione?
No. La Corte ha specificato che l’autorizzazione non può essere conferita per ‘facta concludentia’ (cioè attraverso comportamenti concludenti o la semplice conoscenza del fatto). Deve sempre seguire la sequenza procedimentale formale prevista dal legislatore.

Quali sono le conseguenze per un dipendente pubblico che svolge attività esterne senza autorizzazione?
La mancanza di autorizzazione per un incarico extraistituzionale dà luogo a responsabilità disciplinare. Come dimostra il caso in esame, questa violazione, specialmente se unita ad altri comportamenti negligenti, può essere considerata così grave da costituire giusta causa di licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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