Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13773 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13773 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23018 del 2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Palermo, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA della REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente p.t. e ASSESSORATO REGIONALE delle AUTONOMIE LOCALI e DELLA FUNZIONE PUBBLICA, in persona dell’Assessore p.t., rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1220/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 31.1.2019 R.G.N. 453/2017;
Oggetto
Regione
Sicilia
–
Dirigente
terza
fascia
–
Incarico di
dirigente generale
–
applicazione art. 42
c.c.r.l.
2002
–
Esclusione.
R.G.N. 23018/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 22/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Palermo con sentenza n. 761 del 2017 condannava la Regione Sicilia a corrispondere alla ricorrente NOME COGNOME a titolo di risarcimento del danno, una somma pari alla differenza tra ‘la retribuzione di posizione, in parte fissa e variabile, percepita dalla ricorrente fino al 31.12.2011 (ridotta del 10%) e quella corrispostale nel periodo compreso tra il 1.1.2012 e la data di deposito del presente ricorso (15.3.2013)’, in applicazione dell’art. 42 del contratto collettivo dirigenti regionali.
La Corte di Appello di Palermo riformando la decisione di primo grado rigettava tutte le domande proposte nel ricorso ex art. 414 c.p.c.
La sentenza di appello, ricordato nello svolgimento in fatto il tenore dell’art. 42 del c.c.r.l. dei dirigenti 2002 -norma che, sebbene non preservi il diritto del dirigente ad ottenere, dopo la scadenza del precedente incarico o in caso di risoluzione anticipata del contratto, un incarico di pari livello, garantisce il trattamento economico del dirigente assicurandogli ‘una retribuzione di posizione complessiva di pari fascia ovvero una retribuzione di posizione il cui importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente percepito’ -rileva l’inapplicabilità della disposizione contrattuale alla fattispecie in esame.
Osserva infatti il giudice territoriale che la dirigente in epigrafe indicata apparteneva alla terza fascia, sicché non poteva essere destinataria di incarichi di dirigenza generale (quello di cui era
stata destinataria in precedenza e nel quale non era stata riconfermata), in ossequio alle previsioni di cui all’art. 11, comma 5, l.r. n. 20 del 2003, con la conseguenza che non poteva, quindi, invocare a propria salvaguardia il disposto normativo di cui al citato art. 42.
Avverso detta pronunzia propone ricorso la lavoratrice in epigrafe indicata con un motivo.
Resiste con controricorso la Presidenza della Regione siciliana.
Deposita memoria la lavoratrice.
CONSIDERATO CHE
Con un unico motivo NOME COGNOME deduce la violazione dell’art. 11, comma 5, della l.r. n. 20 del 2003 e dell’art. 12 delle preleggi, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente interpretato le norme innanzi indicate, affermando che esse non consentissero ad un dirigente di terza fascia di ricoprire gli incarichi di direzione generale e da tanto altresì ricavando l’inapplicabilità dell’art. 42 del c.c.r.l.
1.1. Si insiste, invece, sul fatto che l’innanzi indicato art. 11 ben consenta il conferimento degli incarichi di direzione generale anche ai dirigenti di terza fascia qual è la ricorrente e, conseguentemente, sul diritto di NOME COGNOME alla ricezione di un trattamento economico conforme all’art. 42 cit. oltre al risarcimento del danno.
1.2. Il ricorso è infondato e va rigettato.
1.2.1. In disparte l’interpretazione dell’art. 9, comma 4, l.r. n. 10 del 2000 che già secondo l’ermeneusi proposta dalla Corte territoriale dispone che l’incarico di dirigente generale può essere conferito ai dirigenti di prima fascia o, nel limite di un terzo, ai dirigenti di seconda fascia o ai soggetti non appartenenti ai ruoli dell’amministrazione, con esclusione di quelli di terza fascia, come
implicitamente desumibile anche dall’ordinanza della Corte cost. n. n. 131 del 2004; ricordato, altresì che le Sezioni Unite di questa Corte da tempo hanno affermato che il datore di lavoro pubblico non ha il potere di attribuire inquadramenti difformi da quelli previsti dalla contrattazione collettiva e pertanto, qualora lo faccia, l’atto in deroga, anche se di miglior favore, è affetto da nullità, in quanto in contrasto con le norme imperative dettate dal d.lgs. n. 165/2001 (cfr. Cass. n. 31 del 2020 , ma anche Cass. S.U. n. 21744/2009 e Cass. S.U. n. 16730/2012 , quest’ultima relativa alla dirigenza della Regione Sicilia); rilevato che il TUPI prevede solo due fasce per i ruoli dirigenziali, essendo la creazione di una terza fascia opera del legislatore regionale, con una disposizione già esaminata e definita dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U. n. 16730/2012, ma anche, quanto al tema della dirigenza siciliana, Cass. n. 19276/2024 e Cass. n. 8704/2023 ) del tutto eccezionale a carattere transitorio e riservata ad una specifica categoria di dipendenti regionali, senza che possa costituire porta di accesso per i nuovi dirigenti bypassando il vaglio concorsuale, altrimenti ponendosi la disposizione anche in contrasto con l’art. 97 della Costituzione e pur rilevato che tali rilievi già conducono al rigetto del ricorso, osserva il Collegio che vi è una ragione che, ancora a monte, e in disparte le considerazioni innanzi svolte, impone il rigetto del ricorso.
1.3. Il ricorso ex art. 414 c.p.c. si fonda, infatti, sulla richiesta di applicazione al caso in esame dell’art. 42 del c.c.n.l. dirigenti 2002-2005, che, come di qui a breve si andrà ad esplicare, non è invece applicabile ratio temporis alla fattispecie in esame.
1.4. Ed infatti, la richiesta di adeguamento della retribuzione in virtù delle previsioni del citato art. 42 riguarda il periodo 1.1.201215.3.2013.
1.5. La ricorrente ex art. 414 c.p.c., insomma, ha fondato le proprie argomentazioni e domande sulla violazione dell’art. 42,
comma 1, del ccrl Dirigenti della Regione Sicilia, in virtù del quale: ‘ le Amministrazioni che non intendono confermare lo stesso incarico precedentemente ricoperto e non vi sia espressa valutazione negativa, sono tenute ad assicurare al dirigente un incarico almeno equivalente ovvero (ai sensi del comma 2 della medesima disposizione) un incarico cui corrisponde una retribuzione di posizione complessiva di pari fascia ovvero una retribuzione di posizione il cui importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente percepito ‘,
1.6. La prima verifica che occorre compiere allora, breviter ricordato il principio iura novit curia, è se l’art. 9, comma 32, d.l. n. 78 del 31.5.2010, conv. con l. n. 30 luglio 2010 n. 122 che prevede che -‘ a decorrere dall’entrata in vigore del presente provvedimento, le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza di un processo di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di valutazione negativa, confermare l’incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contr attuali più favorevoli’ abbia o meno travolto la clausola di cui all’art. 42 ccrl cit. (cfr. sul punto anche la recentissima Cass. n. 27368/2024 ).
Insomma, la verifica preliminare da compiere è se la norma della contrattazione regionale della quale si invoca l’applicazione fosse o meno in vigore, in relazione all’arco temporale delle pretese qui in discussione (anni 2012-2013, come sopra già puntualmente indicati).
1.7. Ebbene, va innanzi tutto premesso che è costante l’affermazione del giudice costituzionale secondo cui la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della PP.AA., come delineata dal d.lgs. n. 165 del 2001, rientra nella materia dell’ordinamento
civile, riservata dall’art. 117, comma 2, lett. l) alla potestà esclusiva dello Stato (cfr. Corte cost. n. 314 del 2003, n. 81 del 2019, n. 70 e 190 de 2022).
1.8. Utilizzando l’incedere argomentativo del Giudice delle leggi ‘ Il d.lgs. n. 165 del 2001 ha stabilito che i rapporti di lavoro pubblici cosiddetti contrattualizzati sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e sono oggetto di contrattazione collettiva. Questa Corte ha affermato che tale disciplina «costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, alla stregua dell’art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale rinvia in proposito ai pri ncipi desumibili dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che, al comma 1, lettera a), s tabilisce per l’appunto come principio la regolazione mediante contratti individuali e collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore pubblico» (sentenza n. 314 del 2003). La costante giurisprudenza di questa Corte ha, poi, precisato che la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore nazionale, che in tale materia fissa principi che «costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono anche alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007). La qualificazione della riserva di contrattazione collettiva posta dal legislatore statale quale norma fondamentale di riforma economico-sociale comporta che essa operi come limite all’autonomia della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in base alle previsioni dello stesso
statuto, che impone che l’esercizio delle attribuzioni regionali avvenga nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (cfr. sentenza Corte Cost. n. 81 del 2019).
1.9. Alla luce di tali premesse va quindi altresì rimarcato che le disposizioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, costituiscono limiti anche per l’esercizio delle competenze legislative esclusive della Regione Sicilia (C. cost. n. 168 del 2018 e n. 265 del 2013 e ancora C. Cost. n. 61 del 2023).
1.10. La Corte costituzionale ha peraltro più volte affermato che la regolazione complessiva dei rapporti di lavoro nell’alveo del pubblico impiego contrattualizzato deve necessariamente far capo al legislatore statale, sicché -osserva il Collegio l’art . 9, comma 32 cit. va qualificata quale norma fondamentale di riforma economico sociale, con la conseguenza che essa si applica anche nella Regione Sicilia, senza invadere in alcun modo il campo riservato alla legislazione regionale.
1.11. Del resto, la disposizione disciplina, oltre al trattamento economico e prima di esso, le modalità di conferimento dell’incarico dirigenziale, abrogando l’art. 19, comma 1 -ter del d.lgs. n. 165 del 2001, armonizzandosi con la complessiva riformulazione dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 ad opera del d.lgs. n. 150 del 2009 che riserva alla legge, e sottrae alla contrattazione collettiva, tutta la disciplina della revoca e del conferimento degli incarichi dirigenziali.
1.12. Conclusivamente, afferma il Collegio, l’art. 9, comma 32, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla legge n. 122 del 2010 è norma fondamentale di riforma economico-sociale che, conseguentemente, si applica anche alla Regione Sicilia, senza invadere in alcun modo il campo riservato alla legislazione
regionale, così operando la sterilizzazione dell’art. 42 del c.c.r.l. dirigenti della Regione Sicilia 2002-2005.
Alla luce di quanto innanzi, il ricorso va conclusivamente rigettato, corretta e integrata nei sensi di cui innanzi ex art. 384 c.p.c. la motivazione della Corte territoriale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
PQM
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi € 5.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 22 ottobre 2024.
La Presidente ( NOME COGNOME)
1.
a Presidente
(
NOME COGNOME)