Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13641 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13641 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31546/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
avverso la sentenza n. 139/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 9.6.2020, R.G.N. 567/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/2/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.
la Corte d’Appello di Reggio Calabria, rigettando il gravame avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, ha confermato il rigetto della domanda con la quale NOME COGNOME funzionario della Regione Calabria a cui era stato conferito incarico dirigenziale ai
sensi dell’art. 19, co. 6, del d. lgs. n. 165 del 2001 dal gennaio al giugno 2009, aveva chiesto accertarsi che anche a tale tipologia di incarichi dovesse trovare applicazione la durata minima di tre anni prevista dal comma 2 del medesimo art. 19 e quindi il riconoscimento del diritto a percepire il trattamento economico spettante per quel triennio, oltre al risarcimento del danno;
la Corte d’Appello evidenziava come il comma 6 prevedesse solo un limite di durata massima e non una durata minima e sottolineava il fatto che il ricorso agli incarichi dirigenziali ai sensi di tale disposizione fosse del tutto eccezionale e dovesse essere tendenzialmente temporaneo, in attesa del ricorso alle assunzioni mediante concorso, sicché la fissazione di un termine minimo di durata rientrava nella piena discrezionalità del legislatore e non poteva derivare da un’interpretazione equiparativa con gli ordinari incarichi dirigenziali, proprio per il trattarsi di posizioni tra loro differenziate;
inoltre, aggiungeva la Corte territoriale, l’art. 19, co. 2, riguarda le amministrazioni dello Stato ed il comma 6 -ter prevede l’estensione alle Amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2 del medesimo d. lgs. n. 165 del 2001 del comma 6 dell’art. 19 e non del comma 2, sicché di certo non si poteva sostenere che il termine minimo di cui al comma 2 potesse operare per gli incarichi dirigenziali conferiti dagli enti locali ai sensi del comma 6, per difetto anche del necessario sostegno testuale;
2.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, cui la Regione Calabria ha opposto difese con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
l’unico motivo di ricorso è formulato come denuncia di « errore in iudicando; contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata mal valutato i vari fatti dedotti dal lavoratore e, per altro verso, per aver omesso di considerare il complesso di fatti medesimi, visti nella loro successione temprale e nella loro connessione »;
il motivo è sviluppato sostenendo che l’applicazione del termine di durata di cui al comma 2 dell’art. 19 cit. sarebbe necessaria per assicurare al dirigente i tempi minimi indispensabili per raggiungere i risultati propri dell’incarico, come del resto riconosciuto da delibera della Giunta Regionale della Calabria del 2.11.2011;
2.
il motivo non può trovare accoglimento;
2.1
va intanto richiamato, perché qui condiviso, quanto affermato da Cass. 6 dicembre 2024, n. 31399;
in quella sede, nel disattendere un ricorso per cassazione analogo al presente, si è evidenziato come in senso contrario alla tesi sostenuta dalla lavoratrice, stia il tenore letterale dell’art 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale non prevede un termine minimo per i rapporti ai quali si riferisce, differentemente dall’art. 19, comma 2;
a ciò la menzionata pronuncia aggiunge considerazioni di carattere logico sistematico, evidenziando che « l’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, concerne la situazione dei dirigenti di ruolo della P.A. », mentre « il successivo comma 6 si riferisce a dei dirigenti non di ruolo » il che « spiega perché sia fissato un termine minimo di durata degli incarichi dall’art. 19, comma 2, in quanto vengono in rilievo dipendenti assunti in seguito a pubblico concorso e destinati stabilmente a operare all’interno della P.A.» , laddove «l’art. 19, comma 6, si riferisce a soggetti che sono esterni alla P.A. e che,
spirato il contratto, non è detto continueranno ad essere dirigenti«, destinati spesso ad occuparsi di «attività più specifiche e hanno degli obiettivi tarati sulle particolari competenze che hanno condotto alla loro assunzione »;
non a caso, si è ivi soggiunto, « in base all’art. 19, comma 2, con i provvedimenti indicati da quest’ultima disposizione sono ‘individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati’; diversamente, l’art. 19, comma 6, non contiene analoga previsione, anche perché non vi sono analoghe esigenze correlate a un termine minimo »;
quindi, prosegue la sentenza citata, « il riferimento specifico a ‘l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire’, nonché, ‘alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo’, è coerente con la previsione di durata dell’incarico che va parametrata ai citati obiettivi e che non può essere inferiore a tre anni » ed inoltre, ad opinare diversamente, si verificherebbe la singolare situazione per la quale i contratti indicati al comma 4 dell’art. 19 avrebbero una durata fissa predeterminata per legge, vale a dire di tre anni, in quanto tale durata minima in ipotesi ricavabile dall’estensione del comma 2 coinciderebbe con la durata massima sancita dal comma 6, cui fa rinvio il comma 4;
a tali argomenti, nel citato precedente si è aggiunto che non è ostativa la giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di spoils system, in quanto nelle corrispondenti pronunce sono state censurate « alcune disposizioni di rango primario perché avevano previsto un’anticipata cessazione ex lege del rapporto in corso -in assenza di un’accertata responsabilità dirigenziale -così impedendo che l’attività del dirigente potesse espletarsi in conformità al nuovo
modello di azione della pubblica amministrazione, disegnato dalle recenti leggi di riforma della pubblica amministrazione, che misura l’osservanza del canone dell’efficacia e dell’efficienza «alla luce dei risultati che il dirigente deve perseguire, nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico, avendo a disposizione un periodo di tempo adeguato, modulato in ragione della peculiarità della singola posizione dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa è inserita» (sentenze n. 103 del 2007 e n. 161 del 2008 )», mentre « nella specie, invece, non viene in rilievo alcuna anticipata cessazione, ma lo spirare del rapporto allo scadere del termine in origine previsto »;
2.2
le considerazioni che precedono sono decisive e consentono di coordinare il piano testuale – che non prevede appunto un termine minimo per gli incarichi di cui all’art. 19, co. 6 cit. -con quello sistematico, tale per cui quegli incarichi, proprio per la loro specialità ed eccezionalità – riconnessa al coordinarsi dell’assenza di figure specifiche nella dirigenza di ruolo con l’esperienza e capacità di singoli (esterni o interni alla P .A.) – non soggiacciono alle regole di durata proprie degli ordinari incarichi dirigenziali;
viceversa -a parte la durata massima essenziale per assicurare che la P.A, si doti mediante concorso o mobilità delle posizioni di cui ha bisogno – a regolare tali rapporti, proprio per le ragioni del sorgere di essi, sta la disciplina loro propria, anche sul piano contrattuale individuale;
3.
se anche dunque, come ritenuto da Cass. 13 gennaio 2014, n. 478 e sancito dall’art. 129, anche agli enti locali ed alle Regioni si applica l’art. 19, co. 6, del lgs. n. 165 del 2001, come previsto dal comma 6 ter quale introdotto nello stesso art. 19 cit. dall’art. 40, co. 1 lett. f) del d. lgs. n. 150 del 2009, ciò non toglie che, proprio per il significato testuale e sistematico del menzionato comma 6,
per i rapporti cui esso si riferisce non si possa affermare l’esistenza di una regola legale di durata minima;
4.
il ricorso per cassazione va dunque rigettato;
le spese di lite seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso per cassazione e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione