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Incarico dirigenziale: no a demansionamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15603/2024, ha stabilito che la modifica di un incarico dirigenziale da ‘struttura complessa’ a ‘struttura semplice’ nell’ambito di una riorganizzazione di un’azienda sanitaria non costituisce demansionamento. Il ricorso di un dirigente medico è stato respinto poiché per la dirigenza pubblica vige un regime speciale che distingue il rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’incarico dirigenziale a termine. Quest’ultimo può essere modificato dall’amministrazione, la quale non è vincolata dall’art. 2103 c.c. L’unica tutela garantita al dirigente è la conservazione del trattamento economico, che nel caso di specie non era stato leso.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incarico dirigenziale: non è demansionamento se cambia il ruolo ma non lo stipendio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per la dirigenza pubblica, in particolare nel settore sanitario: la modifica di un incarico dirigenziale a seguito di una riorganizzazione aziendale. La Corte ha chiarito che il passaggio da un ruolo di responsabile di ‘struttura complessa’ a uno di ‘struttura semplice’ non costituisce automaticamente un demansionamento illegittimo, a patto che il trattamento economico del dirigente venga salvaguardato.

I Fatti del Caso

Un dirigente medico apicale di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) aveva impugnato la delibera aziendale che trasformava l’unità operativa da lui diretta da ‘struttura complessa’ a ‘struttura semplice’. Di conseguenza, il suo ruolo era stato ridimensionato a responsabile di struttura semplice. Il dirigente riteneva tale atto illegittimo, configurando un vero e proprio demansionamento, e aveva chiesto in tribunale l’attribuzione di un incarico dirigenziale apicale equivalente a quello precedente, oltre alla ricostruzione della carriera e al risarcimento dei danni.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la sua domanda. I giudici di merito avevano sostenuto che l’assegnazione di un incarico diverso non costituisce demansionamento per i dirigenti pubblici, per i quali non si applica l’articolo 2103 del codice civile, grazie a specifiche norme di settore (come l’art. 19 del D.Lgs. 165/2001).

La Decisione della Corte e l’Incarico Dirigenziale

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso del dirigente. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale del pubblico impiego privatizzato: la netta scissione tra il rapporto di lavoro del dirigente (a tempo indeterminato) e l’incarico dirigenziale conferitogli (a tempo determinato).

La qualifica dirigenziale, spiega la Corte, non rappresenta una posizione lavorativa definita da specifiche mansioni, ma piuttosto l’idoneità professionale a ricoprire un incarico di vertice. L’amministrazione ha il potere discrezionale di conferire, modificare o revocare tali incarichi in base alle proprie esigenze organizzative, agendo secondo i principi di correttezza e buona fede.

Il Ruolo Funzionale e non di ‘Status’

La riforma della dirigenza pubblica ha trasformato la figura del dirigente da uno ‘status’ permanente, legato alla progressione di carriera, a una figura ‘funzionale’. Ciò significa che il dirigente è chiamato a svolgere compiti specifici per un periodo definito. Di conseguenza, non esiste un diritto soggettivo del dirigente a mantenere un determinato incarico o a non vederselo modificare.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine:

1. Inapplicabilità dell’art. 2103 c.c.: Norme specifiche per la dirigenza pubblica, sia legislativa (D.Lgs. 165/2001) che contrattuale (CCNL Area Sanità), escludono espressamente l’applicazione dell’articolo 2103 del codice civile in materia di demansionamento. Questo perché la logica dell’incarico a termine prevale sulla stabilità delle mansioni.

2. Potere Discrezionale dell’Amministrazione: Il conferimento di un incarico dirigenziale è espressione del potere organizzativo e discrezionale del datore di lavoro pubblico. Il dirigente non vanta un diritto soggettivo all’assegnazione di uno specifico posto, ma un interesse legittimo a che l’amministrazione operi in modo corretto e imparziale.

3. Tutela Economica: La vera tutela offerta al dirigente in caso di ristrutturazione aziendale è di natura economica. I contratti collettivi di settore (in particolare l’art. 39, comma 8, del CCNL dell’8.6.2000) prevedono che, in caso di attribuzione di un incarico diverso, al dirigente debba essere conferito un incarico di ‘pari valore economico’. Nel caso specifico, l’ASL aveva dimostrato di aver sempre corrisposto al dirigente la retribuzione legata a una struttura complessa, anche dopo la modifica del suo ruolo. Non essendoci stata alcuna penalizzazione economica, non sussisteva alcun danno risarcibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. Per i dirigenti del settore pubblico, la flessibilità organizzativa dell’amministrazione prevale sulla rigidità delle mansioni. La modifica di un incarico dirigenziale, anche verso un ruolo percepito come meno prestigioso, è legittima se risponde a esigenze organizzative e se non intacca il trattamento economico acquisito. La tutela del dirigente si concentra sulla salvaguardia della retribuzione e sul rispetto dei canoni di correttezza e buona fede da parte dell’ente, piuttosto che sul diritto a mantenere una specifica posizione manageriale.

La modifica di un incarico dirigenziale da ‘complesso’ a ‘semplice’ costituisce demansionamento?
No, secondo la Corte di Cassazione non costituisce demansionamento per un dirigente pubblico. La normativa speciale esclude l’applicazione dell’art. 2103 c.c., e l’amministrazione ha il potere discrezionale di riorganizzare i propri uffici, a condizione che sia garantita la parità di trattamento economico.

Un dirigente pubblico ha diritto a mantenere uno specifico incarico dirigenziale?
No. Il dirigente pubblico non ha un diritto soggettivo a mantenere un determinato incarico. La sua posizione è quella di un interesse legittimo a che l’amministrazione agisca secondo correttezza e buona fede nel conferimento degli incarichi, ma non può pretendere di conservare una specifica posizione.

Quale tutela ha un dirigente medico in caso di riorganizzazione aziendale che modifica il suo ruolo?
La principale tutela è di natura economica. Il dirigente ha diritto a conservare il trattamento economico in godimento o a ricevere un incarico di pari valore economico. Se la retribuzione non viene diminuita, non sussiste un danno risarcibile derivante dalla sola modifica del ruolo organizzativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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