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Incarico dirigenziale: discrezionalità e buona fede

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un funzionario contro l’assegnazione di un incarico dirigenziale. La Corte ha stabilito che la scelta, pur discrezionale, deve seguire i principi di correttezza e buona fede. L’esperienza richiesta non implica necessariamente un precedente incarico formale di pari livello, ma può derivare dallo svolgimento di mansioni superiori. La procedura selettiva, basata su valutazione comparativa e punteggi, è stata ritenuta legittima.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incarico Dirigenziale: Quando la Scelta della P.A. è Legittima?

L’assegnazione di un incarico dirigenziale nella Pubblica Amministrazione è un processo delicato, che deve bilanciare la discrezionalità dell’ente con la necessità di trasparenza e merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti di questa discrezionalità, sottolineando come i principi di correttezza e buona fede debbano sempre guidare la scelta, anche quando non si tratta di un concorso pubblico in senso stretto.

I Fatti del Caso: La Contesa per un Incarico Dirigenziale

Un funzionario pubblico impugnava la procedura selettiva per il conferimento di un incarico di direzione di un importante ufficio territoriale. A suo avviso, la procedura era illegittima per diverse ragioni: il candidato prescelto non possedeva i requisiti minimi di esperienza dirigenziale, il punteggio attribuito ai titoli era errato e il presidente della commissione valutatrice versava in una situazione di incompatibilità.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue domande, ritenendo la procedura immune da vizi. La Corte territoriale, in particolare, aveva sottolineato che la scelta del candidato migliore era avvenuta all’esito di una valutazione comparativa motivata, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Giunto in Cassazione, il funzionario ribadiva le sue doglianze, contestando la natura fiduciaria dell’incarico e l’assenza dei requisiti nel vincitore.

La Decisione della Corte: L’Incarico Dirigenziale e i Limiti della Discrezionalità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di conferimento di incarichi dirigenziali nel pubblico impiego privatizzato.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali.

Il primo riguarda la natura della procedura. La Corte ha chiarito che non si tratta di un concorso pubblico, ma di una procedura selettiva governata dal diritto privato. Ciò significa che l’Amministrazione gode di un potere discrezionale nella scelta, ma questo potere non è assoluto. Esso è limitato dal dovere di agire secondo correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), effettuando una valutazione comparativa tra gli aspiranti e motivando adeguatamente la propria decisione.

Il secondo punto cruciale è l’interpretazione del requisito dell’esperienza. Il ricorrente sosteneva che il vincitore non avesse maturato i cinque anni in funzioni dirigenziali richiesti dalla legge (art. 19, comma 6, D.Lgs. 165/2001). La Cassazione, tuttavia, ha sposato un’interpretazione più sostanziale che formale. Ha precisato che per “esperienze di lavoro” qualificanti non si intende solo lo svolgimento di incarichi con qualifica dirigenziale formale, ma anche l’aver ricoperto mansioni superiori che, di fatto, comportavano l’esercizio di poteri e responsabilità dirigenziali. Nel caso specifico, una precedente sentenza della stessa Corte aveva già riconosciuto al candidato prescelto lo svolgimento di tali mansioni, rendendo irrilevante il declassamento formale dell’ufficio che dirigeva.

Infine, la Corte ha respinto le censure sulla trasparenza del colloquio orale. I giudici hanno ritenuto dirimente il fatto che le domande, sia di carattere generale che tecnico, fossero state analiticamente riportate nel verbale, non contestato dal ricorrente, e che tutti i candidati fossero stati valutati sulla base delle medesime domande. La motivazione della scelta, basata sulla “più vasta preparazione” del vincitore, è stata considerata adeguata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale importante per chi opera nella Pubblica Amministrazione. La scelta per un incarico dirigenziale non è un atto arbitrario, ma una determinazione negoziale che, sebbene discrezionale, deve essere trasparente, motivata e rispettosa dei principi di imparzialità e buona fede. L’esperienza richiesta viene valutata in senso sostanziale, dando rilievo alle concrete mansioni svolte piuttosto che alla mera qualifica formale. Per i candidati, ciò significa che l’esperienza maturata “sul campo” ha un valore riconosciuto e tutelato, mentre per le Amministrazioni, rappresenta un monito a condurre procedure selettive rigorose e a motivare le proprie scelte in modo chiaro e congruente.

Una procedura di selezione per un incarico dirigenziale è un concorso pubblico?
No, secondo la Corte la procedura per il conferimento di un incarico dirigenziale nel pubblico impiego privatizzato non è un concorso pubblico, ma una determinazione negoziale di natura privatistica. L’Amministrazione agisce con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, pur essendo tenuta al rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

Per ottenere un incarico dirigenziale, è necessario aver già ricoperto un ruolo formalmente dirigenziale per cinque anni?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che il requisito delle “concrete esperienze maturate” non si riferisce esclusivamente a pregressi incarichi di rango dirigenziale, ma più in generale a “esperienze di lavoro” qualificanti, che possono includere anche lo svolgimento di mansioni di fatto superiori, anche se non formalmente inquadrate come dirigenziali.

L’assegnazione di un punteggio numerico è una motivazione sufficiente per la scelta di un candidato?
Sì, il punteggio numerico può sintetizzare adeguatamente il giudizio tecnico della commissione, a condizione che i criteri di massima e i parametri per la sua attribuzione siano stati adeguatamente predeterminati e resi pubblici prima della valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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