Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12533 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
Oggetto: Impiego pubblico -sanzione disciplinare conservativa -opposizione a procedimento recupero somme – individuazione RAGIONE_SOCIALE ‘amministrazione di appartenenza’ – art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165/2001
AVV_NOTAIO
NOME COGNOME
Presidente
–
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO rel. –
AVV_NOTAIO COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
ORDINANZA
sul ricorso 1500 -2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente – avverso la sentenza n. 12/2020 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZIONE DISTACCATA DI RAGIONE_SOCIALE, depositata il 03/07/2020 R.G.N. 17/2019;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, dipendente con diversi contratti a tempo pieno, uno per anno RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, aveva agito dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE deducendo l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 5 gg. lavorativi comminatale in data 30.05.2018 e RAGIONE_SOCIALE richiesta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 12.06.2018 di restituzione dell’importo netto complessivo ricevuto a titolo di indennità quale Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui la COGNOME aveva fatto parte dal 2009 quale rappresentante del Comune RAGIONE_SOCIALE.
In particolare la ricorrente: -era stata nominata il giorno 01.09.2015 Presidente del Consiglio di Amministrazione di detta RAGIONE_SOCIALE; aveva percepito un’indennità a fronte del servizio reso a favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella veste di Presidente; – aveva ricevuto in data 22.03.2018 contestazione di addebito disciplinare per non aver richiesto l’autorizzazione necessaria ex art. 53, comma 7, d.lgs. n.165/2001 alla Dirigente scolastica per il periodo in cui aveva
rivestito la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione RAGIONE_SOCIALE.
Tanto premesso, la ricorrente aveva eccepito la tardività RAGIONE_SOCIALE sanzione disciplinare inflittale; aveva sostenuto nel merito che nessuna richiesta di autorizzazione era necessaria nel caso in esame in quanto era la stessa amministrazione di appartenenza RAGIONE_SOCIALE dipendente ad averle conferito l’incarico; aveva dedotto altresì che la richiesta di autorizzazione costituisce un obbligo per il soggetto conferente (qualora diverso dall’amministrazione di appartenenza) e solo una facoltà per il dipendente pubblico; aveva evidenziato di non aver arrecato alcun disservizio e/o danno alla RAGIONE_SOCIALE; aveva dedotto che nel caso in esame era anche fuori luogo parlare di incarico extra-servizio, trattandosi piuttosto di nomina politica; aveva evidenziato che il documento verbale RAGIONE_SOCIALE seduta del 19.11.2015 era stato acquisito dalla RAGIONE_SOCIALE in modo irrituale e ciò non poteva non riverberarsi sull’intero procedimento disciplinare con conseguente nullità di quest’ultimo; aveva sostenuto che la sanzione inflitta era infine sproporzionata rispetto all’addebito e altresì illegittima in quanto costituente comportamento mobbizzante .
2. Il Tribunale aveva respinto il ricorso rilevando che, nella specie, né la RAGIONE_SOCIALE, né la dipendente avevano chiesto alla Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE – da considerare quale amministrazione di appartenenza RAGIONE_SOCIALE lavoratrice – la prescritta autorizzazione al conferimento dell’incarico di presidente RAGIONE_SOCIALE citata RAGIONE_SOCIALE alla ricorrente; che il soggetto conferente l’incarico non poteva che essere individuato nella RAGIONE_SOCIALE, quindi un soggetto privato, ben distinto da qualsiasi pubblica amministrazione, con la conseguenza che alla ricorrente sarebbe spettato richiedere la prescritta autorizzazione in qualità di sostituta pro tempore del Presidente dimissionario RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, altresì, in qualità di pubblica dipendente, cui era stato conferito l’incarico extra -servizio;
che la contestazione RAGIONE_SOCIALE violazione era avvenuta tempestivamente, entro 30 giorni dalla richiesta di informazioni da parte dell’Ufficio Affari Istituzionali, senza che rilevasse la conoscenza dell’avvenuta nomina RAGIONE_SOCIALE ricorrente quale Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte del AVV_NOTAIO sin dal settembre 2015, né le modalità di acquisizione del verbale RAGIONE_SOCIALE delibera RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 19.11.2015, con la quale era stato innalzato l’importo da corrispondere al Presidente RAGIONE_SOCIALE stessa; che la sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione dalla retribuzione e dal servizio nella misura ridotta di 5 gg. era assolutamente proporzionata; che era fondata, contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, la pretesa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di recupero integrale delle indennità percepite per l’incarico svolto senza autorizzazione.
La Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, confermava tale pronuncia.
Richiamava l’art. 1 del d.lgs. 24 luglio 1996, n. 434 secondo cui « Le attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di stato giuridico ed economico del predetto personale, attualmente esercitate dai suoi organi centrali e periferici, sono delegate alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nell’osservanza delle norme del presente decreto».
Richiamava, altresì, la legge provinciale RAGIONE_SOCIALE del 29 giugno 2000 n. 12 in materia di autonomia delle scuole e l’art. 13, comma 2, secondo cui «Il dirigente RAGIONE_SOCIALE o la dirigente scolastica assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza».
Riteneva che, fatta coincidere l’amministrazione di appartenenza (quindi il soggetto legittimato a concedere l’eventuale autorizzazione ex art. 53, comma 7, d.lgs. 165/2001) con la dirigente scolastica AVV_NOTAIOssa COGNOME, distinta dall’ente RAGIONE_SOCIALE che aveva conferito l’incarico, erano infondati gli argomenti diretti a ritenere l’autorizzazione implicita nella nomina RAGIONE_SOCIALE prof. COGNOME quale Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte RAGIONE_SOCIALE PAB l’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE stessa, quale amministrazione di appartenenza, all’incarico conferito,
proprio in quanto il soggetto legittimato alla nomina/designazione del Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era l’amministrazione di appartenenza RAGIONE_SOCIALE dipendente (intesa come RAGIONE_SOCIALE -dirigente RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIOssa COGNOME).
Riteneva irrilevante nel presente giudizio la pronuncia del TAR Abruzzo Sez. I -L’Aquila del 25.01.2013 n. 96 essendo rispetto a quest’ultima sussistente un elemento di differenziazione in ragione del fatto che non vi era coincidenza tra l’amministrazione di appartenenza e il soggetto che aveva conferito l’incarico.
Tale non coincidenza escludeva, altresì, ogni erronea interpretazione dell’ art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001.
Riteneva priva di fondamento la questione RAGIONE_SOCIALE tardività RAGIONE_SOCIALE contestazione disciplinare e ciò sulla base di un duplice argomento: non era stata dedotta dalla appellante specifica prova in ordine alla circostanza che il soggetto legittimato a promuovere l’azione disciplinare fosse a conoscenza di un rapporto di lavoro in essere RAGIONE_SOCIALE prof. COGNOME con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al momento RAGIONE_SOCIALE designazione RAGIONE_SOCIALE prima quale Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; la mera conoscenza RAGIONE_SOCIALE astratta causa di incompatibilità disciplinarmente rilevante era, comunque, inidonea ad essere assunta come dies a quo per la decorrenza dei termini di cui all’art. 55 bis d.lgs. n. 165/2001.
Ribadiva la rilevanza e piena conformità alla disciplina costituzionale del regime autorizzatorio, evidenziando di quest’ultimo una evidente e condivisibile ratio , sia civilistica-lavoristica che pubblicistica, che è quella di consentire al datore di valutare la compatibilità di tale attività extra-lavorativa con il corretto e puntuale espletamento, in modo terzo ed imparziale, RAGIONE_SOCIALE prestazione contrattualmente dovuta dal lavoratore alla pubblica amministrazione, in ossequio anche al principio costituzionale di tendenziale esclusività (art. 98 Cost.) e di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Escludeva ogni profilo di violazione dell’art. 36 Cost. in relazione alla previsione di cui all’art. 53 circa l’obbligo di versamento dei corrispettivi ricevuti e richiamava, sul punto Cass. n. 19072/2016 e Cass. n. 1415/2018.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi.
La RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro -violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 89 del 1983, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L.P. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 12 del 2000 ‘amministrazione di appartenenza’ ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 – nozione – art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001, interpretazione dei contratti individuali di lavoro subordinato sottoscritti dalla ricorrente e allegati sub doc. an. 19 da controparte – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, commi 1 e 2 cod. civ. – art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001 – nozione di subordinazione – violazione dell’art. 2094 cod. civ. – violazione RAGIONE_SOCIALE nozione di diritto europeo di subordinazione – art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001 violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 89 del 1983 violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L.P. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 12 del 2000 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L.P. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2015 violazione e falsa applicazione dell’art. 11 L.P. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 12 del 2000 – art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001 – erronea e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE disciplina di legge – erronea ricostruzione del fatto compiuta dal Giudice di primo grado: alla data RAGIONE_SOCIALE nomina quale Presidente del Consiglio di Amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la Prof. NOME COGNOME era stata per anni insegnante dipendente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ed aveva appena concluso un contratto di lavoro a termine con decorrenza 01.9.2015 omessa istruttoria su un punto decisivo RAGIONE_SOCIALE causa – motivo ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc civ.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001 – erronea e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE disciplina di legge -sulla distinzione tra ‘nomina’ e ‘conferimento’ di incarico ai fini RAGIONE_SOCIALE necessaria preventiva autorizzazione -violazione dell’art. 12 delle preleggi -erronea interpretazione dei canoni di ermeneutica legale – interpretazione letterale, interpretazione logica e per analogia – art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la tardività RAGIONE_SOCIALE contestazione e la conseguente illegittimità del procedimento disciplinare nonché RAGIONE_SOCIALE relativa sanzione – art. 55 bis d.lgs. n. 165 del
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2001 -conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare -decorrenza.
Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per insussistenza di uno dei requisiti posti dall’art. 132 cod. proc. civ. e dall’art. 118 disp. att. cod. civ. -motivazione incoerente, contraddittoria e manifestamente illogica – motivo ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc civ.
Con il nono motivo la ricorrente denuncia, in subordine, la violazione dell’art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001 – questione di legittimità costituzionale – violazione artt. 3 e 97 Cost. – violazione del principio di ragionevolezza e parità di trattamento di situazioni identiche – violazione del principio di imparzialità e buon andamento RAGIONE_SOCIALE P.A. – ulteriori profili di illegittimità ai fini del decidere.
Il ricorso, nei vari motivi in cui è articolato ripropone tutte le questioni già esaminate e risolte dalla Corte d’appello con percorso argomentativo condivisibile.
È, in particolare, infondata la pretesa sussistenza RAGIONE_SOCIALE identità dei soggetti (datore di lavoro –RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in persona del dirigente e soggetto che ha affidato l’incarico – RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE).
Il rapporto di lavoro RAGIONE_SOCIALE prof. COGNOME era intercorso, in forza di assunzione per chiamata diretta, con la dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE (si veda il contratto di assunzione del 1° settembre 2015 richiamato nella sentenza impugnata, allegato sub 19 degli atti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) con la conseguenza che detto RAGIONE_SOCIALE doveva considerarsi ‘amministrazione di appartenenza’ ai sensi RAGIONE_SOCIALE necessaria richiesta di autorizzazione ex art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165/2001.
Il fatto che la retribuzione fosse corrisposta dalla RAGIONE_SOCIALE non rileva ai fini dell’individuazione dell’amministrazione di appartenenza in quanto solo la ‘gestione’ del rapporto giuridico ed economico del personale docente in servizio in provincia di RAGIONE_SOCIALE è delegata alla
RAGIONE_SOCIALE , ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 434/96 (che ha modificato il d.P.R. n. 89 del 10/02/1983).
Ai sensi di tale d.P.R. n. 434/1996 esclusivamente tali funzioni sono delegate alla RAGIONE_SOCIALE mentre restano ferme le ordinarie attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di scuola materna e di istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale ed artistica), esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale.
Il quadro si completa con la legge provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 12/2000 (‘Autonomia delle scuole’) che, a far data dall’1.9.2000, ha attribuito alle singole scuole personalità giuridica e piena autonomia didattica ed amministrativa. L’art. 2 di detta legge prevede che: « 1. Alle istituzioni scolastiche è attribuita la personalità giuridica. Esse sono dotate di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sviluppo e sperimentazione, nonché amministrativa e finanziaria, ai sensi dalla presente legge. 2. Le istituzioni scolastiche autonome sono responsabili RAGIONE_SOCIALE definizione e realizzazione dell’offerta formativa. A tal fine interagiscono anche tra loro e con gli enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi fra le esigenze e le potenzialità individuali RAGIONE_SOCIALE persona e gli obiettivi generali del sistema di istruzione. 3. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, di formazione e istruzione mirati allo sviluppo RAGIONE_SOCIALE persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. 4. La personalità giuridica e l’autonomia sono attribuite
alle istituzioni scolastiche con decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Giunta provinciale a decorrere dal 1° settembre 2000 ».
La rappresentanza legale degli enti scolastici è stata espressamente attribuita dall’art. 13, comma 2, al loro dirigente: « 2. Il dirigente RAGIONE_SOCIALE o la dirigente scolastica assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza ed è titolare delle relazioni sindacali. Il dirigente RAGIONE_SOCIALE o la dirigente scolastica è il superiore del personale assegnato all’istituzione scolastica autonoma dalla RAGIONE_SOCIALE e dai Comun i».
Alla luce RAGIONE_SOCIALE complessiva normativa non può dubitarsi che sussista la dipendenza dallo Stato (e per esso dagli istituti scolastici) del personale insegnante – ispettivo, direttivo e docente – di ruolo e non di ruolo e tale dipendenza determina l’amministrazione di appartenenza.
Del resto, è in sede di contratto di assunzione (stipulato con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella persona del dirigente) che si dichiara di non avere altri rapporti di lavoro dipendente, di collaborazione continuativa o di consulenza con altre amministrazioni pubbliche o con soggetti privati, salvo quelli derivanti da incarichi espressamente consentiti da disposizioni normative o autorizzati dall’amministrazione ovvero di non trovarsi in alcune delle situazioni di incompatibilità richiamate dall’art. 53 del d. lgs. n. 165/2001 e tanto è sufficiente ad individuare il soggetto cui chiedere l’autorizzazione per lo svolgimento di attività extra servizio.
Solo il dirigente RAGIONE_SOCIALE, infatti, può valutare se tale attività possa o meno compromettere gli ordinari compiti di insegnamento.
12. Per le stesse ragioni è da escludere, nello specifico, la rilevanza di una autorizzazione implicita, stante come detto, la diversità dei soggetti coinvolti che, a sua volta, rende superfluo l’esame RAGIONE_SOCIALE questione relativa ad una diversità tra il concetto di ‘conferimento’ di un incarico (quando la remunerazione provenga da un terzo) e quello RAGIONE_SOCIALE ‘nomina’ (quando si tratti di designazione all’interno di un organo
sociale da parte RAGIONE_SOCIALE stessa amministrazione di appartenenza del dipendente e di riferimento dello stesso organo sociale).
È infondata la censura relativa alla pretesa conoscenza dell’incarico, ai fini dell’individuazione del dies a quo per il rispetto dei termini per il procedimento disciplinare.
Sul punto, come evidenziato nello storico di lite, la Corte territoriale ha svolto una duplice motivazione: ha rilevato che non era stata provata la circostanza che il soggetto legittimato a promuovere l’azione disciplinare già sapesse del rapporto di lavoro in essere RAGIONE_SOCIALE prof. COGNOME al momento RAGIONE_SOCIALE designazione RAGIONE_SOCIALE prima quale Presidente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; ha aggiunto che, in ogni caso, la mera conoscenza RAGIONE_SOCIALE astratta causa di incompatibilità disciplinarmente rilevante era, comunque, inidonea ad essere assunta come dies a quo per la decorrenza dei termini di cui all’art. 55 bis d.lgs. 165/2001.
Ed allora, insistere sulla previa conoscenza non scardina l’ulteriore ragionamento RAGIONE_SOCIALE Corte già di per sé idoneo a sorreggere, sul punto, la decisione.
Peraltro, questa Corte ha già più volte affermato che l’art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001 è chiaramente volto a rendere certi i termini del procedimento, innanzitutto attraverso l’individuazione in modo oggettivamente verificabile del dies a quo , perché il ‘valore costituzionale di regole che assicurino il buon andamento RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) risulterebbe vulnerato da un’interpretazione che lasciasse nel vago il dies a quo del procedimento, rimettendolo – in ipotesi – anche a notizie informali o comunque pervenute ad uffici periferici di amministrazioni di grandi dimensioni’ (Cass. n. 20733/2015 e Cass. n. 16900/2016; Cass. n. 21243/2022; Cass. n. 41374/2021; Cass. 28891/2017).
Il termine per la contestazione decorre, dunque, dal momento in cui l’UPD ha avuto conoscenza dei fatti e l’inosservanza del termine ordinatorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti all’ufficio
designato per i procedimenti disciplinari ad opera del capo RAGIONE_SOCIALE struttura di appartenenza del dipendente per fatti non rientranti nella propria competenza, di cui all’art. 55 -bis , comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella formulazione antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 75 del 2017, non comporta effetti decadenziali, in mancanza di una espressa previsione normativa o negoziale che li preveda, sicché la violazione di quel termine può rilevare solo qualora l’incolpato denunci, con concreto fondamento, l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà RAGIONE_SOCIALE sua difesa indotta dal mancato rispetto di quel termine (cfr. Cass. n. 7642/2022; Cass. 32491/2018; Cass. n. 12213/2016).
14. Non sussistono, poi, i denunciati profili di incostituzionalità sia per l’accertata diversità soggettiva sia perché la disposizione di cui all’art. 53, comma 7, in compiuta applicazione del principio di buon andamento RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione, mira a rafforzare la garanzia che il lavoro dei pubblici dipendenti a favore di terzi non si riverberi negativamente sul servizio d’istituto e, quanto alla libertà di iniziativa economica, la stessa prevede limiti in ragione dell’interesse generale.
Come più volte affermato da questa Corte, la suddetta disposizione assume tratti sanzionatori, nel senso genericissimo per cui essa regola gli effetti RAGIONE_SOCIALE violazione dell’obbligo di preventiva autorizzazione rispetto all’attività svolta al di fuori RAGIONE_SOCIALE P.A. di appartenenza e dell’avere il lavoratore introitato le somme spettanti ex lege in tal caso al datore di lavoro pubblico; ciò deriva dal fatto che tale normativa è volta a garantire l’obbligo di esclusività che ha primario rilievo nel rapporto di impiego pubblico in quanto trova il proprio fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost. con il quale il legislatore Costituente, nel prevedere che ‘i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo RAGIONE_SOCIALE Nazione’ hanno voluto rafforzare il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., sottraendo tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa ‘alle dipendenze’ – in senso lato – delle RAGIONE_SOCIALE dai
condizionamenti che potrebbero derivare dall’esercizio di altre attività (Cass., SU, 11 novembre 2020, n. 25369; Cass. 24379/2022; Cass. n. 12626/2020; Cass. n. 11949/2019; Cass. n. 3467/2019; Cass. n. 427/2019; Cass, n. 20880/2018; Cass. n. 28975/2017; Cass. n. 28797/2017; Cass. n. 8722/2017).
Tutto ciò esclude (come ben evidenziato da Cass. 24377/2022) che possano trovare spazio i profili di legittimità costituzionale prospettati con riferimento alla ‘rigidità’ e misura RAGIONE_SOCIALE conseguenza patrimoniale, in quanto si tratta di aspetti nel loro complesso rientranti nell’ambito RAGIONE_SOCIALE discrezionalità del legislatore, non irrazionalmente esercitata, ove si ragioni sul fatto che, tanto più ingenti siano le somme guadagnate ‘altrimenti’, tanto più probabile è che vi sia gravità, sotto ogni profilo, del vulnus alla esclusività, quale tratto complessivo di immagine e fedele vocazione delle energie al lavoro nell’interesse RAGIONE_SOCIALE collettività, che connota lo statuto del lavoratore pubblico, senza contare l’energica impostazione normativa anche verso chi abbia conferito l’incarico (sanzionato ai sensi dell’art. 53, comma 9, con l’obbligo di corrispondere il doppio del compenso) a riprova di un ben preciso intento di contrasto forte al fenomeno, cui inevitabilmente si associano significative sanzioni, salvo restando che, in base ai principi generali, per quel che concerne il calcolo delle somme che l’Amministrazione ha il diritto di richiedere -in relazione allo svolgimento di incarichi esterni senza autorizzazione -queste devono essere versate al netto delle imposte già corrisposte e così anche la richiesta di restituzione dei compensi illegittimamente percepiti non può che avere a oggetto le somme ricevute in eccesso (e cioè, effettivamente entrate nella sfera patrimoniale del dipendente medesimo), non potendosi pretendere la ripetizione di somme al lordo delle ritenute fiscali (vedi, per tutte: Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Lombardia, Sent. n. 198 del 2020; TAR Lazio, Sez. Ibis , 24 marzo 2016, n. 9182; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 614/2013).
Né si ravvis a un contrasto con l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE Costituzione sull’assunto che risulterebbe ‘previsto uno stesso trattamento sanzionatorio (restituzione dell’intero compenso) tanto per chi abbia effettivamente violato il dovere di fedeltà ed esclusività (ad esempio in caso di attività incompatibili), quanto per chi tali doveri non abbia concretamente violato (ad esempio per attività che, come nel caso de quo, non interferisca o abbia interferito con quella di ufficio)’.
Come evidenziato anche dalla Corte territoriale, la norma sospettata di incostituzionalità non tratta in maniera immotivatamente uguale situazioni diversificate, posto che la condotta stigmatizzata è la medesima e consiste nella omessa richiesta di autorizzazione, dalla quale origina la stessa richiesta erariale di riversamento delle somme illecitamente percette, comunque quantificate.
Sotto altro profilo può osservarsi che nel rapportare il trattamento sanzionatorio all’entità del compenso percepito dal dipendente per lo svolgimento dell’attività non autorizzata, a sua volta rappresentativa RAGIONE_SOCIALE entità e qualità del relativo impegno, la norma in esame risulta tenere così conto RAGIONE_SOCIALE concreta rilevanza dell’autorizzazione non richiesta e, dunque, RAGIONE_SOCIALE gravità RAGIONE_SOCIALE violazione addebitabile.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, RAGIONE_SOCIALE sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione