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Incarichi dirigenziali sanità: non sono automatici

Una dirigente medico ha richiesto l’assegnazione automatica di un incarico di alta specializzazione dopo cinque anni di servizio. Sebbene i tribunali di merito le avessero dato ragione, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l’ordinanza n. 26270/2024, ha stabilito che gli incarichi dirigenziali sanità non costituiscono un diritto automatico, ma sono subordinati alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione, che deve tenere conto della disponibilità di posti, delle risorse finanziarie e delle procedure di selezione.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incarichi Dirigenziali Sanità: Non un Diritto Automatico ma una Scelta Discrezionale

L’assegnazione di incarichi dirigenziali sanità di alta specializzazione non è un diritto che scatta automaticamente dopo cinque anni di servizio, anche in presenza di una valutazione positiva. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26270/2024, ha chiarito che tale conferimento rientra nella piena discrezionalità organizzativa e finanziaria della Pubblica Amministrazione. Questa decisione ribalta i precedenti gradi di giudizio e stabilisce un principio fondamentale per la gestione del personale medico nel Servizio Sanitario Nazionale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di una dirigente medico che, dopo aver maturato cinque anni di servizio effettivo e aver ricevuto una valutazione positiva dal Collegio Tecnico aziendale, riteneva di avere diritto al conferimento di un incarico dirigenziale di alta specializzazione con decorrenza immediata. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, le aveva assegnato l’incarico solo in un momento successivo, con un notevole ritardo rispetto alla data rivendicata dalla professionista.

La dirigente ha quindi adito il Tribunale per ottenere il riconoscimento del suo diritto al trattamento economico superiore fin dalla data di maturazione del requisito, oltre al risarcimento dei danni patiti per il ritardo.

Il Percorso Giudiziario

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla dirigente. I giudici di merito hanno ritenuto che, una volta superata positivamente la verifica di professionalità al termine del quinquennio, sorgesse in capo al medico un vero e proprio diritto soggettivo all’ottenimento dell’incarico superiore e del relativo trattamento economico.

Secondo questa interpretazione, il ruolo dell’Azienda Sanitaria sarebbe stato meramente ricognitivo, senza margini di discrezionalità. Di conseguenza, l’ente era stato condannato a corrispondere le differenze retributive maturate.

L’Analisi della Cassazione sugli Incarichi Dirigenziali Sanità

L’Azienda Sanitaria ha presentato ricorso in Cassazione, contestando l’automatismo riconosciuto dalle corti di merito. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, fornendo una lettura radicalmente diversa delle norme e dei contratti collettivi di settore.

Il punto centrale della decisione è che il conferimento di incarichi dirigenziali sanità non è mai obbligatorio. Al contrario, è un atto di gestione che deve essere compatibile con tre elementi fondamentali:

1. L’assetto organizzativo dell’ente, definito dall’atto aziendale.
2. La disponibilità effettiva di posti previsti in organico.
3. La copertura finanziaria e le risorse economiche disponibili.

La Cassazione ha sottolineato che la normativa di riferimento, inclusi il D.Lgs. 502/1992 e il D.Lgs. 165/2001, conferisce alla Pubblica Amministrazione ampi poteri organizzativi. Le norme contrattuali (CCNL) devono inserirsi in questo quadro, senza poter creare diritti economici automatici che scavalchino le esigenze di buon andamento e di equilibrio di bilancio imposte dall’art. 97 della Costituzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi testuale e sistematica delle norme. L’espressione “possono essere attribuite funzioni”, utilizzata dal legislatore, indica una mera possibilità e non un obbligo. Anche le successive modifiche normative che hanno introdotto la formula “sono attribuite funzioni” non hanno cambiato la sostanza: l’attribuzione è comunque legata alle locuzioni “anche” e “nonché”, che implicano una scelta tra diverse opzioni e non un’unica via obbligata.

Inoltre, la Corte ha evidenziato come la contrattazione collettiva preveda specifiche procedure di selezione per il conferimento di tali incarichi, basate su criteri predefiniti e sulla valutazione comparativa di più candidati. Questo sistema è intrinsecamente incompatibile con un’attribuzione automatica a tutti coloro che maturano il requisito di anzianità.

In sintesi, la gestione degli incarichi dirigenziali è uno strumento di politica del personale e di organizzazione aziendale che deve rimanere nella discrezionalità dell’ente pubblico per garantire efficienza e sostenibilità economica.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro e di vasta portata: il superamento del quinquennio di servizio con valutazione positiva è una condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere un incarico dirigenziale superiore. La decisione finale spetta all’Azienda Sanitaria, che deve agire nel rispetto dei vincoli organizzativi e di bilancio. Questa sentenza rafforza la discrezionalità manageriale della Pubblica Amministrazione nella sanità, ponendo un freno alle pretese di automatismi retributivi e di carriera non supportati da concrete esigenze aziendali e da risorse disponibili.

Un dirigente medico ha diritto automatico a un incarico di alta specializzazione dopo cinque anni di servizio con valutazione positiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il conferimento di tale incarico non è un diritto automatico, ma una possibilità subordinata alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione.

Quali sono le condizioni per il conferimento di incarichi dirigenziali nella sanità pubblica?
Il conferimento è condizionato all’esistenza di posti disponibili secondo l’assetto organizzativo dell’ente, alla copertura finanziaria e al superamento delle forme di selezione previste dalla contrattazione collettiva.

La soppressione di un ente pubblico come l’ASUR durante un processo in Cassazione ne determina l’estinzione?
No, la Corte ha chiarito che nel giudizio di Cassazione non si applica l’istituto dell’interruzione del processo. Pertanto, la soppressione dell’ente avvenuta durante il giudizio di legittimità non impedisce la normale prosecuzione e decisione del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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