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Incarichi dirigenziali a termine: limiti e tutele

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27189/2025, si è pronunciata sul tema degli incarichi dirigenziali a termine nel pubblico impiego. Il caso riguardava alcuni dirigenti assunti da un ente previdenziale con contratti a tempo determinato rinnovati per oltre un decennio. La Corte ha stabilito che la disciplina speciale dell’art. 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001 non autorizza un uso illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze stabili e permanenti. Superati i limiti massimi di durata (triennali o quinquennali), la reiterazione dei contratti è abusiva e dà diritto al lavoratore a un risarcimento del danno, pur non comportando la conversione del rapporto a tempo indeterminato. La Corte ha invece escluso l’esistenza di una durata minima triennale per questi incarichi.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incarichi Dirigenziali a Termine: Limiti al Rinnovo e Diritto al Risarcimento

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 27189 del 2025, ha tracciato una linea netta sulla gestione degli incarichi dirigenziali a termine nella Pubblica Amministrazione. Questa pronuncia chiarisce che l’uso reiterato di tali contratti per coprire esigenze stabili e permanenti costituisce un abuso, in violazione della normativa nazionale ed europea, aprendo la strada al risarcimento del danno per i dirigenti precari.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dal ricorso di tre dirigenti che avevano lavorato per un importante ente previdenziale nazionale per un lungo periodo, dal 2001 al 2014, attraverso una serie di contratti a tempo determinato. Essi sostenevano che i loro incarichi, sebbene formalmente temporanei, erano stati utilizzati per soddisfare esigenze stabili e permanenti dell’amministrazione, generando una situazione di precariato illegittimo. Chiedevano, quindi, la declaratoria di illegittimità dei contratti e la condanna dell’ente al risarcimento del danno, anche per la violazione delle regole sulla durata minima degli ultimi incarichi.

La Corte d’Appello aveva respinto le loro richieste, ritenendo che la natura fiduciaria del rapporto dirigenziale giustificasse una deroga alla disciplina generale sui contratti a termine, escludendo l’abuso di precariato. I dirigenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione di secondo grado, accogliendo il motivo principale del ricorso relativo all’abuso nella reiterazione dei contratti. Ha cassato la sentenza impugnata e rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce dei principi di diritto enunciati. Al contrario, ha rigettato il motivo relativo alla presunta violazione della durata minima triennale degli incarichi.

Le Motivazioni: Abuso degli incarichi dirigenziali a termine e tutela europea

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, alla luce della direttiva europea 1999/70/CE, che mira a prevenire l’abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato.

La Corte ha affermato i seguenti punti chiave:

1. Natura Eccezionale del Contratto a Termine: Il rapporto di lavoro dirigenziale pubblico, di norma, si costituisce a tempo indeterminato tramite concorso pubblico. Il ricorso a incarichi dirigenziali a termine per personale esterno è una forma eccezionale, giustificata dalla necessità di reperire professionalità specifiche non presenti nei ruoli dell’amministrazione.
2. Applicabilità della Direttiva Europea: La disciplina europea contro l’abuso del precariato si applica pienamente anche al rapporto di lavoro dirigenziale pubblico. Non esistono ragioni per escludere questa categoria di lavoratori dalle tutele previste.
3. Limiti Massimi di Durata: La normativa nazionale, già a partire dalla legge 145/2002, ha introdotto dei limiti massimi di durata per tali incarichi (tre anni per la dirigenza generale, cinque per gli altri). La Corte ha chiarito che questi limiti non si riferiscono al singolo contratto, ma alla durata complessiva dei rinnovi per lo svolgimento di attività ordinarie.
4. Divieto di Copertura di Esigenze Permanenti: Superare questi limiti temporali attraverso rinnovi successivi per soddisfare esigenze stabili e non provvisorie dell’ente integra un abuso. L’amministrazione non può utilizzare questa forma contrattuale per eludere l’obbligo di assumere tramite concorso per coprire posti in organico.
5. Diritto al Risarcimento: In caso di abuso accertato, il dirigente ha diritto al risarcimento del cosiddetto “danno eurounitario”. Questo danno, presunto e con valenza sanzionatoria, viene liquidato sulla base dei criteri previsti per il licenziamento illegittimo, salva la prova di un pregiudizio maggiore.

La Corte ha inoltre rigettato la tesi dei ricorrenti secondo cui anche per gli incarichi a dirigenti esterni dovesse valere la durata minima triennale prevista dal comma 2 dell’art. 19 per i dirigenti di ruolo. I giudici hanno specificato che tale norma si applica solo ai dirigenti a tempo indeterminato, mentre per quelli esterni non è previsto un termine minimo, dovendo la durata essere calibrata sulle specifiche esigenze dell’ente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche sia per le Pubbliche Amministrazioni sia per i dirigenti esterni:

* Per le P.A.: Viene posto un freno all’utilizzo indiscriminato di contratti dirigenziali a termine come strumento per coprire carenze di organico strutturali. Le amministrazioni devono programmare le proprie esigenze e bandire concorsi, utilizzando gli incarichi esterni solo per necessità temporanee e specifiche, nel rispetto dei limiti di durata complessivi.
* Per i Dirigenti: Si rafforza la tutela contro il precariato. I dirigenti che hanno subito una successione di rinnovi oltre i limiti di legge, per svolgere mansioni ordinarie, possono agire in giudizio per ottenere un congruo risarcimento del danno, anche se non la stabilizzazione del rapporto di lavoro.

Una Pubblica Amministrazione può rinnovare un incarico dirigenziale a termine per coprire un’esigenza permanente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la reiterazione di incarichi dirigenziali a termine per soddisfare esigenze stabili e durevoli dell’amministrazione, superando i limiti massimi di durata di tre o cinque anni, costituisce un abuso e viola la normativa nazionale ed europea.

Cosa spetta al dirigente in caso di rinnovo abusivo del contratto a termine?
Al dirigente spetta il risarcimento del danno (c.d. danno eurounitario). Questo non comporta la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato, ma garantisce una compensazione economica presunta, con valenza sanzionatoria, per la precarizzazione subita.

Esiste una durata minima per gli incarichi dirigenziali a termine conferiti a personale esterno?
No. La sentenza ha chiarito che la durata minima triennale prevista dall’art. 19, comma 2, del d.lgs. 165/2001 si applica solo agli incarichi conferiti ai dirigenti di ruolo (assunti a tempo indeterminato). Per i dirigenti esterni, non è previsto un termine minimo, e la durata del contratto deve essere adeguata alle specifiche esigenze dell’amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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