Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8676 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 8676 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 9600/2021 proposto da:
ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO DELLA REGIONE SICILIANA (DIPARTIMENTO REGIONALE DEL LAVORO, DELL’IMPIEGO, DELL’ORIENTAMENTO, DEI SERVIZI E DELLE ATTIVITA’ FORMATIVE-SERVIZIO XVII –RAGIONE_SOCIALE DI SIRACUSA), in persona del l’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, è domiciliato;
– ricorrente –
OGGETTO: PUBBLICO IMPIEGO
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 56/2021 della Corte d’Appello di Catania, pubblicata in data 01/02/2021 R.G.N. 122/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/03/2025 dal
Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P .M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Siracusa ha respinto il ricorso con cui NOME COGNOME aveva impugnato il decreto del 10 marzo 2016 dell’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro della Regione Sicilia a lui notificato in data 23.3.2016, di cancellazione del suo nominativo dalla graduatoria distrettuale COGNOME dei lavoratori forestali.
La Corte di Appello di Catania, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME ha dichiarato illegittimo il suddetto provvedimento di cancellazione, ha ordinato alle Amministrazioni appellate di reinserire il COGNOME nella graduatoria distrettuale dei lavoratori forestali a tempo determinato, distretto Giarranauti, ed ha rigettato le domande risarcitorie proposte dal COGNOME.
Ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Corte territoriale ha evidenziato che gli operai addetti al servizio antincendio sono adibiti ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’amministrazione forestale, con pieno inserimento nella relativa organizzazione pubblicistica ed ha ritenuto
incontestata l’adozione del provvedimento di cancellazione del COGNOME dalla ‘graduatoria distrettuale Giarranauti’ a seguito dell’acquisizione del certificato del casellario giudiziale in data 24.7.2015; ha in particolare evidenziato che il suddetto provvedimento era stato adottato in ragione dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il giudice di appello ha inoltre osservato che tale pena accessoria priva il condannato di un pubblico ufficio e altresì di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio; ha inoltre evidenziato che ai fini del riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio rileva la natura pubblicistica dell’attività in concreto svolta.
Ha richiamato i principi espressi da questa Corte, secondo cui per l’attribuzione della qualità di incaricato di pubblico servizio occorre che l’attività concretamente esercitata dal soggetto sia disciplinata da norme di diritto pubblico ovvero che, con atto normativo anche di rango inferiore, sia stata assunta come propria dallo Stato o da altro ente pubblico, sicché deve essere chiara la natura pubblicistica di tale attività in quanto diretta a realizzare in via immediata le finalità dell’ente pubblico, concretantesi in un servizio rivolto alla generalità dei cittadini.
Ha inoltre precisato che l’attività dell’incaricato di pubblico servizio manca dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione (con la quale è in rapporto di accessorietà e complementarietà) e non ricomprende le attività che si risolvono nello svolgimento di mansioni di ordine o in prestazioni d’opera meramente materiale.
Ha pertanto escluso che l’interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta al COGNOME ostasse allo svolgimento di mansioni di operaio forestale a tempo determinato, ritenendo che esse si risolvono in compiti meramente esecutivi e di prestazioni d’opera meramente materiale.
Considerando assorbita ogni altra questione, ha disapplicato il provvedimento di cancellazione, ha ritenuto che le Amministrazioni convenute dovessero essere condannate a reinserire il COGNOME nella graduatoria distrettuale dei lavoratori forestali a tempo determinato, distretto Giarranauti ed
ha ritenuto infondate le domande risarcitorie, in assenza di allegazione e prova in ordine all’entità dei danni subiti.
Avverso tale sentenza l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro della Regione siciliana ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
La Procura Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28, 357 e 358 cod. pen., dell’art. 7 della legge n. 353/2000, dell’art. 175 R.D. n. 3267/1923, dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 179/2009, dell’art. 85 del D.P.R. n. 3/1957, nonché degli artt. 3, 33, 34ter , 44, 45, 45bis, 45ter , 46, 47, 56 della legge regione Sicilia n. 16/1996, dell’art. 27 della legge regione Sicilia n.11/1989, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che gli addetti ai servizi antincendio siano incaricati di pubblico servizio, sul presupposto che le mansioni di operaio forestale si risolvono in compiti meramente esecutivi e di prestazioni d’opera esclusivamente materiale.
Lamenta l’omessa considerazione, da parte del giudice di appello, di tutte le funzioni ed i compiti attribuiti dalla legge agli operai addetti al servizio antincendio.
Evidenzia che gli addetti al servizio antincendio boschivo non svolgono solo attività di manutenzione, ma concorrono alla tutela del patrimonio boschivo espletando anche compiti di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e segnalazione, funzionali all’esercizio dei poteri di accertamento e sanzionatori previsti dalla legge.
Con il secondo motivo, proposto in subordine nel caso di mancato accoglimento del primo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto assorbiti i motivi di appello con cui il COGNOME aveva censurato la sentenza di primo grado per
violazione del principio dell’affidamento, omessa motivazione del provvedimento di cancellazione, irrilevanza della condanna per incendio e contrarietà e sull’espunzione dall’ordinamento della sanzione accessoria dell’interdizione per effetto della cd. riforma Orlando, così omettendo di pronunciarsi su tali motivi.
Addebita alla Corte territoriale di avere fatto malgoverno dei principi riguardanti l’assorbimento, in quanto aveva omesso di valutare gli ulteriori e distinti profili di autonoma legittimità, validità e motivazione dell’atto datoriale contestato, che avrebbero giustificato il rigetto della domanda sotto un ulteriore distinto profilo rispetto a quello riguardante l’art. 28 cod. pen.
3. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata.
Nel contestare il carattere meramente esecutivo o materiale delle mansioni svolte dagli operai forestali, il ricorso non sollecita un giudizio di merito, ma fa leva su specifiche disposizioni di legge; l’eccezione proposta dal controricorrente sollecita invece la rilettura delle buste paga e dell’attestazione dell’Assessorato regionale Agricoltura.
Non può inoltre ritenersi nuova la prima censura proposta, atteso che la sentenza impugnata, nel ricostruire le fonti che regolamentano le categorie degli operai forestali, ha indicato anche l’art. 56 legge regionale n. 16/1996, riguardante i lavoratori impegnati nei servizi antincendio, secondo cui i contingenti di operai sono distinti in addetti alle squadre di pronto intervento, addetti alla guida delle autobotti e dei mezzi tecnici speciali per il trasporto delle squadre di pronto intervento e addetti alle torrette di avvistamento e alle sale operative; ha inoltre affermato che gli operai addetti al servizio antincendio sono adibiti a un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’amministrazione forestale, con pieno inserimento nella relativa organizzazione pubblicistica.
4. Il primo motivo è fondato.
In ordine alla nozione di incaricato di pubblico servizio, questa Corte ha ribadito anche di recente il superamento della concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio con la riformulazione degli artt. 357 e 358 cod. pen. ad opera della legge n. 86/1990, attraverso l’adozione di una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio
della disciplina pubblicistica dell’attività svolta e del suo contenuto (v. Cass. sez. VI pen. n. 38600/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Si è in particolare evidenziato che secondo la definizione di cui all’art. 358 cod. pen., l’attività di incaricato di pubblico servizio, come quella del pubblico ufficiale, è disciplinata da norme di diritto pubblico, ma presenta due requisiti negativi, in quanto manca dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è in rapporto di accessorietà e complementarietà, e non ricomprende le attività che si risolvono nello svolgimento di mansioni di ordine o in prestazioni d’opera meramente materiale; si tratta dunque di un’attività di carattere intellettivo caratterizzata, quanto al contenuto, dallo svolgimento di compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiale.
Quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal legislatore, si è dunque osservato che la qualifica pubblicistica dell’attività prescinde dalla natura dell’ente in cui è inserito il soggetto e dalla natura pubblicistica dell’impiego; rilevano dunque il carattere pubblicistico dell’attività svolta in concreto dall’ente e l’attività in concreto compiuta dal soggetto.
La qualifica di incaricato di pubblico servizio è stata riconosciuta nei riguardi di soggetti che, operando tanto nell’ambito di enti pubblici quanto di enti di diritto privato, siano risultati titolari di funzioni di rilevanza pubblicistica caratterizzate dall’esercizio del potere di adottare in autonomia provvedimenti conformativi dei comportamenti dei destinatari del servizio, con i quali l’agente instaura una relazione diretta (Cass. sez. VI pen. n. 3932/2021; Cass. Sez. III pen. n. 26427/2016; Cass. sez. VI pen. n. 6749/2014), mentre è stata negata in relazione alla posizione di quei soggetti che, privi di mansioni propriamente intellettive, nel contesto di quelle strutture siano chiamati a compiere generiche attività materiali in esecuzione di ordini di servizio ovvero di prescrizioni impartite dai superiori gerarchici.
Si è dunque chiarito che riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio il soggetto che svolga attività di carattere intellettivo caratterizzata, da un lato dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, e dall’altro, da una precisa correlazione funzionale con il
soddisfacimento di uno specifico interesse pubblico. Assume dunque tale qualità colui che, eventualmente accanto a prestazioni di carattere materiale, espleti anche compiti che comportino conoscenza e applicazione di normative, anche se a livello esecutivo, e che involgano profili, sia pure complementari e integrativi, di collaborazione nell’espletamento del pubblico servizio (Cass. Sez. VI 7.3.2000; Cass. pen. 912/2003).
Si è infatti evidenziato che il tenore testuale dell’art. 358 cod. pen. connota le mansioni d’ordine e la prestazione di opera materiale rispettivamente con i termini ‘semplici’ e ‘meramente’, attraverso i quali la norma circoscrive la nozione in disamina, espungendone qualunque connotato di tecnicità e di elevata responsabilità, in modo pienamente corrispondente all’esigenza di evitare un’ingiustificata dilatazione della latitudine semantica della nozione con riferimento, in particolare, all’espletamento di funzioni ‘d’ordine’ che, senza queste puntualizzazioni, diverrebbe potenzialmente idoneo ad estendersi ad amplissimi settori dell’area del lavoro subordinato (Cass. n. 6749/2014 cit.).
Viceversa, i termini ‘semplici’ e ‘meramente’ indicano, in modo univoco, una voluntas legis volta a collocare nel perimetro della nozione di incaricato di pubblico servizio qualunque mansione che richieda un bagaglio di nozioni tecniche e di esperienza e che comporti un livello di responsabilità superiore a quello richiesto per lo svolgimento di incombenti meramente materiali o d’ordine.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha innanzitutto accertato che gli operai addetti al servizio antincendio sono adibiti a un servizio che rientra nei fini istituzionali dell’amministrazione forestale, con pieno inserimento nella relativa organizzazione pubblicistica, e tale statuizione è rimasta incensurata.
Ciò premesso, l’art. 7, comma 1, della legge n. 353/2000 ratione temporis vigente, prevede: ‘ 1. Gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi comprendono le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei ‘.
Il successivo comma 6 stabilisce: ‘ 6. Il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla presente legge deve essere prevalentemente impiegato nelle attività di prevenzione di cui all’articolo 4 e reclutato con congruo anticipo rispetto ai periodi di maggiore rischio; ai fini di
tale reclutamento, è data priorità al personale che ha frequentato con esito favorevole, i corsi di cui all’articolo 5, comma 2′ ; tale disposizione individua dunque nelle attività di prevenzione di cui all’articolo 4 quelle nelle quali deve essere prevalentemente impiegato il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità della legge n. 353/2000.
Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 353/2000, tali finalità consistono nella ‘conservazione e nella difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione’.
L’art. 4 della stessa legge 353/2000 ratione temporis vigente stabilisce: ‘ 1. L’attività di previsione consiste nell’individuazione, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettere c), c-bis) ed e), delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo nonché degli indici di pericolosità. Rientra nell’attività di previsione l’approntamento dei dispositivi funzionali a realizzare la lotta attiva di cui all’articolo 7. 2. L’attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d’incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti. A tal fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree a rischio di cui al comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio, conformemente alle direttive di cui all’articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei volti a migliorare l’assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali (…)’, mentre il successivo art. 5, comma 2, prevede: ‘2 . Le regioni curano, anche in forma associata, l’organizzazione di corsi di carattere tecnico-pratico rivolti alla preparazione di soggetti per le attività di previsione, prevenzione degli incendi boschivi e lotta attiva ai medesimi ‘.
Da tali disposizioni risulta che la gamma delle attività in cui deve essere prevalentemente impiegato il personale stagionale utilizzato dalle regioni per la lotta attiva agli incendi boschivi, ivi compresi gli operai forestali addetti al servizio antincendio, implica gradi di competenze e di autonomia operativa tali da escludere mere mansioni materiali o di ordine.
La sentenza impugnata, avendo ritenuto che le mansioni di operaio forestale a tempo determinato si risolvano nello svolgimento di compiti meramente
esecutivi e di prestazioni d’opera meramente materiale, è dunque errata, in quanto non ha tenuto conto di tali disposizioni.
La fondatezza del primo motivo rende superflua la disamina del secondo motivo, in quanto la censura riguardante la statuizione di assorbimento della Corte d’appello è stata proposta in via subordinata.
Deve pertanto essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo; la sentenza impugnata va cassata in riferimento al motivo accolto e, n on essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda originariamente proposta dal COGNOME.
In ragione della novità e della peculiarità della questione, nonché del diverso esito del giudizio nei gradi di merito, si stima equo compensare integralmente le spese dell’intero processo.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originariamente proposta da NOME COGNOME e compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, del 18 marzo 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME