Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11330 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 26751/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato, con uffici in Roma, INDIRIZZO domicilio digitale come in atti
-controricorrente – e contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE DELLA PROVINCIA DI TARANTO
-intimato –
N. 26751/19 R.G.
avverso la sentenza n. 381/2019 della CORTE D ‘ APPELLO d ell’AQUILA , depositata il 6.3.2019;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 26.2.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE promosse pignoramento presso terzi in relazione al credito vantato dal Consorzio di difesa delle produzioni intensive della Provincia di Taranto (di seguito, CODITA), proprio debitore, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, agente per la riscossione delle somme dovute al Consorzio. A seguito di dichiarazione negativa del terzo pignorato, venne introdotto il giudizio ex art. 548 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Pescara che, dopo aver istruito la causa, con sentenza del 16.12.2013 dichiarò che SORAGIONE_SOCIALE. è debitrice del CODITA per l’importo di € 109.635,86. La Corte d’appello dell’Aquila, adita dal terzo pignorato e nella contumacia del Consorzio esecutato, con sentenza del 6.3.2019 rige ttò l’appello e con esso la preliminare eccezione di difetto di giurisdizione. Rilevò in particolare, quanto a quest’ultima, che la giurisdizione del G.O. discendeva dal carattere privato sia dell’ente conferente l’incarico di riscossione, sia delle stesse convenzioni intervenute tra il CODITA e la SO.G.E.T., donde l’inapplicabilità dell’art. 13 r.d. n. 1214/1934 e, nella sostanza, dello stesso art. 20 d.lgs. n. 112/1999, che appunto sanciscono la giurisdizione della Corte dei conti. Quanto al merito, rilevò in particolare che era stata ritualmente acquisita la prova del credito e che nessuna violazione della regola dell’onere della prova era stata perpetrata dal primo giudice.
N. 26751/19 R.G.
RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), frattanto subentrata ad RAGIONE_SOCIALE Il CODITA non ha svolto difese.
Con ordinanza interlocutoria n. 10148 del 29.3.2022, il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite, in relazione all’esame del primo motivo, avente ad oggetto una questione di giurisdizione. Quindi, con sentenza n. 16125/2024 dell’11.6.2024, il Massimo Consesso ha rigettato il primo motivo di ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario e rimettendo la causa a questa Sezione per l’esame delle ulteriori censure. Fissata così l’odierna udienza camerale, la ricorrente ha depositato ulteriore mem oria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il secondo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, 60 e 61 d.lgs. n. 112/1999, nonché omessa e/o incoerente motivazione sulla presentazione delle domande di rimborso e sul mancato riconoscimento del credito della RAGIONE_SOCIALE per i ruoli non riscossi, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. La ricorrente censura la decisione d’appello nella parte in cui ha erroneamente ritenuto -ai fini della determinazione dei rapporti dare/avere tra le parti – che non sia stata data la prova della rituale presentazione delle domande di rimborso/discarico.
1.2 -Con il terzo motivo, infine, si lamenta omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La ricorrente si duole dell’ulteriore accertamento della Corte d’appello relativo ai
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crediti verso contribuenti falliti ed extraterritoriali, ritenuti privi di adeguata prova, laddove invece detti crediti erano specificamente menzionati nella missiva del 16.11.2005, acquisita agli atti e non contestata.
2.1 -Occorre preliminarmente dare atto che, con la già citata sentenza n. 16125/2024, le Sezioni Unite -risolvendo la questione di giurisdizione -hanno rigettato il primo motivo del ricorso della SORAGIONE_SOCIALE sicché nel prosieguo si procederà a delibare esclusivamente i restanti motivi.
3.1 -Ciò posto, il secondo motivo è inammissibile , per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis .
A parte l’indebita commistione circa la natura delle doglianze (facendosi ad un tempo ed indistintamente valere una pretesa violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e un deficit motivazionale: il che rende il mezzo di per sé inammissibile, in quanto o la motivazione è errata in iure, e dunque esiste, oppure è omessa, e dunque non esiste), il mezzo è strutturato sulla base di elementi dai quali è solo possibile arguire che, secondo la ricorrente, essa non era affatto debitrice del CODITA, bensì sua creditrice; detti elementi, però, sono argomentati in modo assolutamente oscuro e generico, dunque praticamente incomprensibile, sicché non è possibile , per questa Corte, valutare se l’uno o l’altro vizio denunciato siano effettivamente sussistenti (al netto della già evidenziata ragione di inammissibilità).
4.1 -Stessa sorte segue il terzo motivo.
Al di là di ogni altra considerazione sulla assoluta genericità delle doglianze, vi è che – trattandosi di motivo proposto sotto le insegne dell’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. e venendo in rilievo una c.d. doppia conforme in facto – la ricorrente
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non ha spiegato se le ragioni della decisione d’appello siano o meno diver se rispetto a quella, pur conforme nell’esito , resa dal Tribunale di Pescara, com’era suo onere (v. Cass. n. 26934/2023).
5.1 -In definitiva, il ricorso è nel complesso rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. Nulla va disposto nel rapporto con il CODITA, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 7.700,00 per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della