Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15155 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15155 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 15854/23 proposto da:
-) COGNOME NOME e NOME , domiciliati ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 24 gennaio 2023 n. 508; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell ‘ 8 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L ‘ antefatto.
NOME COGNOME, dipendente della società RAGIONE_SOCIALE, fu licenziato. Il licenziamento fu dichiarato illegittimo dalla Corte d ‘ appello di Roma con sentenza 5.9.2005 n. 2821. La sentenza fu confermata da questa Corte con sentenza 7.8.2008 n. 21373.
Iniziò a questo punto una singolare vicenda processuale, di cui il presente giudizio non è che l ‘ ultimo episodio in ordine di tempo.
1.1. Avvenne infatti che NOME COGNOME ed il suo avvocato NOME COGNOMEin favore della quale erano state distratte le spese legali del giudizio di
Oggetto: opposizione all ‘ esecuzione – carente esposizione della vicenda processuale -inammissibilità del ricorso.
impugnazione del licenziamento) introdussero o intervennero in plurime azioni esecutive nei confronti della RDS s.p.a., sulla base del medesimo titolo sopra indicato: stando a quanto risulta dagli atti, almeno quattro , quelle contraddistinte dai nn. di r.g.e. 22736/08, 28534/08, 39434/08 e 12117/10, tutte incardinate dinanzi al Tribunale di Roma.
2. I fatti di causa.
Il presente giudizio scaturisce dalla procedura n. 22736/08.
Questa procedura esecutiva fu iniziata nel 2008 da NOME COGNOME creditrice della società RAGIONE_SOCIALE, nelle forme dell ‘ espropriazione di crediti.
La creditrice procedente pignorò un credito vantato dalla RDS nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nella suddetta procedura intervennero altri sette creditori:
-) NOME COGNOME con atto del 28.11.2008;
-) NOME COGNOME con atto del 28.11.2008;
-) NOME COGNOME con atto del 4.12.2008; a fondamento di tale intervento NOME COGNOME allegò il credito avente ad oggetto gli onorari, distratti in suo favore ex art. 93 c.p.c., dovuti per avere assistito NOME COGNOME nel giudizio di impugnazione del licenziamento sopra ricordato; tale credito fu quantificato dall ‘ interveniente in euro 6.488,43;
-) NOME COGNOME (col ministero dell ‘ avv. NOME COGNOME), con atto del 20.4.2009;
-) NOME COGNOME con atto del 24.9.2009;
-) NOME COGNOME e NOME COGNOME con atto del 16.7.2015. Nelle more della procedura NOME COGNOME rinunciò al giudizio.
3. Con ordinanza del 29.3.2010 il G.E.:
-) assegnò a tutti i creditori sopra indicati, ad eccezione di NOME COGNOME una quota del credito pignorato ad integrale soddisfazione delle rispettive pretese;
-) rilevò l ‘ avvenuta soddisfazione da parte della RDS del credito vantato da NOME COGNOME alla quale accordò la sola rifusione delle spese di intervento.
Cinque anni dopo con atto del 16.6.2015 anche NOME COGNOME rinunciò alla pretesa.
Il 16.7.2015, come accennato, NOME COGNOME e NOME COGNOME intervennero nella procedura.
Avverso tale atto di intervento la RDS propose opposizione all ‘ esecuzione, con la quale eccepì in via pregiudiziale l ‘ avvenuta estinzione della procedura.
Con ordinanza depositata il 12.8.2016 il G.E. accolse l ‘ eccezione di estinzione. Ritenne quel giudice che:
l ‘ intervento di NOME COGNOME e NOME COGNOME era avvenuto dopo che tutti i creditori erano stati soddisfatti, e l ‘ unico ancora interessato (NOME COGNOME vi aveva rinunciato; e dunque quando la procedura era già esaurita;
b) in ogni caso NOME COGNOME e NOME COGNOME erano intervenuti mentre la procedura esecutiva era stata sospesa dal G.E. in conseguenza dell ‘ opposizione proposta dalla RDA avverso l ‘ intervento del COGNOME; e, poiché il provvedimento di sospensione non era stato impugnato, né il giudizio riassunto, il processo d ‘ esecuzione si era estinto.
L ‘ ordinanza fu reclamata da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con sentenza 2911/07 il Tribunale di Roma rigettò il reclamo.
La sentenza fu appellata dai tre soccombenti.
Con sentenza 24.1.2023 n. 508 la Corte d ‘ appello di Roma rigettò il gravame, ritenendo che l ‘ estinzione del processo esecutivo si produce ipso facto non appena l ‘ ultimo creditore titolato rinunci agli atti esecutivi, e che il successivo provvedimento di estinzione ha natura solo dichiarativa.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi. La RDS ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è denunciata la violazione dell ‘ articolo 630, terzo comma, c.p.c., nel testo risultante dalla sentenza 45 del 2023 pronunciata dalla Corte costituzionale, con cui è stata dichiarata l ‘ illegittimità costituzionale della suddetta norma nella parte in cui consente che il giudice il quale ha pronunciato l ‘ estinzione del processo esecutivo, possa poi anche decidere del reclamo avverso tale provvedimento.
Spiegano i ricorrenti che, nel caso di specie, il giudice dell ‘ esecuzione, dopo aver pronunciato l ‘ estinzione della procedura esecutiva, aveva composto il collegio giudicante del reclamo avverso il suddetto provvedimento.
Dopo avere esposto a ciò, i ricorrenti a p. 9 del ricorso sostengono che il giudice dell ‘ opposizione avrebbe dovuto ‘richiedere il fascicolo dell ‘esecuzione’; concludono infine affermando che ‘ il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato difettava di giurisdizione e/o competenza ‘.
1.1. Nella parte in cui invoca gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 45/23 il motivo è infondato.
La circostanza che abbia preso parte al collegio giudicante un giudice che avrebbe dovuto astenersi non è causa di nullità del procedimento, né della sentenza. Semplicemente, tale circostanza legittima la parte interessata a proporre una istanza di ricusazione.
Nel caso di specie questa istanza non fu proposta. La circostanza che la sentenza 45/23 della Consulta sia stata pronunciata dopo l ‘ emissione del provvedimento di reclamo avrebbe potuto, a tutto concedere, legittimare una istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per proporre l ‘ istanza
di ricusazione. Tale istanza non è stata proposta neanche in questa sede, né i ricorrenti hanno prospettato la violazione dell ‘ art. 52 c.p.c..
1.2. Le restanti censure (giurisdizione, competenza, richiesta del fascicolo) sono manifestamente inammissibili ex art. 366 nn. 3 e 4 c.p.c.: sia perché formulate in termini incomprensibili rispetto alla vicenda processuale per come esposta (art. 366 n. 3 c.p.c.); sia perché prive di adeguata illustrazione (art. 366 n. 4 c.p.c.).
2. Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo i ricorrenti – al di là dei riferimenti normativi indicati a p. 10 del ricorso – sostengono che l ‘ intervento di NOME COGNOME e NOME COGNOME nella procedura esecutiva si sarebbe dovuto ritenere ammissibile, perché alla data in cui avvenne vi era ancora un creditore insoddisfatto: NOME COGNOME che non aveva ricevuto in assegnazione alcuna somma a tacitazione del residuo credito accertato dal Giudice dell ‘ esecuzione, ovvero euro 700 a titolo di rimborso delle spese per l ‘ intervento compiuto in proprio.
2.1. Il motivo è, in primo luogo, inammissibile per la manifesta, palese e insanabile violazione dell ‘ art. 366, n. 3, c.p.c., il quale impone di riassumere con chiarezza e completezza i fatti di causa.
Ma, nel caso di specie, dei fatti di causa per come esposti dai ricorrenti deve dirsi che costituiscono una indistinta e nebulosa narrazione.
Dall ‘ esame degli atti – consentito dalla natura del vizio prospettato – risulta infatti che NOME COGNOME e NOME COGNOME introdussero plurime esecuzioni, tutte ‘ fondate sul medesimo titolo’ (così si legge, ad es., nella sentenza 8200/11 del Tribunale di Roma, in atti). Queste procedure come già detto furono almeno quattro (r.g. 22736/08, 28534/08, 39434/08, 12117/10); ed in ciascuna di esse il debitore esecutato (RDS) propose plurime opposizioni.
Risulta, ancora, dagli atti che:
-) NOME COGNOME nell ‘esecuzione 39434/08 ottenne ‘ il pagamento integrale’ (così la sentenza del Tribunale di Roma 1721/10, confermata da questa Corte con la sentenza 5598/22);
-) l ‘ opposizione proposta dalla RDS rispetto all ‘ intervento di NOME COGNOME in tutte e tre le procedure r.g. 22736/08, 28534/08 e 394634/08 fu accolta dal Tribunale di Roma (così il dispositivo della sentenza 8200/11, confermata dalla Corte d ‘ appello di Roma con sentenza 6283/11 e passata in giudicato per effetto del rigetto del ricorso per cassazione pronunciato da questa Corte con ordinanza 19775/22);
-) ulteriore opposizione proposta dalla RDS avverso l ‘ intervento di NOME COGNOME fu accolta dal Tribunale di Roma con sentenza 2970/11, confermata da questa Corte con l ‘ ordinanza 4693/19.
Non mette conto in questa sede stabilire – come pure parrebbe assai probabile – se per effetto delle decisioni sopra ricordate si sia formato un giudicato esterno sulla insussistenza del diritto di NOME COGNOME a procedere esecutivamente.
Quel che invece rileva, prima ancora e sul piano dell ‘ ammissibilità del ricorso, è che a fronte di questo microcosmo di interventi, opposizioni, appelli, sospensioni e reclami, sarebbe stato preciso dovere dei ricorrenti esporre chiaramente e con ordine quale fosse la situazione processuale a fronte della confusione da essi stessi generata con questo profluvio di liti.
2.2. In ogni caso e ad abundantiam , il secondo motivo di ricorso si fonda su un presupposto di fatto manifestamente erroneo. appello avrebbe confermato il giudizio di estinzione della procedura esecutiva nonostante permanesse
Sostengono infatti i ricorrenti che la Corte d ‘ ancora un creditore insoddisfatto, NOME COGNOME.
2.3. Si legge tuttavia a p. 2, quinto capoverso, della sentenza impugnata: ‘ il G.E. ha (…) escluso la COGNOME dall ‘ assegnazione di qualsiasi somma, eccezion fatta per Euro 700,00 a titolo di spese di intervento ‘. Per la lingua italiana, ‘eccezion fatta ecc.’ è sintagma introduttivo di una deroga. Dire pertanto ‘ il giudice ha escluso NOME COGNOME dall ‘ assegnazione,
eccezione fatta per’ , equivale a dire ‘ il Giudice ha assegnato a NOME COGNOME solo ecc. ‘ .
Né è irrilevante che, come segnalato dalla RDS senza smentita, il Tribunale di Roma nella sentenza già ricordata 2970/11 (divenuta definitiva per effetto della sentenza di questa Corte n. 4693/19) ha affermato ‘ la COGNOME (…) ha (…) ottenuto sulla base degli stessi titoli assegnazione di euro 700,00 a titolo di spese della procedura ‘. Né è stato smentito (insistendosi solo sull ‘ elemento formale della mancata rinuncia, irrilevante dinanzi all ‘ accertamento compiuto) che, in dipendenza di tanto, si sia in concreto avuta pure l ‘ estinzione del credito azionato dalla procedente.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell ‘ art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P. q. m.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido, alla rifusione in favore di Radio Dimensione RAGIONE_SOCIALE s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 16.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile