Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8678 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8678 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13009/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME da se stesso rappresentato e difeso ex art. 86 c.p.c., domiciliato presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente incidentale-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge;
-resistente al ricorso incidentale-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 6029/2023 depositata il 14/04/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Su ricorso di NOME COGNOME il Tribunale di Roma emetteva decreto n. 4690/2021 con il quale ingiungeva alla società RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, ACF), di cui il COGNOME era stato amministratore delegato, il pagamento della somma di euro 200.000,00, a titolo di prima annualità di compenso per un accordo di collaborazione che sarebbe intervenuto tra le parti.
A seguito del decreto di esecutorietà, al predetto decreto ingiuntivo veniva apposta la formula esecutiva in favore dell’avvocato NOME COGNOME quale difensore antistatario del Leccisi.
In data 18.06.2021, il Bianco notificava ad ACF atto di precetto per il pagamento dei compensi professionali, oltre spese successive.
ACF proponeva opposizione – oltre che al decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., del quale chiedeva la immediata sospensione ed al precetto che sulla base dello stesso era stato ad essa intimato dal COGNOME – anche al precetto intimato dal COGNOME.
In particolare, per quanto qui rileva, la ACF – convenendo in giudizio sia il Bianco che il COGNOME – proponeva opposizione al precetto ex art. 615 c.p.c. deducendone la nullità: sia perché l’avvocato distrattario non si era munito del titolo esecutivo, né lo aveva previamente notificato, né lo aveva menzionato nell’atto di precetto e aveva richiesto illegittimamente l’IVA; sia perché era nullo il decreto ingiuntivo, sulla base del quale il precetto si fondava, in quanto di esso era venuta a conoscenza tardivamente, tanto da essere stata costretta a ricorrere precedentemente allo strumento del ricorso ex art. 650 c.p.c., per chiedere la revoca del titolo in quanto nullo, per i motivi illustrati nel suddetto giudizio.
Si costituivano entrambi i convenuti: il COGNOME eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione, della quale chiedeva il rigetto nel merito, mentre il COGNOME eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, poiché i motivi di opposizione attenevano esclusivamente alla posizione del difensore distrattario.
In udienza il COGNOME dichiarava di rinunciare alla corresponsione dell’IVA.
Nelle more del procedimento, e precisamente in data 30 maggio 2022, ACF dava atto dell’intervenuta sospensione della efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo (da parte del giudice dell’opposizione a quest’ultimo), che rappresentava il titolo portato dal precetto oggetto del procedimento di primo grado, chiedendo che il Tribunale adottasse ogni conseguente e più opportuno provvedimento, inclusa la sospensione del procedimento.
Il Tribunale, istruita documentalmente la causa, con sentenza n. 6029/2023 – dichiarata la carenza di legittimazione passiva del COGNOME e qualificata l’opposizione della società ai sensi dell’art. 617 c.p.c., attenendo tutte (con esclusione di quella, rinunciata, relativa alla debenza IVA) alla regolarità dell’atto di precetto – dichiarava la cessazione della materia del contendere, essendo stata sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo con ordinanza del 25 marzo 2022; e, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, condannava il Bianco alla rifusione delle spese di lite a favore della società (che veniva a sua volta condannata alla rifusione delle spese processuali in favore del COGNOME).
Avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, quale giudice dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., ha proposto ricorso il Bianco. Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, che ha articolato ricorso incidentale.
Nessun atto difensivo qualificabile come controricorso è stato presentato dal COGNOME né al ricorso principale, né a quello incidentale.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
Il Difensore del COGNOME ha depositato memoria con la quale ha dedotto di non aver ricevuto la notifica del controricorso con ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione; ed ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso incidentale per omessa notifica, con distrazione delle spese processuali.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’ avv. NOME COGNOME articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia: <<violazione e/o falsa applicazione degli articoli 479, 480, 617, 654, comma 2, 156 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., poiché il Tribunale di Roma, nella valutazione prognostica dell'astratta fondatezza dell'opposizione, ha errato mancando di considerare la menzione nell'atto di precetto della data di notificazione del decreto ingiuntivo (10.03.2021) e di apposizione della formula esecutiva sul titolo azionato (14.06.2021).
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia: <>.
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, articola in sede di ricorso incidentale due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente incidentale denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale ha rilevato la carenza di legittimazione passiva del COGNOME sull’assunto che lo stesso fosse stato chiamato in giudizio ‘ sebbene non abbia intimato l’atto di precetto opposto “.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente incidentale denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale, pur ai fini dell’applicazione del principio della soccombenza virtuale, non ha ritenuto che parte opponente ACF sarebbe risultata vittoriosa anche con riferimento alla domanda di nullità del precetto derivata dalla nullità del Decreto Ingiuntivo e/o della sua notificazione.
Preliminarmente va dichiarata inammissibile la memoria presentata dal difensore del COGNOME, non avendo lo stesso resistito con controricorso né al ricorso principale e neppure al ricorso incidentale.
Il COGNOME in sede di memoria ha dedotto di non aver ricevuto la notifica del controricorso con ricorso incidentale ed ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso incidentale per difetto di notifica.
Ma tanto fa dimenticando che il d. lgs. n. 149/2022 ha modificato l’art. 370 c.p.c., eliminando l’obbligo della notificazione del controricorso, che, per i procedimenti introdotti con ricorso notificato dal 1° gennaio 2023, come per l’appunto il presente, deve essere depositato – esclusivamente con modalità telematiche – entro il termine di 40 giorni dalla notificazione del ricorso, come per l’appunto è avvenuto nel caso di specie. E, quanto alla proposizione di un ricorso incidentale, la norma novellata dell’art. 371 c.p.c. consente appunto al controricorrente di procedervi articolandola nel controricorso, per la ritualità del quale resta sufficiente il mero deposito agli atti. Rimane, in sostanza, onere della parte che – come nella specie – ha ricevuto rituale notifica del ricorso per cassazione seguire diligentemente, mediante accesso anche solo per via telematica agli atti, lo sviluppo del giudizio.
4. Ciò posto, il ricorso principale è inammissibile.
Inammissibili sono invero entrambi i motivi, che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente.
Occorre preliminarmente ricordare che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. SU n. 19874/2018), «qualora il ricorrente per cassazione proponga una determinata questione giuridica che implichi un accertamento in fatto e non risulti in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, deve denunciarne l’omessa pronuncia indicando, in conformità con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quale atto del giudizio di merito abbia già dedotto tale questione, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità e la ritualità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la relativa censura»
Invero, parte ricorrente, in sede di ricorso, non soltanto nell’esposizione del fatto – dove si limita a riferire che, nel costituirsi in giudizio, aveva contestato <> e che, a seguito della concessione dei termini di cui all’art. 183 VI comma c.p.c. da parte del giudice dell’esecuzione, aveva fornito <> – ma anche nella illustrazione dei motivi non indica adeguatamente i termini in cui ha posto davanti al giudice di merito la questione, oggetto dei due motivi di ricorso, qui in esame (e cioè la regolarità del precetto da lui notificato, quale procuratore antistatario, nonché la regolarità della notifica del titolo monitorio).
D’altronde, anche a voler riqualificare i motivi, questi ultimi sarebbero comunque inammissibili alla luce del pacifico principio (affermato ad es. da Cass. n. 22449/2006) secondo cui «il ricorso per
cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere articolato su motivi dotati dei caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata; in particolare il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 cpc deve essere dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza e dalla dottrina, diversamente non ponendosi la Corte regolatrice in condizione di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione».
Sempre per difetto della necessaria specificità, inammissibili sono anche i due motivi del ricorso incidentale.
Vero che la società resistente, in sede di controricorso, nell’esposizione del fatto, ha indicato (p. 5) le conclusioni rassegnate in sede di atto di citazione in opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c. (tra le quali in particolare declaratoria di nullità del precetto e di insussistenza del diritto delle controparti di procedere esecutivamente nei suoi confronti); ma è altrettanto vero che la stessa non ha indicato né in sede di esposizione del fatto (là dove riferisce delle successive memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c.) e neppure nella successiva illustrazione dei motivi le argomentazioni sulla base delle quali dette conclusioni erano state rassegnate.
All’inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale consegue la compensazione tra il ricorrente principale e quello incidentale delle spese relative al giudizio presente giudizio di legittimità.
Attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale, nulla può essere liquidato al COGNOME per spese processuali, neppure per le attività successive, dovendosi ribadire il principio di diritto (già affermato da Cass. ordd. nn. 17030/2021 e 34791/2021), secondo il quale: <>.
Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315), da parte del ricorrente principale e della società ricorrente incidentale.
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa le spese relative al presente giudizio di legittimità tra il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente principale e del ricorrente incidentale al competente ufficio di merito, dell’ulteriore impo rto a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025, nella camera di consiglio