Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22524 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22524 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13774-2023 proposto da:
COGNOME domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco ‘ pro tempore ‘ , domiciliata presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, INDIRIZZO segnatamente presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa d all’ Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE E RISCOSSIONI-ADER;
Oggetto
OPPOSIZIONE ESECUZIONE
Preavviso di fermo – Inammissibilità
dei motivi di ricorso
R.G.N. 13774/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 26/3/2025
Adunanza camerale
– intimata –
Avverso la sentenza n. 6376/2023, del Tribunale di Roma, depositata in data 19/04/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 6376/23, del 19 aprile 2023, del Tribunale di Roma che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 292/20, del 7 gennaio 2020, del Giudice di pace della stessa città -ha confermato l’accoglimento solo parziale dell’opposizione avverso il preavviso di fermo, disposto in forza di due cartelle esattoriali recanti i nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, entrambe relative a sanzioni comminate per violazione di norme del codice della strada.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che la proposta opposizione era diretta a far valere, da un lato, la non debenza delle somme oggetto della cartella n. NUMERO_CARTA essendo stata essa sospesa con provvedimento dell’autorità giudiziaria, nonché, dall’altro, per la cartella n. NUMERO_CARTA la prescrizione quinquennale del credito. L’allora opponente eccepiva, altresì, l’ines istenza del titolo esecutivo, per mancata redazione e sottoscrizione del ruolo, nonché il difetto e la nullità della notifica sia degli atti presupposti rispetto al fermo tecnico, sia delle cartelle stesse. Veniva, inoltre, eccepita l’illegittimità tanto del preavviso di fermo, poiché notificato senza l’intimazione di pagamento, quanto della richiesta di maggiorazione delle somme richieste, deducendosi, infine, la mancanza di chiarezza degli importi iscritti a ruolo.
L’opposizione suddetta – nella resistenza di Roma Capitale e dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione (d’ora in poi, ‘ADER’) -veniva parzialmente accolta, nei termini sopra illustrati, sicché NOME COGNOME esperiva appello, per lamentare che il primo giudice non aveva tenuto conto delle istanze istruttorie (estratti di ruolo) e quindi dei documenti depositati ex art 320 cod. proc. civ., dai quali emergeva che l’intero importo iscritto come debito a carico dell’opponente risultava non presente, per a mbedue le cartelle di pagamento, rimanendo soltanto dovute le spese per diritti di notifica.
Pertanto, essendo venuti meno entrambi i crediti, la sentenza avrebbe dovuto disporre l’annullamento totale del preavviso di fermo, con conseguente annullamento anche del debito residuo di € 1.156,77, imputato alla cartella esattoriale n. 09720160201783878000, il cui credito era rimasto invece attivo, secondo l’adito Giudice di pace.
Costituitasi in appello solo ADER, il gravame veniva rigettato, sul rilievo che l’importo di cui alla cartella n. NUMERO_CARTA risultava pagato da NOME COGNOME (circostanza che si indicava come non contestata da ADER), ma soltanto dopo l’in troduzione del giudizio di primo grado, sicché al momento della proposizione della domanda giudiziale dell’opponente la notifica della cartella ‘ de qua ‘ risultava validamente effettuata e il termine prescrizionale quinquennale non ancora decorso, ragion per cui il fermo era da ritenersi legittimo. Di conseguenza, le spese di cancellazione del preavviso di fermo rimanevano – secondo il giudice di appello – a carico del contribuente, anche dopo aver effettuato il pagamento della cartella esattoriale.
Avverso la sentenza del Tribunale capitolino ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base – come detto – di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che la sentenza impugnata ‘in tutta la parte motiva alterna il concetto di preavviso di fermo e di fermo, confondendone gli effetti e giudicando su una questione non relativa al giudizio’. Essa, infatti, avrebbe ‘avallato’ una ‘deduzione’ avanzata da ADER solo in secondo grado, ma non riportata nelle conclusioni rassegnate innanzi al giudice di prime cure, sicché il giudice d’appello ha accordato ad essa ‘più di quanto abbia corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), decidendo su un fatto diverso’.
Inoltre, la sentenza impugnata ha ‘considerato come non contestato l’annullamento del credito, indicato nella cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA di € 1.156,77′, ignorando il contenuto della decisione del primo giudice (e la stessa domanda propost a in appello), che statuiva: ‘accoglie parzialmente l’opposizione annullando il preavviso di fermo limitatamente alla cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA e conferma nel resto il preavviso di fermo impugnato e distinto al n. NUMERO_CARTA. I n altri termini, il Giudice di pace, rileva il ricorrente, avrebbe mantenuto ‘attiva la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA di € 1.156,77′, di talché esso COGNOME, ‘al fine di evitare l’iscrizione del fermo -trattandosi di preavviso di fermo – avrebbe dovuto corrispondere somme non indicate nell’estratto di ruolo della cartella esattoriale, con conseguente duplicazione di importi’.
Il giudice dell’appello, dunque, ‘ha ignorato le conclusioni rassegnate nell’atto di appello ed ha di sua sponte deciso che era pacifico il «pagamento» delle somme’ di cui alla cartella n. 09720160201783878000, statuendo, altresì, che ‘il pagamento della cancellazione del preavviso di fermo rimane a carico del contribuente anche dopo aver effettuato il pagamento della cartella esattoriale’.
In questo modo esso ‘non solo è andato ultra petitum , decidendo su qualcosa che non era stato chiesto, ed emettendo una decisione abnorme, visto che il preavviso non essendo ancora iscritto non produce alcuna spesa per la cancellazione, ma ha violato il principio della ragionevolezza e di uguaglianza, conferendo un trattamento preferenziale ad ADER che non ha proposto la domanda su cui è stata emessa la decisione, con la conseguente condanna alle spese del ricorrente’.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 4) e 5), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4), 113 e 115 cod. proc. civ.
Si assume che la sentenza impugnata sarebbe, altresì, ‘nulla per intrinseca contraddizione interna che si evince già da una prima lettura’, visto che l’oggetto del giudizio viene indicato nella ‘opposizione all’esecuzione in materia di circolazione stradale’.
Ribadisce, poi , il ricorrente di aver impugnato ‘un preavviso di fermo e non un fermo, conseguentemente il Giudice dell’appello ha deciso su una condizione diversa, estranea al giudizio’.
La sentenza, infine, sarebbe nulla, sia perché ‘manca totalmente della parte di diritto, rendendo di fatto impossibile comprendere quali elementi giuridici siano stati considerati per la decisione emessa’, sia in quanto il giudice dell’appello avrebbe omes so di valutare ‘i documenti e gli atti depositati nel giudizio di
primo grado (estratti di ruolo e note conclusive) e solo in parte riversati nel pct per il giudizio di appello’.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e 3 Cost.
Viene censurata la condanna alle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE, giacché comminata senza aver ‘tenuto conto dell’attività limitata’ svolta dalla stessa, avendo ‘omesso di presentare la comparsa conclusionale e le repliche, limitandosi alla sola costituzione di n. 4 pagine’, in relazione alla quale ‘si è vista riconosciuta un compenso di € 800,00 su un giudizio ove il valore è di € 1.156,77 (compreso interessi e spese di notifica)’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, Roma Capitale, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, ad ogni buon conto ribadendo il proprio difetto di legittimazione passiva.
È rimasta solo intimata l’ADER.
6 . La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei motivi in cui si articola.
9.1. Inammissibile è, innanzitutto, il primo motivo.
9.1. Esso, infatti, non censura la ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata (benché, per vero, tutt’altro che convincente) e, cioè, la legittimità del fermo, nonostante la sopravvenuta estinzione, per la sola debenza delle spese di cancellazione.
Il motivo, per contro, prospetta un vizio di ‘ultrapetizione’, che è invece insussistente, giacché il giudice d’appello si è limitato a trarre conseguenze giuridiche (esse sì, eventualmente, da censurare) da un fatto sopravvenuto nel corso del giudizio di primo grado.
Occorre, pertanto, dare seguito – come detto – al principio secondo cui ‘la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al « decisum » della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (così, Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01; Cass. Sez. 2, ord. 9 aprile 2024, n. 9450, Rv. 670733-01).
9.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
9.2.1. La motivazione – sebbene discutibile – è sicuramente presente, non potendo attribuirsi rilievo al riferimento al ‘fermo’, piuttosto che al ‘preavviso di fermo’ (che, come rilevato dalla controricorrente, appare frutto di un verosimile ‘ lapsus calami ‘). E ciò anche perché il giudice di appello mostra di aver ben chiaro che, nella specie, venga in riliev o quest’ultimo , là dove afferma
(pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata) che ‘il pagamento della cancellazione del preavviso di fermo rimane a carico del contribuente anche dopo aver effettuato il pagamento della cartella esattoriale’.
Deve, dunque, escludersi che sussista vizio di motivazione, ormai ravvisabile dopo la modifica apportata all’art. 360 cod. proc. civ. dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) – solo quando la parte motiva della sentenza si collochi sotto la soglia del ‘minimo costituzionale’ (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 62983001, nonché, ‘ex multis’, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01).
Tale vizio, dunque, ricorre esclusivamente nella ‘quadruplice’ ipotesi individuata dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit .), ovvero: ‘la «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico» e la «motivazione apparente»; il «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e la «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 5 marzo 2024, n. 5792, al § 10.9, pag. 24), ciascuna delle quali, non solo non sussiste nel caso che occupa, ma, a ben vedere, neppure è idoneamente prospettata.
Difatti, nel caso che occupa, il (preteso) vizio motivazionale è denunciato lamentando che il Tribunale non avrebbe preso in esame ‘i documenti e gli atti depositati nel giudizio di primo grado (estratti di ruolo e note conclusive)’. Ma una simile censura è formulata in spregio al principio secondo cui la sua rituale prospettazione presuppone, invece, che il vizio motivazionale ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza
impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata, nonché Cass. Sez. 1, ord. 3 marzo 2022, n. 7090, Rv. 664120-01), essendo il vizio di motivazione, ormai, solo ‘testuale’ (come rammenta, da ultimo, in Cass. Sez. Un., sent. n. 5792 del 2024, cit., nuovamente al § 10.9.).
9.3. Infine, il terzo motivo è inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ.
9.3.1. Difatti, il capo sulle spese di lite deve essere, pur sempre, censurato dalla parte impugnante attraverso ‘l’individuazione degli specifici errori che essa attribuisce al giudice come commessi nella decisione impugnata’ (Cass. Sez. 3, sent. 21 ottobre 2019, n. 22287, Rv. 609823-01), essendo, per contro, la censura inammissibile ‘ove non siano state specificate le singole partite contestate e non siano state indicate le voci violate della tariffa professionale’ (Cass. Sez. 2, sent. 23 maggio 2000, n. 6733, Rv. 536841-01), bensì attraverso ‘il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima’ (Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2021, n. 18584, Rv. 661816-02).
Nella specie, neppure con la memoria depositata a norma dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ. (e nei ristretti limiti in cui questa possa giovare, vista la non emendabilità delle eventuali lacune del ricorso con alcun atto ad esso successivo) il ricorrente ha provveduto ad operare tale la specificazione, essendo essa rimasta la doglianza contenuta in sommarie indicazioni non idonee a garantire la specificità della censura.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amminis trazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a Roma Capitale, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 1.5 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della