Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2783 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2783 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10396/2023 R.G. proposto da:
COGNOME EMILIO, rappresentato e difeso da sé stesso, domiciliato per legge presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi rispettivamente da se stessi, domiciliati per legge presso i propri rispettivi indirizzi di posta elettronica certificata;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 3350/2023, depositata il 27/02/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione l’avv. NOME COGNOME proponeva opposizione avverso l’atto di precetto, che gli era stato notificato in data 15/20 luglio 2022 dagli avvocati NOME ed NOME COGNOME con cui gli era stato intimato il pagamento della somma complessiva di euro 15.031,00, quali spese di lite da distrarre in favore degli avvocati antistatari, in forza della sentenza n. 6765/2018 della Corte d’appello di Roma.
Si costituivano NOME ed NOME COGNOME contestando la fondatezza della domanda avversaria, della quale chiedevano il rigetto con condanna delle spese.
Il Tribunale di Roma, respinta la richiesta di sospensione, con sentenza n. 3350/2023, – dopo aver premesso che era stata dedotta la nullità ed illegittimità ed arbitrarietà del precetto per i seguenti motivi: <> – precisava che con i motivi nn. 8, 9 e 10 dell’atto di appello era stata introdotta una opposizione all’esecuzione, mentre con i motivi nn. 1, 2, 3, 4, 5 6 e 7 era stata introdotta una opposizione agli atti esecutivi, per poi ritenere infondati tutti i motivi di opposizione.
2.Avverso la suddetta sentenza l’avv. COGNOME ha proposto ricorso davanti a questa Corte, per quanto riguarda il rigetto dell’opposizione agli atti, nonché impugnazione avanti alla Corte d’appello di Roma, per quanto riguarda il rigetto dell’opposizione all’esecuzione.
Hanno resistito con controricorso gli avvocati NOME ed NOME COGNOME
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre l’avv. COGNOME ha depositato memoria insistendo nell’accoglimento del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avv. COGNOME articola in ricorso tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto infondati i motivi di opposizione ex art. 617 c.p.c.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <>.
1.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale, in contrasto con la deduzione preliminare della mancata allegazione di pregiudizio, non ha considerato la richiesta di danni per abuso di diritto (art 114 CEU e 7 l. 848/45) ed esecuzione temeraria (ex art 96 cpc).
1.4. In definitiva, secondo il ricorrente (p. 16), il precetto dovrebbe essere dichiarato nullo in ogni caso senza rinvio <>, con la conseguenza che gli opposti dovrebbero essere condannati <>.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Invero, i primi due motivi risultano formulati in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c.
In via generale, va ribadito che parte ricorrente non soddisfa detto requisito ogniqualvolta si limiti a richiamare atti e documenti del giudizio di merito, senza debitamente -neppure per la parte strettamente d’interesse – riprodurli nel ricorso; e, comunque, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione, con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso questa Corte, al fine di renderne possibile l’esame (cfr., Cass. n. 4220/2012), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (Cass. n. 19157/2012,
n. 6937/2010; n. 15808/2008; n. 12239/2007), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un. n. 7701/2016).
Orbene, nel caso di specie, parte ricorrente sottolinea che la sentenza impugnata si incentra solo sul fatto della mancata indicazione della data di notifica del titolo, mentre nella specie manca la stessa <>; sottolinea altresì che NOME COGNOME <>, ma inammissibilmente non indica adeguatamente non soltanto il tenore preciso e letterale delle richieste di notifica (al fine di stabilire se esse provenivano davvero dal solo NOME oppure anche da NOME COGNOME o a questi fossero a qualunque titolo riferibili in base appunto alle espressioni adoperate), ma neppure le relate che alle richieste devono essere seguite, dal tenore delle quali si sarebbe potuto desumere se davvero non vi fosse la possibilità di conoscere che anche NOME COGNOME intendesse notificare (e, quindi, porre in esecuzione il titolo).
Al riguardo occorre ricordare che proprio di recente questa Corte (cfr. Cass. ord. n. 27424/2023) ha ribadito il seguente principio: <>; ma puntualizzando che fa eccezione a tale regola <> (negli stessi termini, con più ampi riferimenti, anche Cass. n. 27313/2023).
In applicazione del suddetto principio, questa Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata – che aveva rigettato l’opposizione ex art. 617 c.p.c. riguardante un precetto, notificato al debitore da un concreditore diverso da quello che aveva eseguito la notificazione del titolo esecutivo, la quale, pur se effettuata da un difensore comune a tutti i creditori, non risultava, in base alla relata, compiuta nell’interesse di entrambi -, perché l’impossibilità di comprendere se la notifica del titolo da parte di un concreditore avesse lo scopo di preannunciare l’esecuzione forzata da parte dell’altro, contrariamente a quanto statuito dal giudice di merito, determinava un ‘pregiudizio autoevidente’ al peculiare diritto di difesa consistente, anteriormente all’inizio dell’esecuzione, nella facoltà di attrezzarsi per l’adempimento spontaneo ovvero per resistere alle pretese prospettate.
Orbene, senza conoscere il tenore delle relate di notifiche, è preclusa ogni valutazione sull’eventuale sussistenza del suddetto <> (che non richiede l’allegazione di alcun altro specifico interesse).
Al rilievo che precede, si aggiunge, quanto al motivo secondo, in termini di difetto di autosufficienza del ricorso, il rilievo che parte ricorrente censura la sentenza impugnata per aver rigettato il motivo di opposizione, ma di quest’ultimo inammissibilmente non indica il tenore testuale.
2.2. L’inammissibilità dei primi due motivi travolge anche il terzo. D’altronde, il Tribunale, nel respingere l’opposizione, ha ritenuto il titolo esecutivo (costituito dalla sentenza n. 6765/2018 della Corte d’Appello di Roma) aveva efficacia esecutiva <>. Tale statuizione -che, non avendo formato oggetto di specifica impugnazione, è da intendersi passata in giudicato – spiega di per sé
la ragione per la quale il Giudice unico non ha considerato la richiesta di danni per abuso di diritto ed esecuzione temeraria.
All ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dei resistenti, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in complessivi euro 2.400 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2025, nella camera di consiglio