Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9059 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/04/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 409/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOMECOGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.d. RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE – DIREZIONE PROVINCIALE DI FOGGIA
-intimata-
639/1910,
essendo
pendente
giudizio
opposizione
alla
ordinanza
ingiunzione presupposta.
Ad. cc. 2 aprile 2025
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di BARI n. 1523/2022 depositata il 18/10/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal
Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2018 RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di Foggia l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (di seguito, per brevità, Agea) e l’Agenzia della riscossione – Provincia di Foggia, chiedendo: a) in via preliminare, la sospensione degli effetti della cartella esattoriale n. 043 2018 00105852 15 000, ad essa notificata in data 26 settembre 2018, di euro 1.237.240,90, considerata la sussistenza di gravi e fondati motivi; b) in via preliminare e di merito, la declaratoria di intervenuta prescrizione delle somme oggetto di cartolarizzazione da parte dell’Equitalia per decorso del termine di cui all’art. 2946 c.c.; c) nel merito, l’annullamento dell’atto di ingiunzione emesso dall’Agea, con declaratoria non essere da essa nulla dovuto. Il tutto con vittoria delle spese processuali. A sostegno della domanda, veniva evidenziato, in sintesi, che Agea aveva illegittimamente dato inizio alla procedura esecutiva pur in presenza di un credito già prescritto.
Si costituiva l’Agea, evidenziando che le censure alla cartella di pagamento impugnata erano una mera duplicazione di quelle già mosse avverso l’ordinanza – ingiunzione, sottesa alla cartella, sulla cui legittimità pendeva giudizio innanzi al Tribunale di Roma.
L’Agenzia di Riscossione rimaneva contumace.
L’efficacia esecutiva della cartella impugnata veniva sospesa dal Tribunale di Foggia con ordinanza del 24.12.2018, ma detta ordinanza veniva revocata dal Tribunale in composizione collegiale.
Il Tribunale di Foggia con sentenza n. 2377/2019 dichiarava inammissibile l’opposizione e condannava l’opponente alle spese.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, che, in totale riforma della
sentenza impugnata, chiedeva fossero accolte le conclusioni rassegnate nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado con vittoria delle spese processuali relative ad entrambi i gradi.
Si costituiva anche nel giudizio di appello l’Agea, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della impugnazione avversaria. In particolare, deduceva che il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta di sospensione dell’esecutività della ingiunzione di pagamento prot. n. 8159 del 26.10.2017 e, con sentenza del 15.01.2021, aveva rigettato l’opposizione. Sosteneva la legittimità del proprio operato nell’iscrizione a ruolo delle somme oggetto della cartella di pagamento n. 043 2018 00105852 15 000 fondata sul provvedimento di ingiunzione di pagamento emesso ai sensi del R.D. 639/1910, con il quale l’Amministrazione aveva ingiunto alla società RAGIONE_SOCIALE la restituzione di quanto dalla stessa indebitamente percepito a titolo di contributi comunitari.
La Corte d’appello di Bari con sentenza n. 1523/2022, rigettando l’appello, confermava la sentenza gravata, condannando la società appellante al pagamento delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la Ditta RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’Agea a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, che, preliminarmente, per la nullità della notifica del ricorso in quanto effettuata presso l’Avvocatura distrettuale (e non presso essa Avvocatura generale come avrebbe dovuto essere), ha dichiarato di volerla sanare con il proprio controricorso.
Per l’odierna adunanza il Procuratore generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
L’Avvocatura generale dello Stato ha presentato memoria, insistendo nel rigetto del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente occorre richiamare il consolidato principio di diritto (affermato ad es. da Cass. nn. 4977/2015, 12410/2020 e 14914/2024) per cui, qualora il ricorso per cassazione sia notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato anziché all’Avvocatura generale dello Stato, il vizio della notifica è sanato, con efficacia ex tunc , dalla costituzione in giudizio del destinatario del ricorso, da cui si può desumere che l’atto abbia raggiunto il suo scopo. Tuttavia, poiché la sanatoria è contestuale alla costituzione del resistente, devono ritenersi tempestivi la notifica o anche solo – secondo il testo della norma applicabile ratione temporis – il deposito del controricorso ancorché intervenuti oltre il termine di cui all’art. 370 c. p. c., non avendo tale termine iniziato il suo decorso in ragione dell’inefficacia della notifica dell’atto introduttivo.
In applicazione di detto principio, deve essere affermata la tempestività anche nel caso di specie del controricorso dell’Avvocatura generale dello Stato.
La RAGIONE_SOCIALE (già, si ribadisce, RAGIONE_SOCIALE) – dopo aver riepilogato le emergenze processuali e, in particolare, dopo aver dedotto che: a) prima di ricevere dall’Agea le somme oggetto dell’asserito indebito percepimento, ha svolto tutte le attività prodromiche all’ottenimento delle prestazioni vinicole; b) il processo penale, definito con sentenza n. 156/2007 del Tribunale di Trani, aveva ad oggetto una annualità differente rispetto a quella per cui è ricorso; c) il Ministero competente, con nota prot. n. 87475 posiz. 003024, ha archiviato il processo verbale di constatazione, così concludendo per la regolarità delle operazioni vinicole svolte dalla RAGIONE_SOCIALE nella annualità ’96/97 – articola un unico motivo di ricorso.
Con detto motivo la società ricorrente denuncia <>, nella
parte in cui la corte territoriale, esaminando congiuntamente i suoi motivi di appello, ha confermato la sentenza di primo grado, omettendo di considerare che essa ricorrente aveva correttamente proposto l’opposizione avverso la cartella esattoriale, anche se per le medesime motivazioni che aveva addotto nel giudizio di opposizione alla ingiunzione di pagamento.
Sottolinea che la sua opposizione era fondata sull’intervenuta prescrizione del diritto di credito azionato con la cartella esattoriale oggetto di opposizione; e che l’AGEA, dopo aver richiesto la restituzione delle somme con nota del 5 dicembre 2003, non ha introitato alcun giudizio volto a vedersi restituite le somme precedentemente versate alla RAGIONE_SOCIALE e non ha inviato nessun’altra comunicazione volta ad interrompere il termine prescrizionale del proprio diritto.
Sostiene che, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., l’opposizione all’esecuzione è rimedio esperibile in via autonoma e senza limiti di tempo quando si contesti, come nel caso di specie, la legittimità dell’iscrizione a ruolo per difetto del titolo esecutivo, ragion per cui erroneamente entrambi i giudici di merito avevano ritenuto inammissibile la sua opposizione.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. È risultato dal giudizio di merito che: a) nel 1997 la RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto dall’Agea la somma di euro 822.014,00 a titolo di aiuto comunitario per l’arricchimento del vino mediante l’utilizzo di mosto concentrato rettificato; b) con la nota del 5.12.2003, a seguito di un accertamento della Guardia di Finanzia, la Agea ha sospeso i contributi comunitari ed ha chiesto a RAGIONE_SOCIALE la restituzione di quelli già erogati; c) il predetto provvedimento amministrativo di Agea è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE dinanzi al TAR Lazio ed il giudizio amministrativo, che ne è seguito, è stato dichiarato perento per inattività delle parti con decreto del 5.12.2015; d) successivamente l’Agea, con un’ingiunzione di pagamento ex R.D. n. 639/1910,
notificata il 14.12.2017, ha intimato a RAGIONE_SOCIALE la restituzione della somma complessiva di euro 1.200.130,67 a titolo di recupero di contributi agricoli comunitari indebitamente percepiti ed accessori; e) avverso la predetta ingiunzione di pagamento la RAGIONE_SOCIALE ha proposto tempestiva opposizione dinanzi al Tribunale di Roma, eccependo che il credito restitutorio ingiunto si era prescritto ex art. 2946 c.c. già a far data dal 5 dicembre 2013 ed il relativo giudizio era ancora in corso al momento della definizione del giudizio di primo grado; f) la cartella esattoriale, per cui è ricorso, si fonda sull’ingiunzione di pagamento notificata da Agea il 14.12.2017.
3.2. Orbene, vero è che – come precisato ad es. da Cass. n. 6119/2004 e n 4139/2010 (che richiamano, rispettivamente, Cass. nn. 562/2000, 9498 e 14772/2002, nonché Cass. nn. 15149/2005 e 9180/2006) – avverso la cartella esattoriale o all’avviso di mora per riscuotere sanzioni amministrative pecuniarie sono possibili le seguenti azioni:
l’opposizione a sanzioni amministrative ex art. 23 1. n. 689/81, esperibile nei casi in cui la cartella esattoriale, mediante preventiva iscrizione al ruolo, è emessa senza essere preceduta dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento, onde consentire all’interessato di recuperare l’esercizio del mezzo di tutela previsto da detta legge riguardo agli atti sanzionatori; ciò avviene, in particolare, allorché l’opponente contesti il contenuto del verbale che è da lui conosciuto per la prima volta al momento della notifica della cartella;
l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., allorquando si contesti la legittimità della iscrizione al ruolo per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione stessa o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo; con la conseguenza che se il rimedio è esperito prima dell’inizio dell’esecuzione, Giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio dettato dall’art.
615, comma 1, c.p.c., quello ritenuto idoneo dal legislatore a conoscere della sanzione, cioè quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio;
l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che deve essere attivata nel termine di cinque giorni dalla notifica della cartella esattoriale nell’ipotesi in cui si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti la notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora.
Come pure è vero che a tali diverse forme di tutela corrispondono distinti mezzi di impugnazione: il ricorso per Cassazione è esperibile nella prima e nella terza ipotesi – rispettivamente, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 689/1981 e del combinato disposto di cui agli artt. 111 Cost e 618 ultimo comma c.p.c. – mentre nella ipotesi di opposizione all’esecuzione, la sentenza di primo grado è impugnabile mediante il rimedio processuale dell’appello.
3.3. Senonché – in disparte il rilievo che: a) detta tripartizione si riferisce alla specifica ipotesi di riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie, mentre nel caso di specie si verte in tema di recupero di indebito; b) nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, il Tribunale di Roma con sentenza n. 942/2021 (non ancora passata in giudicato, perché appellata dall’odierna ricorrente, con udienza fissata al 19 luglio 2023, del cui esito le parti non danno notizie), nel rigettare l’opposizione, ha ritenuto non fondata l’eccezione di prescrizione – nel caso di specie – nel quale era stata eccepita una prescrizione maturata nel 2013, cioè prima della notifica (avvenuta nel 2017) dell’ordinanzaingiunzione (ossia prima della formazione del titolo esecutivo portato ad esecuzione con la cartella di pagamento, per cui pure vi è stata opposizione) – entrambi i giudici di merito:
non solo non hanno ravvisato, dinanzi ad un titolo non giudiziale già impugnato (la ordinanza ingiunzione) ed all’atto di esecuzione
esattoriale su quello fondato (la cartella di pagamento), anch’esso impugnato per le medesime ragioni, un caso di litispendenza del secondo giudizio con il primo (litispendenza che sarebbe sì, rilevabile di ufficio, ma solo in caso di rituale presenza in atti – ciò che qui non si riscontra, precludendo anche nella presente sede di legittimità di trarne le dovute conseguenze – di precisi e univoci elementi sia sull’esatto oggetto dell’altra causa, sia sulla sua persistente pendenza: cfr., da ultimo, Cass. n. 4814/24), ma, soprattutto e in via dirimente,
hanno ritenuto che la società ricorrente, per far valere l’eccezione di prescrizione, aveva già esaurito i rimedi, individuati nell’opposizione a ordinanza ingiunzione: e, per tale ragione, non poteva far valere la medesima questione nel giudizio di opposizione a cartella o all’esecuzione, fondate su quel titolo già impugnato.
In definitiva, i giudici di merito hanno ritenuto inammissibile, perché preclusa e non per il tempo in cui era stata dispiegata, l’opposizione ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione o a cartella, dando applicazione ad un generale principio di diritto (affermato e consolidato per i titoli giudiziali), che consegue alla tendenziale costitutiva anteriorità della fase della cognizione rispetto alla fase della esecuzione: il principio per cui, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, il debitore opponente può far valere, oltre ad eventuali vizi della cartella, eventuali fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo o eventuali vizi propri dello stesso titolo o della cartella esattoriale, ma non può mai far valere vizi antecedenti alla formazione del titolo.
E tanto hanno ritenuto sull’implicito presupposto argomentativo che l’ordinanza ingiunzione ex R.D. n. 639/2010 costituisca (non un titolo stragiudiziale, ma) un titolo giudiziale. Ciò in quanto: quando il titolo esecutivo è giudiziale (e cioè appunto formato nel corso del giudizio), nessuna ulteriore contestazione dei fatti che potevano essere conosciuti in sede di merito può essere fatta (fermo restando che sono
pur sempre ammesse questioni imperniate su fatti successivi al titolo esecutivo, come, ad es., la sopravvenuta estinzione del credito per prescrizione, transazione o anche per volontaria tardiva esecuzione); quando invece il titolo esecutivo è stragiudiziale, tutte le questioni sul merito della pretesa, che si consacra nel titolo esecutivo, possono ancora essere sollevate e devono ancora essere decise.
Senonché tale ratio decidendi , che qui rimane del tutto impregiudicata, non è stata impugnata dalla società ricorrente.
E tanto essa omette di fare nonostante, come precisato dalle Sezioni Unite già da circa un ventennio (cfr., Cass., S.U., 25/05/2005, n. 10958/2005, alla quale si è conformata la successiva giurisprudenza legittimità a sezioni semplice), l’ingiunzione (c.d. fiscale), disciplinata dal R.D. n. 639/1910 (essendo strumento del quale i Comuni possono avvalersi ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa: cfr., tra le tante, Cass. nn. 8039/2019 e 22710/2017), non sia un atto dell’espropriazione forzata, ma costituisca <>.
Al riguardo, occorre precisare che il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea.
Ne consegue che – in quanto, per denunciare, un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione – l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono
concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere.
Pertanto, il motivo che non rispetti tale requisito si deve considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. e nell’art. 375 c.p.c. con il riferimento alla ‘mancanza dei motivi’.
Tanto si verifica nel caso di specie, nel quale la società ricorrente con il motivo di ricorso non attinge la sopra evidenziata ratio della decisione, così incorrendo nella or ora rilevata inammissibilità: essa, invero, anziché censurare la specifica ragione della reputata preclusione, si limita a sostenere che l’opposizione sarebbe stata, al contrario, ammessa perché svincolata da limiti di tempo in caso di adduzione di difetto del titolo esecutivo; ciò che è radicalmente diverso dalla preclusione da dispiegamento di precedente opposizione a quello stesso titolo.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile in base al seguente principio di diritto:
<>.
All ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese della società ricorrente in favore della controparte e la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 13.000 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025, nella camera di consiglio