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Inammissibilità istanza sospensiva: quando è possibile?

Un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma chiarisce i presupposti per la riproposizione dell’istanza di sospensione della sentenza di primo grado. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza sospensiva in quanto l’appellante non ha dimostrato la sussistenza di nuove circostanze di fatto, come richiesto dalla Riforma Cartabia (art. 283 c.p.c.), ritenendo irrilevanti le azioni esecutive subite nel frattempo.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Inammissibilità Istanza Sospensiva: Nuove Regole Post-Riforma

L’ordinanza della Corte d’Appello di Roma del 5 agosto 2025 offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione delle nuove norme in materia di sospensione dell’esecutività delle sentenze di primo grado, introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione sottolinea la rigorosità dei requisiti per la riproposizione dell’istanza, dichiarando l’inammissibilità dell’istanza sospensiva quando non vengono allegate e provate circostanze nuove rispetto alla precedente richiesta.

Il Contesto: La Condanna in Primo Grado e la Richiesta di Sospensione

La vicenda trae origine da una sentenza del Tribunale di Roma che aveva respinto le domande di un avvocato e lo aveva condannato al pagamento di una cospicua somma, pari a circa 20.000 euro oltre accessori, a titolo di spese legali in favore della controparte. L’avvocato, soccombente in primo grado, ha proposto appello e, contestualmente, ha richiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza. La sua richiesta si fondava sui classici presupposti del fumus boni iuris (la probabile fondatezza dell’appello) e del periculum in mora, quest’ultimo identificato nella “oggettiva difficoltà di far fronte al pagamento immediato della somma di circa 30.000 euro”.

La Disciplina dell’Inammissibilità dell’Istanza Sospensiva dopo la Riforma Cartabia

La Corte d’Appello aveva già rigettato in precedenza l’istanza di sospensione. L’appellante ha quindi deciso di riproporre la richiesta. A questo punto, entra in gioco la novità normativa introdotta dal d.lgs. n. 149/2022 (Riforma Cartabia), che ha modificato l’articolo 283 del codice di procedura civile. Il nuovo secondo comma prevede espressamente che l’istanza di sospensione possa essere “proposta o riproposta nel corso del giudizio di appello se si verificano mutamenti nelle circostanze, che devono essere specificamente indicati nel ricorso, a pena di inammissibilità”.

Questa norma introduce un requisito formale e sostanziale molto preciso: non è sufficiente reiterare le stesse argomentazioni, ma è necessario dimostrare che la situazione di fatto o di diritto è cambiata rispetto al momento della prima decisione di rigetto.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte romana ha applicato con rigore la nuova disposizione. I giudici hanno rilevato che la riproposizione dell’istanza può avvenire solo se intervengono “nuove circostanze di fatto che non erano esistenti al momento della proposizione dell’appello e che quindi non potevano essere esaminate in precedenza”.

Nel caso specifico, l’appellante non ha indicato alcuna nuova circostanza. La Corte ha chiarito che le azioni esecutive intraprese dalla controparte vittoriosa (come pignoramenti o altre procedure) non possono essere considerate come un “mutamento delle circostanze” rilevante ai fini della norma. Tali azioni, infatti, sono la conseguenza diretta e prevedibile della mancata concessione della sospensione e non un fatto nuovo e imprevedibile che alteri l’equilibrio tra le parti.

Le Conclusioni: un Principio di Stabilità e Responsabilità

La decisione è netta: in assenza di nuove e specifiche circostanze debitamente indicate, l’istanza di sospensione deve essere dichiarata inammissibile. Questa ordinanza rafforza il principio di stabilità delle decisioni interlocutorie e pone un onere di specificità a carico della parte appellante che intenda ripresentare una richiesta già respinta. Non basta più lamentare genericamente un pregiudizio economico, ma è necessario ancorare la nuova istanza a fatti concreti e sopravvenuti che modifichino il quadro precedentemente valutato dal giudice. La pronuncia serve da monito: la riproposizione dell’inibitoria non è una seconda chance basata sulle stesse argomentazioni, ma uno strumento eccezionale legato a un effettivo mutamento della situazione.

Quando si può riproporre un’istanza per sospendere l’esecutività di una sentenza in appello secondo la nuova normativa?
Secondo l’art. 283 del codice di procedura civile, come modificato dalla Riforma Cartabia, un’istanza di sospensione può essere riproposta solo se si verificano “mutamenti nelle circostanze” rispetto alla situazione esistente al momento della prima istanza. Tali mutamenti devono essere specificamente indicati nel ricorso, pena l’inammissibilità.

Le azioni esecutive subite dall’appellante costituiscono una “nuova circostanza” per giustificare la sospensione?
No, secondo l’ordinanza in esame, le azioni esecutive intraprese dalla parte vittoriosa in primo grado non sono considerate “nuove circostanze” tali da giustificare la concessione di una sospensione precedentemente negata. Esse sono una conseguenza prevedibile della mancata sospensione della sentenza.

Cosa succede se non si indicano le nuove circostanze quando si ripropone l’istanza di sospensione?
Se nel ricorso con cui si ripropone l’istanza di sospensione non vengono indicate specificamente le nuove circostanze di fatto che la giustificano, la Corte dichiara l’istanza inammissibile, senza quindi esaminare nel merito la sua fondatezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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