SENTENZA CORTE DI APPELLO DI SALERNO – N. R.G. 00000102 2024 DEL 07 11 2024
CORTE D’APPELLO DI SALERNO II SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Salerno, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg. Magistrati:
1. dott. NOME COGNOME Presidente
2. dott.ssa NOME COGNOME Consigliere
3. dott. NOME COGNOME Consigliere rel./est.
ha pronunciato all’udienza del 7 novembre 2024, ai sensi degli artt. 281 sexies e 350 bis c.p.c., la seguente:
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 102/2024 del ruolo generale degli affari contenziosi civili
TRA
, nato a Roccapiemonte il 15 settembre 1934 ed ivi residente, alla INDIRIZZO cod. fisc. , rappresentato e difeso, in virtù di mandato in calce all’atto di appello, dall’avv. NOME COGNOME presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Mercato San Severino, al INDIRIZZO; C.F.
appellante
-opponente
E
‘
, con sede legale in
Altamura, alla INDIRIZZO, cod. fisc. , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione nel primo grado del giudizio ai sensi dell’art. 111, comma 3, c.p.c., dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Salerno, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME; P.
appellata-opposta
NONCHE’
‘
, con sede legale in San Severo, alla INDIRIZZO
RAGIONE_SOCIALE, cod. fisc. , in persona del legale rappresentante pro tempore ; P.
AVENTE AD OGGETTO: APPELLO AVVERSO LA SENTENZA N. 2051/2023 DEL TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE – OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI;
SULLE SEGUENTI CONCLUSIONI:
per l’appellante (come da appello) – ‘1) riformare la sentenza di primo grado, nei termini innanzi indicati e prospettati e, conseguentemente, accogliere integralmente la domanda spiegata dal sig. con l’atto di citazione notificato il 30/06/2017; 2) condannare l’ in persona del l.r.p.t., alla restituzione della somma di € 2.188,68, pagata da esso appellante a titolo di spese legali in esecuzione della sentenza gravata; 3) con vittoria di spese di lite del doppio grado di giudizio con attribuzione al sottoscritto difensore anticipatario’;
per l’appellata (come da comparsa di costituzione) – ‘dichiarare inammissibile e comunque rigettare perché destituito di fondamento giuridico e fattuale l’appello proposto dal sig. avverso la sentenza n. 2051/2023 emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore. In ogni caso condannare parte appellante alle spese e competenze professionali difensive del doppio grado di giudizio, oltre rimborso forfettario 15%c iva e cpa’.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2051/2023, il Tribunale di Nocera Inferiore, nel definire la fase di merito del giudizio di opposizione promosso da con ricorso depositato il 5 ottobre 2015 nel procedimento espropriativo presso terzi n. 1609/2015, incardinato nei propri confronti dalla ‘ in forza del decreto ingiuntivo n. 1147/2013 e del relativo atto di precetto notificato il 5 giugno 2015, così provvedeva: 1) dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione per l’inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 616 c.p.c.; 2) condannava il alla refusione delle spese processuali.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello il con atto di citazione notificato il 24 gennaio 2024, assumendo che: 1) contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado nel dichiarare l’inammissibilità della domanda, nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’esecuzione a norma dell’art. 616 c.p.c., il ricorrente era tenuto, in ragione della materia e del rito, a notificare l’atto di citazione introduttivo della fase di merito del giudizio di opposizione, come, di fatto, avvenuto, ma non anche ad iscriverlo a ruolo; 2) l’opposizione era fondata e meritevole di accoglimento, giacché la notifica del precetto era inesistente, essendo stata effettuata nei confronti di persona diversa dal ricorrente, come accertato dal Tribunale di Nocera Inferiore con la sentenza n. 530/2022,
con la quale era stata dichiarata la falsità della sottoscrizione apposta a suo nome sull’avviso di ricevimento della raccomandata n. 6458-8 del 3 giugno 2015, contenente l’atto prodromico all’instaurazione del procedimento espropriativo; l’opposizione, in ogni caso, doveva essere considerata tempestiva, giacché l’inesistenza della notifica del precetto aveva impedito al ricorrente di proporla nel termine stabilito dall’art. 617, comma 2, c.p.c., la cui decorrenza, pertanto, non poteva iniziare che dal 22 settembre 2015, data dell’iscrizione a ruolo dell’atto di pignoramento presso terzi notificato il 26 agosto 2015. Costituitasi in giudizio con comparsa di risposta depositata il 23 febbraio 2024, la
, già intervenuta nel primo grado del giudizio, ai
sensi dell’art. 111, comma 3, c.p.c., quale cessionaria dalla del ramo di azienda comprensivo, tra l’altro, dei crediti deteriorati e non alla data del 30 giugno 2019, tra cui quello vantato da tale società nei confronti del , contestava la fondatezza dei motivi di appello, chiedendone il rigetto.
La causa, in cui, sebbene ritualmente evocata, la restava contumace, è stata decisa all’odierna udienza ai sensi degli artt. 281 sexies e 350 bis c.p.c.. L’appello è manifestamente inammissibile.
Al riguardo, occorre preliminarmente osservare che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere compiuta in base al principio dell’apparenza, vale a dire con esclusivo riferimento alla qualificazione dell’azione con esso compiuta dal giudice adito, indipendentemente dalla sua esattezza (che è sindacabile, secondo il predetto criterio, solo dal giudice cui spetta la cognizione del gravame prescelto) e dalla qualificazione operata dalla parte istante.
Pertanto, una sentenza emessa a definizione di un giudizio di opposizione esecutiva è impugnabile con l’appello nelle ipotesi in cui il giudice abbia qualificato l’azione come opposizione all’esecuzione, mentre è impugnabile solo con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi degli artt. 111 Cost. e 618, commi 2 e 3, c.p.c., qualora sia stata qualificata come opposizione agli atti esecutivi (cfr., ex plurimis , Cass. 20 febbraio 2004, n. 3404; Cass. 4 agosto 2005, n. 16379; Cass. 15 febbraio 2006, n. 3288).
Qualora, invece, le contestazioni della parte si configurino, nello stesso giudizio, in termini di opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., e di opposizione agli atti esecutivi, a norma dell’art. 617 c.p.c., la sentenza, formalmente unica, contiene due distinte decisioni, assoggettate rispettivamente all’appello e al ricorso per cassazione e, dunque, a due distinti regimi impugnatori (cfr., ex plurimis , Cass. 6 luglio 2006, n. 15376; Cass. 27 agosto 2014, n. 18312; Cass. ord. 11 febbraio 2020, n. 3166).
Nel caso in cui il giudice adito non abbia fornito alcuna definizione certa all’opposizione proposta dalla parte, la qualificazione della domanda come opposizione all’esecuzione o come opposizione agli atti esecutivi o come opposizione sia all’esecuzione che agli atti esecutivi spetta d’ufficio al giudice dell’impugnazione ai fini della valutazione non solo del merito, ma anche della stessa ammissibilità del gravame (cfr., ex plurimis , Cass. 8 marzo 2001, n. 3400; Cass. 13 ottobre 2009, n. 21683; Cass. 26 maggio 2017, n. 13381). Non avendo il Tribunale di Nocera Inferiore qualificato l’opposizione spiegata dal nell’ambito del procedimento espropriativo presso terzi n. 1609/2015 RGE senza che, a tal fine, possa assumere alcuna rilevanza la mera indicazione dell’oggetto della controversia nell’epigrafe della decisione (cfr. Cass. 20 febbraio 2004, n. 3404; Cass. ord. 23 aprile 2024, n. 10868), per essere, invece, necessaria l’enunciazione delle motivazioni per le quali l’azione di cognizione sia riconducibile in una determinata fattispecie giuridica piuttosto che in un’altra -, il suo inquadramento normativo deve essere effettuato dall’adita Corte d’Appello, non senza precisare che il giudice di merito, nell’indagine diretta all’individuazione della tipologia e della portata delle domande sottoposte alla sua valutazione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti attraverso i quali le medesime sono estrinsecate, dovendo, di contro, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, per come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (cfr., ex plurimis , Cass. 10 febbraio 2010, n. 3012; Cass. 14 novembre 2011, n. 23794; Cass. 7 gennaio 2016, n. 118; Cass. ord. 14 marzo 2019, n. 7322).
Ciò posto, la domanda spiegata dal con ricorso depositato il 5 ottobre 2015 nel procedimento espropriativo presso terzi n. 1609/2015 e, a seguito dell’assegnazione del termine perentorio per l’introduzione della fase di merito del giudizio, con l’atto di citazione notificato il 30 giugno 2017, ad onta dell’improprio nomen iuris con il quale è stata rubricata, è giuridicamente qualificabile, alla luce della causa petendi e del petitum , non già come opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c., non involgendo in alcun modo l’ an exequendum , id est il diritto dell’ ‘
(poi ) di agire coattivamente per il soddisfacimento della sua pretesa creditoria, ma come opposizione agli atti esecutivi, a norma dell’art. 617, comma 2, c.p.c., giacché esclusivamente diretta ad eccepire e a far valere la presunta inesistenza della notifica del precetto (cfr., ex plurimis , Cass. 14 aprile 1999, n. 3663; Cass. 25 novembre 2002, n. 16569; Cass. 3 agosto 2005, n. 16262; Cass. 6 aprile 2006, n. 8112; Cass. 13 novembre 2009, n. 24047).
Ne deriva che l’appello è inammissibile, atteso che avverso la sentenza n. 2051/2023 del Tribunale di Nocera Inferiore, con la quale è stata decisa un’opposizione chiaramente sussumibile nell’archetipo normativo dell’art. 617, comma 2, c.p.c., il avrebbe dovuto interporre, quale unico mezzo di gravame, il ricorso per cassazione, a norma degli artt. 618, comma 2, c.p.c. e 111 Cost..
L’inammissibilità dell’appello ne comporta la reiezione per ragioni di carattere processuale e ne preclude, rendendola del tutto ultronea, la disamina del merito.
Ed invero, qualora il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un suo capo o un motivo di impugnazione, in tal modo privandosi della potestas iudicandi , li abbia comunque esaminati nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi del tutto ininfluenti ai fini della decisione e, come tali, prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere, né l’interesse ad impugnarle, essendo, invece, tenuta a censurare soltanto la dichiarazione di inammissibilità, per costituire quest’ultima la vera ragione della pronuncia (cfr., ex plurimis , Cass., Sez. Un. 30 ottobre 2013, n. 24469; Cass. ord. 19 dicembre 2017, n. 30393; Cass. ord. 16 giugno 2020, n. 11675).
L’inammissibilità dell’impugnazione, concretandosi in un’ipotesi di soccombenza connessa a motivi di carattere processuale (cfr. Cass. 9 agosto 1996, n. 7389; Cass. 8 settembre 1999, n. 9512; Cass. 7 agosto 2001, n. 10911), induce a porre a carico del , ai sensi dell’art. 91, comma 1, c.p.c., le spese del secondo grado del giudizio, che si liquidano, come da dispositivo, sulla base dello scaglione tabellare relativo alle controversie di valore compreso tra euro 26.001,00 ed euro 52.000,00, in ragione dell’entità del credito azionato in executivis , ai sensi dell’art. 17 c.p.c., ed in rapporto all’attività difensiva espletata dalla , in complessivi euro 4.000,00 per compenso, di cui euro 1.400,00 per la fase di studio, euro 850,00 per la fase introduttiva ed euro 1.750,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfettario del 15%, Cap ed Iva, a norma degli artt. 2 e segg. D.M. n. 55/2014 nonché del punto 12 dell’allegata tabella.
L’inammissibilità dell’impugnazione e la contumacia dell’
dispensano la Corte dal regolamentare le spese relative al rapporto processuale intercorso tra il e l’originaria titolare del credito posto a fondamento dell’atto di pignoramento presso terzi notificatogli il 26 agosto 2015.
Deve darsi atto, infine, che la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione integra, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , D.P.R. n. 115/2002, il presupposto processuale occorrente per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, corrispondente a quello previsto per l’iscrizione a ruolo del giudizio, se dovuto (cfr. Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Salerno, definitivamente pronunciando sull’impugnazione proposta da avverso la sentenza n. 2051/2023 del Tribunale di Nocera Inferiore con atto di citazione notificato il 24 gennaio 2024, così provvede:
1. dichiara inammissibile l’appello;
2. condanna alla refusione, in favore della , delle spese del secondo grado del giudizio, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00 per compenso difensivo, di cui euro 1.400,00 per la fase di studio, euro 850,00 per la fase introduttiva ed euro 1.750,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfettario del 15%, Cap ed Iva, a norma degli artt. 2 e segg. D.M. n. 55/2014 nonché del punto 12 dell’allegata tabella;
3. dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 13, comma 1 quater , D.P.R. n. 115/2002 nei confronti di .
Così deciso in Salerno, nella Camera di Consiglio del 7 novembre 2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME