Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1320 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1320 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5856/2019 R.G. proposto da:
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, n.q. di erede beneficiata di COGNOME e COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, e COGNOME NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE e COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusto procura in atti;
-controricorrente –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE
avverso la sentenza n. 3762/2018 del CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, depositata il 25.07.2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La vicenda processuale, per quale che qui ancora rileva, può riassumersi nei termini seguenti:
-il Tribunale di Benevento rigettò l’opposizione avanzata da NOME COGNOMEnella qualità di erede di NOME COGNOME) e NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
gli insoddisfatti opponenti si erano, indi, doluti, davanti al Giudice d’appello della mancanza di certezza e liquidità del credito azionato, nonché contestato il titolo giudiziario posto alla base dell’ingiunzione (sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2868/2011, che aveva totalmente riformato quella di primo grado), adducendo erroneità della pronuncia;
-la Corte di Napoli dichiarò l’impugnazione inammissibile ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ.
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi. NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per omessa pronuncia, con violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Si assume che la Corte locale non abbia tratto le conclusioni di legge dalla circostanza, evidenziata in sede di precisazione delle conclusioni, che i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME da una parte, e NOME COGNOME dall’altra, avevano transatto la lite con compensazione delle spese.
Con il secondo motivo viene denunciata nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ.
Si assume che l’atto d’appello non avrebbe potuto qualificarsi generico, poiché, oltre alla contestazione del titolo giudiziario (coperto dal giudicato secondo quel che afferma la sentenza qui gravata) posto a base del decreto ingiuntivo, l’impugnazione aveva evidenziato che <>. Infine viene richiamato il principio di diritto enunciato dalle S.U. (sentenza n. 27199/2017), che impone un’interpretazione elastica degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., escludendo che sia necessario rivestire di forme sacramentali l’atto d’appello.
Il ricorso nel suo insieme merita di essere accolto nei termini di cui immediatamente appresso.
5.1. Non è controverso che vi fu transazione nel corso del giudizio d’appello alla quale, però non prese parte NOME COGNOME(transazione da non confondere con una prima, posta a base della causa definita con altra sentenza d’appello avverso la quale il ricorso per cassazione venne giudicato inammissibile con la decisione n. 1427/2015 -della quale gli intimati chiesero e ottennero il decreto ingiuntivo).
Da una tale sopravvenuta evenienza la Corte d’appello avrebbe dovuto trarre le debite conseguenze in punto di ragioni dell’epilogo e di spese: invero, l’inammissibilità, quanto alla posizione di NOME COGNOME doveva essere pronunciata non ai sensi dell’art. 342, ma per il sopravvenuto venir meno dell’interesse; il che avrebbe imposto apprezzamento conseguenziale in punto di spese dell’impugnazione.
5.2. La doglianza afferente all’art. 342 cod. proc. civ., limitatamente alla posizione di NOME COGNOME che non prese parte alla transazione (quanto alla posizione del COGNOME resta, ovviamente assorbita), risulta fondata.
5.2.1. Questa Corte ha avuto modo di precisare che gli artt. 342 e 434, cod. proc. civ., nel testo formulato dal d. l. n. 83 del 2012, convertito con modifiche nella l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (S.U. n. 27199, 16/11/2017, Rv. 645991; conf., ex multis, da ultimo, Cass. n. 13535/2018, n. 36481/2022, S.U. n. 36481/2022Rv. 648722).
Dall’esposto principio di diritto si è ulteriormente chiarito che non può considerarsi aspecifico e deve, quindi, essere dichiarato
ammissibile, il motivo d’appello che esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto ed in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica, non occorrendo, tuttavia, che l’appellante alleghi e, tantomeno, riporti analiticamente le emergenze di causa rilevanti, le quali risultino investite ed evocate non equivocamente dalla censura, diversamente da quel che è previsto per l’impugnazione a critica vincolata (Sez. 2, n. 7675, 19/03/2019, Rv. 653027).
5.2.2. Nel caso in esame la Corte napoletana reputò sussistere l’inammissibilità predicata dall’art. 342 cod. proc. civ. in quanto: a) gli appellanti non avevano indicato le parti della sentenza di cui chiedevano la riforma, né le modifiche della ricostruzione fattuale e delle circostanze che avevano procurato la violazione di legge; b) avevano incentrato le proprie critiche insistendo a censurare la sentenza d’appello (quella sulla base della quale era stata chiesta l’ingiunzione) che aveva risolto la transazione, senza impegnarsi in una vera critica contro la sentenza del Tribunale appellata.
L’affermazione non può essere condivisa proprio alla luce del consolidato orientamento di legittimità sopra riportato.
Invero, i ricorrenti (ma, per quel che ancora rileva, NOME COGNOME) con l’appello, siccome si trae dall’ampio stralcio riportato in ricorso, lamentarono che la risoluzione giudiziale di un negozio non importava il diritto del contraente che la risoluzione avesse ottenuto di <>. Conclusione alla quale erano giunti dopo aver spiegato che l’opposizione al decreto ingiuntivo e il successivo appello non erano volti a contestare la transazione novativa, a suo tempo intervenuta fra le parti, per sua
natura non risolubile, quanto piuttosto a evidenziare che con la sentenza d’appello del 2011 erano stati disattesi i motivi d’appello con i quali la controparte aveva dedotto la pretesa nullità del contratto d’opera professionale.
Impregiudicato il vaglio in ordine al fondamento dell’appello, in questa sede in alcun modo suscettibile di scrutinio, la Corte d’appello nel dichiarare l’inammissibilità del gravame si è posta in contrasto frontale con i principi di diritto enunciati da questa Corte e sopra, sia pure in sintesi, riportati.
Per un verso deve escludersi che l’ammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., imponga la necessità di riportare sacralmente le parti della sentenza impugnata di cui s’invoca la riforma, né occorre che si delinei un quadro compiuto e autonomo della ricostruzione fattuale contestata, ben potendo esso quadro emergere dall’insieme dello strumento.
Per altro verso, dal tenore delle doglianze sottoposte al Giudice d’appello, a prescindere si ribadisce -, dal fondamento della prospettazione, non può trarsi la conclusione che gli appellanti si fossero limitati solo a una impropria e, peraltro, inutile, critica della sentenza del 2011, avendo, in ogni caso, lamentato che la controparte aveva avanzato una pretesa creditoria non automaticamente e inequivocamente discendente da quella sentenza.
In ragione di quanto esposto la sentenza deve essere cassata con rinvio.
Il Giudice del rinvio regolerà anche il capo delle spese del presente giudizio di legittimità
P.Q.M.
accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in altra
composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 dicembre