Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5079 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U   Num. 5079  Anno 2025
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
parti.  In  relazione  al  terzo capo d’incolpazione si  deduce  che  «alcun prestito  è  stato  chiesto  a  COGNOME  come  dal  medesimo  ricorrente affermato» e che «COGNOME si fece volontariamente carico per obbligazione fatta dalla sua ex compagna».
Terzo motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.): omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Con riguardo al capo d’incolpazione n. 5 si assume che il trattenimento, da parte del professionista, della somma di euro 75.000,00 risulterebbe sconfessata dagli atti depositati in causa e confermati da COGNOME .
Quarto motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.): omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si deduce che il capo d’incolpazione n. 6.4 sarebbe «privo di fondamento in quanto i  testi  hanno  effettuato  le  loro  dichiarazioni  sotto  giuramento,  mai contestate in sede giudiziaria e di fatto confermate dalla loro genuinità dell’accordo sottoscritto ed inviato al CNF  e confermato, sotto giuramento, in udienza penale il 28.11.22 del sig. COGNOME»
Quinto motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.): violazione e falsa applicazione di norma di diritto. Si assume che «i fatti contestati dal capo d’incolpazione n. 2, avvenuti fra il 27 e il 31 dicembre 2012, erano di competenza dell’ordinamento del r.d.l. n. 1578/1933 n. 1578»; con riguardo al terzo capo di incolpazione si lamenta l’« aver violato la mancanza operativa della l. n. 247 del 2012 in quanto il regolamento fu reso operativo dal Ministero di Giustizia il 1 novembre 2015»; in relazione al quinto capo d’incolpazione si rileva testualmente che «i fatti avvenuti fra il 27 e 31 dicembre 2012 erano di competenza dell’ordinamento del r.d.l. n. 1578 del 1933, quindi la scelta della pena prevista dall’art. 40, punto 3 dell’ordinamento ‘ sospensione ‘ pena massima prevista non minore a due mesi e non maggiore di un anno».
Sesto motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.): «reato permanente (pag. 11), non esiste perché, ove fosse stata veritiera la denuncia di COGNOME, e  non  lo  è,  la  cifra  era  compensata  dal  credito  COGNOME  attestato  dal decreto ingiuntivo esecutivo di euro 140.000,00 emesso dal Tribunale di  Brescia  e  precetto  per euro  146.432,02»,  il  quale  era  stato «riconosciuto vero dal COGNOME in quanto la cifra era ‘ vera e dovuta ‘ , come attestato dall’accordo sottoscritto il 22 giugno 2022».
Settimo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.): «mancata interruzione del processo ex art. 36 reg. CNF n. 2/2014, in quanto COGNOME NOME fu assolto perché il fatto non sussiste». Secondo la tesi del ricorrente, il CNF avrebbe dovuto riaprire il procedimento disciplinare una volta che egli era stato assolto nel parallelo giudizio penale, con la formula  «il fatto non sussiste».
Ottavo motivo (art. 360, n. 2, c.p.c.) per violazione nelle norme sulla competenza. Il CNF avrebbe «introdotto nelle motivazioni della sua sentenza, evitando l’applicazione su tutti i capi d’imputazione disciplinati,  il ‘ reato  permanente ‘ non  verificato,  né  conclamato  dal CDD»:  pertanto  vi  sarebbe  «una reformatio  in  peius impedendo l’applicazione  dei  parametri  per  dichiarare  l’avvenuta  prescrizione  di
tutti i capi d’incolpazione come richiesti ».
2. -Il ricorso è inammissibile.
E’ necessario avvertire che col ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 22 novembre 2023, n. 32505; Cass. 7 aprile 2017, n. 9097). E’ dunque inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ( proprio con riguardo all’impugnazione, avanti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, delle sentenze del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34776; di recente, in senso conforme, anche se non massimate in CED sul punto: Cass. Sez. U. 17 ottobre 2024, n. 26999; Cass. Sez. U. 19 luglio 2024, n. 19772; Cass. Sez. U. 13 dicembre 2023, n. 34961).
2.1. Ciò detto, è inammissibile il primo motivo.
Il  mezzo  di  censura  investe  la  decisione  relativa  al  capo  di incolpazione che ha riguardo  a ll’impossessamento, da par te del professionista, della somma di euro 75.000,00, a lui consegnata per procedere alla liberazione di alcune azioni.
Il  ricorrente  non  può  dolersi  in  questa  sede  del  mancato «controllo documentale relativo all’emissione degli assegni» in quanto un ipotetico cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non  legali  da  parte  del  giudice  di  merito  non  è  inquadrabile  nel paradigma  dell’art.  360,  n.  5,  c.p.c.  (Cass.  26  settembre  2018,  n. 23153;  Cass.  10  giugno  2016,  n.  11892;  nello  stesso  senso,  non
massimate in CED , si vedano, ad esempio: Cass. Sez. U. 22 febbraio 2023, n. 5556; Cass. Sez. U. 14 settembre 2022, n. 26990). Oltretutto, la doglianza di omesso esame di fatto decisivo è irrituale: chi fa valere il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. ha l’onere, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, n. 6, e 369, n. 4, c.p.c., non solo di indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, ma anche il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415). Il motivo di ricorso manca di tali indicazioni.
2.2.  Il  secondo  motivo,  afferente  la  ricezione,  da  parte dell’AVV_NOTAIO  COGNOME,  della  somma  euro  65.000,00,  non  restituita,  è inammissibile.
Anche tale mezzo, oltre ad essere diretto a una revisione dell’accertamento di fatto riservato al RAGIONE_SOCIALE, è carente delle indicazioni prescritte per la deduzione dell’omesso esame del fatto decisivo. Nemmeno si indica il fatto storico che il RAGIONE_SOCIALE avrebbe mancato di esaminare e ci si limita a menzionare una dichiarazione, riprodotta in un breve stralcio, che risulterebbe contenuta in un atto o documento del tutto imprecisato: tale indicazione evidentemente non soddisfa la condizione prescritta dall’art. 366, n. 6, c.p.c., posto che il principio specificità esige che nel ricorso sia non solo puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, ma pure segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U. 18 marzo 2022, n. 8950).
2.3.  Il  terzo  motivo,  ancora  riferito  al  capo  di  incolpazione relativo all’apprensione della somma di euro 75.000,00, è inammissibile.  Nel  motivo  si  fa  riferimento  a  una  parcella  che  «fu immediatamente utilizzata da COGNOME per legittime detrazioni fiscali»: non  si  individua  una  precisa  circostanza  di  fatto,  e  tanto  meno  si
forniscono  ragguagli  quanto  alla  sua  evidenza  probatoria,  alla  sua discussione nel dibattito processuale e alla sua decisività; neppure è chiarit a la localizzazione del documento all’interno dei fascicoli di causa. L’impropria formulazione del mezzo di censura ne fa emergere la reale vocazione: l’essere lo stesso diretto a un rinnovato esame dei profili di fatto della vicenda controversa.
2.4. – Il quarto motivo, relativo al capo di incolpazione vertente sull’i nduzione di alcuni testimoni a dichiarare il falso, è pure inammissibile.
Con esso si fa questione di deposizioni testimoniali che non sono riprodotte  (e  il  cui  contenuto per  l’effetto  si  sconosce) :  nessun  fatto storico è specificamente indicato a corredo della censura di cui all’art. 360,  n.  5,  c.p.c.  e  il  mezzo  risulta  in  conseguenza  orientato  a  una rivalutazione delle risultanze di causa.
2.5. La statuizione di inammissibilità si impone anche per il quinto motivo.
La doglianza parrebbe riferita al mancato riconoscimento della prescrizione dell’illecito disciplinare di cui al secondo capo di incolpazione. Oltre ad essere confuso nella sua articolazione, il mezzo di censura, che consta, nel suo svolgimento, del semplice richiamo a plurime norme legislative e regolamentari, omette di considerare che l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa
(Cass. Sez. U. 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass. 6 luglio 2021, n. 18998; tra le tante pronunce conformi, non massimate in CED al riguardo: Cass. Sez. U. 10 settembre 2024, n. 24285; Cass. Sez. U. 22 gennaio 2024, n. 2186; Cass. Sez. U. 22 gennaio 2024, n. 2186). Peraltro, con riguardo alla prescrizione degli illeciti contestati il CNF ha fatto corretta applicazione del principio per cui l’ illecito disciplinare commesso dall’aAVV_NOTAIO che si appropria di una somma di denaro destinata a un suo cliente ha natura permanente e la sua consumazione si protrae, in mancanza di restituzione, fino alla decisione disciplinare di primo grado (Cass. Sez. U. 26 luglio 2022, n. 23239; in senso conforme, ad es., Cass. Sez. U. 10 ottobre 2024, n. 26374 e Cass. Sez. U. 3 novembre 2023, n. 30650, non massimate al riguardo): detta decisione, nel caso in esame, è intervenuta solo l’11 febbraio 2020.
2.6. – Il sesto motivo è inammissibile.
Anche  tale  motivo,  come  del  resto  i  seguenti,  verte  sulla prescrizione.
Non  si  riesce  a  comprendere  quale  sia  il  fatto  decisivo  di  cui sarebbe  mancato  l’esame .  Il  motivo  è  inoltre  del  tutto  carente  di specificità.  Anche  in  questo  caso  quel  che emerge  è,  in  definitiva,  la sollecitazione a un inammissibile riesame delle risultanze istruttorie.
2.7.  Per  il  settimo  mezzo  vale  quanto  è  stato  osservato  a proposito del quinto. La censura denota, inoltre, una evidente carenza circa  l’onere  di  circostanziare  specificamente  i  motivi  di  ricorso, con particolare riguardo al dato costituito dall’ assoluzione di COGNOME in sede penale, su cui è imperniato il motivo.
L’impugnazione è dunque, anche sul punto, inammissibile.
2.8. – E’ inammissibile, da ultimo, l’ottavo motivo.
Con riguardo a questa censura, oltre a doversi rilevare il richiamo ad atti e documenti (un accordo, una deposizione giurata, una sentenza del Tribunale di Brescia) non esplicitati nei loro contenuti e non correlati ad alcuna specifica acquisizione processuale, è a dirsi che non riesce a
comprendersi  quale  sia  il  vizio  denunciato,  non  essendo  indicata  la norma sulla competenza che sarebbe stata violata, visto che il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, n. 2, c.p.c..
Non è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La  Corte
dichiara inammissibile il ricorso ; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l.  n.  228  del  2012,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il versamento, da parte de l  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite