Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17130 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17130 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23643/2023 R.G. proposto da:
COGNOME CONCETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BENEVENTO n. 906/2023 depositata il 18/04/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di Pace di Guardia Sanframondi, con sentenza n. 318/2022, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME, intervenuta nel corso del processo quale erede di NOME COGNOME (nelle more deceduto), condannava NOME COGNOME al pagamento di euro 3.000,00, oltre accessori e spese di lite, in favore della COGNOME, sulla base di una scrittura di ricognizione di debito e promessa di pagamento.
A seguito di impugnazione del COGNOME ed in accoglimento della stessa, il Tribunale di Benevento, con sentenza n. 906/2023, rigettava la domanda della COGNOME, compensando tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso la COGNOME che ha chiesto la vittoria delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi in favore del difensore antistatario.
Ha resistito con controricorso il COGNOME.
È stata proposta declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
La COGNOME ha proposto istanza di decisione collegiale, nel quale ha riportato integralmente la parte argomentativa dell’atto di appello <>.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Non sono state presentate memorie.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello, proposto dal COGNOME, sulla
base della seguente motivazione: <>.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello ha affermato che: <>.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 6 c.p.c.
Com’è noto, l’art. 366 cod. proc. civ., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di ‘forma-contenuto’ dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio ‘modello legale’ del ricorso per cassazione, la cui mancata osservanza è sanzionata con l’inammissibilità del ricorso stesso.
In particolare, il requisito della esposizione sommaria dei fatti ed il requisito della specifica indicazione degli atti richiamati, prescritti a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, primo comma n. 3 e n. 6, cod. proc. civ., essendo considerati dalla norma come specifici requisiti di contenuto-forma del ricorso, devono consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia, del fatto processuale e del contenuto degli atti richiamati, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso (come nel caso di specie è sopra avvenuto), compresa la stessa sentenza impugnata (Sez. un. n. 11653 del 2006).
La prescrizione di detti requisiti risponde ad una esigenza (non di mero formalismo, ma) di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Sez. Un. n. 2602 del 2003).
Stante tale funzione, per soddisfare i requisiti imposti dall’articolo 366 comma primo n. 3 e n. 6 cod. proc. civ., è necessario che il ricorso per cassazione contenga, oltre alla specifica indicazione del contenuto e della localizzazione degli atti richiamati, l’indicazione, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, ma sommario, delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni.
Tale indirizzo deve ritenersi a più forte ragione applicabile con riguardo alla nuova formulazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c. (che, avendo effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 ed essendo applicabile ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data, è applicabile ratione temporis al ricorso odierno ai sensi dell’art. 35 comma 5 d. lgs. n. 149/2022), che ha previsto in maniera ancor più
stringente il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione costituito dalla <>.
Nella specie, il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti (e nemmeno la lettura della parte successiva, illustrativa delle doglianze, rimedia alla carenza), in quanto parte ricorrente non soltanto richiama documenti senza trascriverne o sintetizzarne il contenuto, ma neppure indica il contenuto delle difese svolte dal Di COGNOME (sia in sede di comparsa di costituzione e risposta presentata nel giudizio di primo grado; che in sedi di atto di appello).
Invero, parte ricorrente avrebbe dovuto provare in sede di ricorso la dedotta <>, riproducendo quest’ultimo in ricorso: a nulla rilevando che a tanto possa essersi indotta con la successiva istanza di decisione o con la memoria.
Occorre ribadire che nel processo civile vige il principio di consumazione dell’impugnazione, in forza del quale la parte rimasta in tutto o in parte soccombente, esercitando il potere di impugnazione, consuma la facoltà di critica e di contestazione della decisione che la pregiudica, per cui non può proporre in prosieguo altri motivi o ripetere, specificare o precisare quelli già dedotti, anche quando si tratti dell’impugnazione di decisioni di giudici amministrativi. Ciò in quanto, da un lato, non vige nel nostro sistema processuale l’istituto dei motivi aggiunti e, dall’altro, i fatti nuovi – ove non comportino una cessazione della materia del contendere in senso tecnico o non debbano essere presi comunque in considerazione per qualche specifica evenienza (che nel caso di specie non ricorre) – devono essere fatti valere nel rispetto del sistema proprio delle preclusioni di ciascun grado.
Alla luce del suddetto principio generale, il ricorso per cassazione deve essere proposto, a pena di inammissibilità, con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati dalla pertinente normativa di rito, non potendo in prosieguo la parte, rimasta in tutto o in parte
soccombente, né proporre altri motivi e neppure ripetere, specificare o precisare quelli già dedotti (cfr., in termini: Cass. n. 13062/2007; n. 15895/2009).
Quanto precede con conseguente radicale ed insanabile inammissibilità:
sia di un nuovo ricorso successivamente notificato a modifica od integrazione del ricorso originario (cfr., in particolare, SU n. 9409/1994; seguita dalla successiva giurisprudenza di legittimità a sezione semplice e, in particolare, da Cass. n. 12739/2012), che concerna l’indicazione dei motivi ovvero tenda a colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti (cfr., ad es., Cass. n. 2704/2005), essendo solo possibile – ove non siano decorsi i termini – la proposizione di un nuovo ricorso in sostituzione del primo;
sia di una memoria, presentata per l’adunanza camerale di sezione ordinaria (ai sensi dell’380-bis.1 c.p.c.) ovvero per l’udienza pubblica (ai sensi dell’art. 378 c.p.c.), che non si limiti a contenere argomentazioni o difese funzionali alla mera chiarificazione od illustrazione degli argomenti e delle ragioni giustificatrici dei motivi (già debitamente, e non inammissibilmente, enunciati nel ricorso), ma integri quest’ultimo (cfr., tra le tante, Cass. n. 30760/2018, n. 17603/2011, n. 13257/2010 e n. 7237/2006), ampliando o modificando il contenuto del ricorso stesso e delle ragioni di doglianza, ovvero sanandone eventuali carenze o lacune (cfr., più di recente, Cass. Sez. U. n. 6691/2020).
In definitiva, dando continuità alla giurisprudenza sopra indicata, il motivo viene deciso sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conformemente all’originaria proposta di definizione accelerata.
Le spese di lite seguono la soccombenza della parte ricorrente e, essendo la presente pronuncia conforme all’originaria proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art. 380 bis , comma 3, cod. proc. civ., la stessa deve essere condannata ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, codice di rito (sulla cui applicabilità v. Cass. Sez. U. n. 10955/2024; e reputata equa la parametrazione della condanna ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c. all’importo della condanna alle spese di lite), con liquidazione delle spese e delle ulteriori somme ai detti titoli come in dispositivo, in considerazione del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.
Infine, all’inammissibilità del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente:
alla rifusione, in favore di parte resistente, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 1.900 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
b) al pagamento, in favore di parte resistente, della somma di euro 1.900 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.;
al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 5.000 ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificat o a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2025, nella camera di consiglio